Nel giorno che ricorda l’entrata in vigore della Carta ONU, l’Italia ribadisce la sua rotta. Nelle parole di Sergio Mattarella, l’adesione al multilateralismo non è retorica ma pratica quotidiana: dall’articolo 11 alla ricerca di riforme efficaci, il cuore della politica estera batte a New York e nelle missioni sul campo.
Una rotta costituzionale
Lo ha messo nero su bianco il Capo dello Stato: l’azione dell’Italia nelle Nazioni Unite è cardine della politica estera, in coerenza con l’articolo 11 e con una vocazione al dialogo che rifiuta la forza come scorciatoia. L’impegno non è simbolico: il nostro Paese contribuisce alle operazioni di peacekeeping e ospita a Brindisi un centro globale che fornisce tecnologia e logistica a molte missioni, tassello essenziale della macchina operativa dell’Onu. Coerenza tra principi e strumenti, tra valori e presenza sul terreno.
Nel messaggio diffuso dal Quirinale per l’ottantesima ricorrenza, Mattarella respinge l’idea dell’Onu come semplice luogo di dibattito: da quelle aule passa la possibilità di una comunità internazionale capace di cooperare e prevenire nuove fratture. La memoria delle immani tragedie del secolo scorso non è retorica: serve a ricordare che pace, sviluppo e diritti umani sono pilastri inseparabili, da promuovere ogni giorno con pazienza politica, risorse mirate e responsabilità condivise.
Ottant’anni e UN80: il cantiere delle riforme
Il compleanno dell’ONU coincide con un passaggio cruciale: a marzo il Segretario generale António Guterres ha lanciato UN80, un programma per rendere l’Organizzazione più agile, integrata e orientata ai risultati; a luglio l’Assemblea generale ne ha preso atto con la risoluzione 79/318, avviando un confronto tra gli Stati. In autunno sono arrivate proposte su riallineamenti di programmi e possibili cambiamenti strutturali, mentre a New York proseguono consultazioni informali per verificare tempi, costi e benefici.
Riformare significa anche fare i conti con la cassa. Nel 2025 il budget regolare è stato contenuto e la ONU ha adottato tagli pianificati e una pausa nelle assunzioni per i ritardi nei contributi, come riportato dalle cronache internazionali. In parallelo, Guterres ha ammonito gli Stati: la Carta non è un menu “alla carta”, da rispettare a giorni alterni, ha ricordato davanti all’Assemblea generale in giugno. Regole e risorse camminano insieme, senza coerenza non c’è fiducia né efficacia duratura possibile.
Domande rapide per orientarsi
Che cosa significa, in concreto, sostenere l’Onu oggi? Vuol dire misurarsi ogni giorno con i tre pilastri richiamati dal Presidente — pace, sviluppo, diritti umani — e con la necessità di far funzionare meglio il sistema. Questo passa dall’adesione a iniziative come UN80, dal sostegno alle missioni e alle agenzie operative, e da un impegno costante nel far valere regole comuni, anche quando chiedono scelte scomode. È un lavoro paziente, misurabile, che pretende trasparenza e responsabilità.
Perché la riforma del Consiglio di Sicurezza è urgente? Perché un organo chiamato a decidere sulle crisi deve rispecchiare meglio il mondo e rendere conto del proprio operato. La proposta sostenuta dall’Italia nel quadro di Uniting for Consensus punta ad ampliare i seggi non permanenti e allungarne i mandati, evitando nuovi privilegi permanenti e rafforzando rappresentatività, trasparenza ed efficacia tramite il negoziato intergovernativo. Una strada lunga, da consolidare con pazienza.
Un orizzonte che non arretra
Da Roma arriva un segnale chiaro: l’Italia non arretra sul multilateralismo. Non è un culto, è un mestiere: costruire convergenze, proteggere diritti, tenere insieme sicurezza e sviluppo. Il richiamo del Presidente incrocia il dibattito su riforme e risorse, chiedendo che i principi della Carta si traducano in scelte quotidiane, misurabili e verificabili. In tempi di conflitti e sfiducia, contano tenuta, pazienza e capacità di trasformare le parole in risultati.
La cronaca di oggi porta con sé una promessa: se l’Onu saprà rinnovarsi e gli Stati sosterranno davvero le regole, le crisi non saranno una condanna. Il racconto che inseguiamo ogni giorno è questo: mostrare senza artifici ciò che cambia e ciò che resta, distinguere tra propaganda e responsabilità, dare spazio a fatti e contesti. Da qui nasce la nostra voce: rigorosa, umana, attenta a chi paga il prezzo delle decisioni prese nelle stanze dove si negozia il futuro.
