Non è un semplice ritorno: è un corto circuito di pop e pensiero. Con “Materiale Sensibile”, Peppi Nocera irrompe dopo decenni fuori dal mercato discografico con un lavoro che sorride e graffia, abbraccia e punge. Otto canzoni come inneschi emotivi, costruite per far discutere prima ancora che per piacere.
Un ritorno che scompiglia le regole
Il calendario segna 24 ottobre 2025 e l’album arriva su tutte le piattaforme con la sigla INRI/Universal, confezionato in studio con la produzione di Lucio Fabbri. È la chiusura di un lungo cerchio: l’autore televisivo che ha segnato programmi come Non è la Rai, Amici, X Factor e L’Isola dei Famosi torna al suo nome e cognome, a quarant’anni dall’esordio del 1985. Non nostalgia, ma ribellione lucida mascherata da pop: un gesto artistico deliberato, non una parentesi.
La copertina è già un racconto: la celebre banana di Warhol scambiata con una melanzana, uno sberleffo immaginifico che anticipa il tono del disco. Dentro, l’equilibrio tra orchestrazioni classiche e tensioni elettroniche crea un ambiente elegante e disturbante, dove Nocera smonta, cita, gioca. Il viaggio parte da “Roma”, ritratto tagliente e affettuoso della capitale, e incrocia “Mi fanno male i capelli”, canzone-specchio che aggiunge nervo e satira.
Satira, tenerezza e quella sberla chiamata Roma
Nel brano dedicato a Roma non c’è rancore, ma la sincerità spietata di chi conosce una città capace di autoparodizzarsi. Le immagini sono vivide: salotti che inseguono il glam, vizi parcheggiati a Ponte Milvio, ritocchi sussurrati tra Vigna Clara e dintorni. Nocera non denuncia: mette in scena. E in controluce scivola una malinconia adulta, come se la capitale fosse una relazione complicata da cui non si esce, ma che non si smette di raccontare.
“Mi fanno male i capelli” era stato l’avviso ai naviganti: un mantra pop che porta in dote Antonioni e la voce di Monica Vitti, e insieme il ritratto di una sinistra spaesata, “di stanza a Capalbio”. La canzone ha generato conversazioni e ironie virali, arrivando perfino in progetti social di taglio satirico. È il Nocera migliore: quello che diverte e inquieta, che scardina l’algoritmo con una melodia che resta in testa e un’idea che resta addosso.
Domande in tasca: due chiavi per l’ascolto
Perché definirlo un concept e perché adesso? Perché qui ogni brano serve un racconto unitario: la crisi della rappresentazione, la libertà scambiata per memoria, l’ironia come atto politico. Il “quando” non è casuale: dopo quarant’anni dall’album d’esordio e una carriera televisiva monumentale, Nocera sceglie di rimettere il nome sul frontespizio. A supporto ci sono la produzione di Lucio Fabbri e la distribuzione INRI/Universal, cornice industriale a un’operazione dichiaratamente autoriale.
Cosa c’è oltre la frustata satirica? Una trama emotiva che alterna leggerezza e ferite. “Vola colomba” guarda l’amore tra uomini senza orpelli, con quella semplicità che spiazza più di un proclama. “Esaurimento nervoso permanente” convoca l’immaginario di Carmelo Bene e Alda Merini per trasformare lo smarrimento in gesto liberatorio. È l’idea stessa di pop che si allarga: non tappeto d’evasione, ma spazio dove ridere e pensare nella stessa frazione di secondo.
Rotta personale, sguardo pubblico
Il discorso musicale di Nocera nasce da una biografia stratificata: autore amatissimo dalla televisione generalista, negli anni scorsi ha anche giocato con l’alter ego La Badante, finendo suo malgrado dentro un equivoco social poi chiarito. Questo passato recente racconta una cosa: l’artista conosce il prezzo della visibilità e i suoi fraintendimenti, e decide di spenderli per un album che reclama libertà sensuale e pensiero critico.
Ascoltare “Materiale Sensibile” significa lasciarsi provocare senza sentirsi in colpa. È un sabotaggio gentile contro un’Italia che a volte scambia libertà con ricordo e opinione con automatismo. La nostra esperienza d’ascolto restituisce un disco che diverte, punge e commuove quando serve, con la copertina-melanzana a ricordarci che la leggerezza è un’arma e il desiderio un linguaggio politico. Da qui si riparte: non per tornare indietro, ma per restare vivi, tutti, materiale sensibile.
