Una stretta economica che scuote i mercati e accende la diplomazia: Mosca respinge le nuove sanzioni statunitensi sull’energia e avverte Washington. Mentre il progetto di un incontro a Budapest scivola all’indietro, il prezzo del greggio sobbalza e il confronto tra Russia e Stati Uniti entra in una fase più aspra.
Sanzioni e petrolio: il nodo
Nelle ore successive al varo delle misure, il presidente Vladimir Putin ha bollato il pacchetto contro Rosneft e Lukoil come un gesto ostile, avvertendo che a eventuali attacchi sul territorio russo seguirebbe una risposta durissima. Il mercato ha reagito con un balzo di circa il 5% del petrolio, segnale di una tensione che corre lungo le filiere energetiche. Per il Cremlino, la pressione non piega: il braccio di ferro prosegue, con l’attenzione puntata anche sui riflessi per i consumatori americani.
Putin ha minimizzato l’impatto macro sulle finanze russe, rivendicando la tenuta del comparto energia e ricordando i rischi di rincari per chi importa. I media statali, come Ria Novosti, hanno evidenziato l’estensione delle misure a decine di controllate. Intanto, sul versante commerciale, valutazioni in corso a Nuova Delhi indicano possibili aggiustamenti degli acquisti di greggio, un passaggio che peserebbe sulla ridistribuzione dei flussi. Il messaggio è duplice: resilienza interna, incertezza esterna.
Una pressione che attraversa i mercati
Il Dipartimento del Tesoro, tramite l’Office of Foreign Assets Control, ha adottato designazioni che congelano gli asset sotto giurisdizione USA e vietano transazioni con le due major e le loro partecipate. Sono state emesse licenze generali per consentire un ordinato “wind-down” e per alcune attività specifiche, incluse le stazioni di servizio Lukoil fuori dalla Russia. La leva è anche extraterritoriale, con l’avvertimento di sanzioni secondarie per chi continuerà a facilitare le vendite di greggio.
In parallelo, l’Unione europea ha presentato un nuovo pacchetto che rafforza il fronte transatlantico e punta anche al gas naturale liquefatto, mentre Washington mira alla “shadow fleet” e ai mediatori. L’effetto reale dipenderà dall’adesione di grandi acquirenti extra-occidentali e dalla severità dell’enforcement. La scommessa è chiara: asciugare i ricavi senza mettere a rischio la stabilità energetica globale. Così, Bruxelles e Washington cercano di stringere le maglie sui flussi e sui finanziamenti.
Diplomazia in stallo tra Washington e Mosca
Il dialogo al vertice ha subito uno stop: il presidente Donald Trump ha definito “una riunione sprecata” l’appuntamento di Budapest, congelando i preparativi. Da Budapest, però, il premier ungherese Viktor Orbán ha assicurato che la macchina organizzativa resta in piedi, pur senza una data. Segnali contrastanti, che raccontano una trattativa complessa e in divenire, tra tattica negoziale e pressioni militari sul terreno.
Lo stop è maturato dopo una telefonata tra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, sullo sfondo del dossier Ucraina e del dibattito sugli armamenti a lungo raggio. Kiev continua a spingere per i Tomahawk, mentre Mosca avverte che un loro impiego contro obiettivi russi segnerebbe un salto di livello nel confronto. La linea di confine tra deterrenza e escalation resta sottile.
Domande rapide, risposte nette
Che cosa cambia davvero con queste sanzioni? Oltre al blocco degli asset e al divieto di transazioni per soggetti USA con Rosneft e Lukoil, entrano in gioco licenze per la dismissione ordinata e per attività circoscritte, così da evitare shock immediati. Il Tesoro avverte inoltre che potranno scattare misure secondarie contro operatori esteri che facilitino vendite e servizi, un deterrente pensato per incidere sulle rotte e sui finanziamenti.
I prezzi del petrolio saliranno ancora? La prima reazione è stata un rialzo di circa il 5%, ma la traiettoria dipenderà da come si muoveranno grandi acquirenti come India e Cina, e da quanto sarà serrato il contrasto alla cosiddetta “shadow fleet”. Un enforcement rigoroso e un ritiro dei compratori non occidentali potrebbero irrigidire l’offerta; viceversa, deroghe e scappatoie potrebbero smorzare l’onda lunga sui listini.
