Il volto sorridente che ha guidato l’inchiesta sembrava reale. Solo all’ultimo secondo ha ammesso di non esistere. Con quell’ammissione, Channel 4 ha trasformato un documentario sul lavoro in un test di fiducia collettivo, capace di scuotere chi guarda e di costringerci a fare i conti con l’Intelligenza Artificiale.
Un volto che non esiste: la rivelazione in diretta
È andato in onda lunedì 20 ottobre 2025, in prima serata su Channel 4, “Will AI Take My Job?” della serie Dispatches. Solo nel finale è emerso che la conduttrice, Aisha Gaban, era interamente generata dall’IA. L’emittente ha presentato l’esperimento come una prima televisiva nazionale. L’avatar, sviluppato dall’AI fashion brand Seraphinne Vallora per Kalel Productions, è apparso in reportage da luoghi diversi con volto e voce sintetici, nascondendo per quasi un’ora la sua natura digitale e mettendo alla prova la nostra capacità di riconoscere ciò che è autentico.
Il colpo di scena ha acceso reazioni immediate: molti spettatori hanno evocato Black Mirror. In termini di ascolti, la scommessa ha funzionato: 564.000 persone hanno seguito la puntata, secondo miglior risultato del giorno per il canale. Dalla direzione editoriale è arrivata una puntualizzazione netta: non diventerà un’abitudine, perché il giornalismo richiede verifica, imparzialità e responsabilità umana. L’operazione voleva dimostrare anche quanto sia già semplice confondere il pubblico con un conduttore digitale credibile.
Lavoro, creatività e costi nascosti
Il cuore della narrazione è stato una sfida diretta: un medico di base, una praticante avvocata, un compositore e un fotografo hanno affrontato le rispettive controparti algoritmiche sugli stessi compiti. Il bilancio è disarmante: gli umani mantengono il vantaggio nella comprensione del contesto e nella sensibilità; le macchine, però, sono più rapide e meno costose. Il programma ha sfiorato anche i costi materiali dell’IA, senza quantificarli, lasciando aperta la richiesta di trasparenza sui consumi, a partire dall’acqua necessaria ai data center.
Sullo sfondo pesa una cifra: fino a 8 milioni di posti nel Regno Unito potrebbero essere esposti all’esternalizzazione con l’IA. Tra le aree più vulnerabili compaiono call center, traduzioni e grafica. Intanto, quasi tre quarti dei dirigenti britannici dichiarano di aver già introdotto strumenti di IA in attività un tempo svolte da persone. E il déjà-vu culturale è evidente: nel 1985 Max Headroom, volto di Channel 4 interpretato da Matt Frewer, simulava il digitale; oggi la simulazione è diventata realtà operativa.
Domande a bruciapelo
Quando è andato in onda e quante persone l’hanno visto? L’episodio è andato in onda nel Regno Unito lunedì 20 ottobre 2025 alle 20:00. I palinsesti indicano la collocazione in prima serata; in seguito, stime di settore hanno quantificato in circa 564.000 gli spettatori, rendendolo il secondo programma più visto della giornata su Channel 4. Il titolo completo è “Will AI Take My Job?”, parte della serie Dispatches, ed è stato proposto anche on demand dopo la messa in onda.
Channel 4 vuole sostituire i giornalisti con avatar di IA? No. La dirigente Louisa Compton ha spiegato che l’esperimento non diventerà una prassi: l’obiettivo resta un’informazione verificata, imparziale e affidabile, frutto di competenze umane. La scelta della conduttrice sintetica aveva uno scopo dimostrativo: mostrare quanto sia facile oggi creare figure convincenti e quanto rapidamente la tecnologia stia avanzando, invitando il pubblico a un atteggiamento vigile e consapevole davanti a contenuti generati dall’IA.
L’ultima immagine che resta
L’impressione che resta è quella di una carezza che diventa pugno nello stomaco: per un’ora abbiamo seguito un volto credibile, eppure inesistente. Ci riguarda tutti, perché tocca il lavoro, la creatività, la fiducia nelle immagini che scorrono sui nostri schermi. La televisione ha messo davanti allo specchio il suo stesso patto con lo spettatore: raccontare il reale senza travisarlo, anche quando la tecnica consente di far sembrare vero ciò che non lo è.
Da questa pagina ci portiamo a casa un impegno: continuare a chiedere chiarezza sui numeri, responsabilità sugli impatti e rispetto per le competenze. L’IA può aiutare, ma non assolverà mai la coscienza di chi decide come usarla. Il futuro del lavoro e dell’informazione non si misura solo in velocità e risparmio; si misura nelle storie che restano, nella qualità che pretendiamo e nelle domande che non smettiamo di porre.
