Roma ascolta e riflette: davanti a un pubblico attento, il giurista Gennaro Terracciano indica una strada concreta per l’intelligenza artificiale. Non come promessa facile, ma come strumento capace di generare progresso sociale se governato con lucidità, responsabilità e regole chiare, senza cedere a scorciatoie o entusiasmi privi di controllo.
Un confronto che parla di futuro
Nelle sale del Teatro Rossini – Palazzo Santa Chiara, il VII Congresso di Meritocrazia Italia (23-25 ottobre) entra nel vivo oggi, 24 ottobre 2025, con una discussione che abbraccia economia, società e nuove tecnologie. Terracciano, ordinario di Diritto amministrativo all’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, ricostruisce la deglobalizzazione come tensione fra pulsioni autarchiche e necessaria interdipendenza. L’IA, sostiene, può accompagnare lo sviluppo se utilizzata con metodo e visione, non per sostituire scelte pubbliche ma per rafforzarle. L’avvio dei lavori e la cornice dell’evento sono confermati dai canali ufficiali del movimento e dalle cronache odierne.
Il cuore dell’intervento è un monito: i grandi sistemi d’IA sono oggi nelle mani di attori privati; serve che i poteri pubblici sappiano regolare e, quando necessario, guidare queste tecnologie perché non erodano democrazia e coesione. Qui Terracciano richiama investimenti e un quadro normativo solido. L’UE ha aperto la strada con l’AI Act, entrato in vigore il 1° agosto 2024 e con prime misure operative dal 2 febbraio 2025; l’applicazione piena è scandita nei prossimi anni. L’Italia ha approvato il 17 settembre 2025 la prima legge nazionale organica, definendo governance e indirizzi strategici.
Merito e giovani: opportunità e soglie d’allarme
Per Terracciano, l’IA può favorire meritocrazia e crescita se impiegata con criteri trasparenti e misurabili: nella selezione, nella formazione, nell’orientamento alle competenze. Educare le nuove generazioni all’uso consapevole diventa priorità, perché il talento emerga senza distorsioni. Il quadro europeo già prevede alfabetizzazione e obblighi di trasparenza per i sistemi a uso generale; il calendario applicativo dell’AI Act rende questo passaggio un impegno immediato, non un auspicio.
Il rovescio della medaglia è noto: disinformazione, manipolazioni e sovraccarico informativo possono comprimere libertà e capacità critica. Troppa informazione non verificata spesso diventa rumore, e il rumore si trasforma in confusione. Da qui l’urgenza di regole, vigilanza e responsabilità condivise: istituzioni preparate, imprese corrette, cittadini formati. Il percorso europeo e la legge italiana tracciano un solco di garanzie e sanzioni, ma la tenuta dipende dall’attuazione concreta e dal controllo indipendente.
Domande rapide per non perdersi
L’Italia ha davvero una legge nazionale sull’IA? Sì. Il Parlamento ha dato il via libera definitivo il 17 settembre 2025. La normativa definisce principi e deleghe, individua ACN e AgID come autorità competenti e mette a fuoco un percorso di attuazione graduato. Dal Governo è arrivata anche l’indicazione di risorse mirate per filiere innovative, con un perimetro allineato all’AI Act europeo, come riportato dalle comunicazioni ufficiali e dalle cronache parlamentari.
Quando entra davvero in applicazione il regolamento UE sull’IA? Il regolamento è in vigore dal 1° agosto 2024. I primi divieti scattano dal 2 febbraio 2025; dal 1° agosto 2025 partono governance e obblighi per i modelli a uso generale; la piena applicazione arriva il 2 agosto 2026, con ulteriori scadenze per i settori regolamentati. È una transizione a tappe pensata per conciliare sicurezza, diritti e innovazione, spiegano le istituzioni europee.
Una rotta che chiede responsabilità
Se c’è un messaggio che resta, è questo: l’IA serve gli esseri umani quando è al servizio di regole giuste. A Roma, l’appello di Terracciano unisce prudenza e fiducia: vigilare sui poteri privati, accompagnare lo sviluppo con norme chiare, investire sulle competenze. Merito e democrazia non sono parole astratte; esigono scelte coerenti, trasparenza negli algoritmi e controlli effettivi lungo tutta la filiera tecnologica.
In questa stagione in cui l’Europa detta standard e l’Italia li declina in chiave nazionale, la differenza la fanno le persone: amministratori che applicano le regole, imprese che scelgono la qualità, scuole e università che formano cittadini critici. Solo così l’IA diventa leva di coesione e sviluppo, non terreno di divisione. È una promessa impegnativa, ma è il patto che oggi la società chiede alla tecnologia e a chi la governa.
