Nel giorno della visita del vicepresidente USA JD Vance, la Knesset ha dato un primo via libera all’applicazione della sovranità israeliana in Cisgiordania con un voto 25-24. La mossa ha innescato reazioni immediate negli Stati Uniti e in Europa, mentre il premier Benjamin Netanyahu tenta di raffreddare gli slanci più radicali, sullo sfondo di una tregua fragile a Gaza.
Un voto che agita la regione
È stata una lettura preliminare, ma dagli effetti politici inequivocabili: la proposta del deputato Avi Maoz (Noam) per applicare le leggi israeliane agli insediamenti in Giudea e Samaria è passata il 22 ottobre 2025 con 25 sì e 24 no. Il testo, promosso da forze della destra religiosa e non sostenuto dal Likud, passa ora alla Commissione Esteri e Difesa prima delle tre votazioni in plenaria. Nella stessa seduta ha superato la fase iniziale, con 31 voti a 9, anche un disegno più circoscritto sull’insediamento di Ma’ale Adumim, alle porte di Gerusalemme, come hanno riportato Reuters, Al Jazeera e UPI.
Il voto ha messo a nudo fratture interne: molti esponenti del Likud hanno disertato, mentre Yuli Edelstein ha rotto la disciplina risultando decisivo e venendo poi rimosso dalla Commissione Affari Esteri e Difesa, riferiscono UPI e il Jewish Chronicle. Sul piano esterno, il vicepresidente JD Vance ha bollato l’iniziativa come «stupida trovata politica» e «un insulto», ribadendo che Donald Trump non permetterà annessioni; il segretario di Stato Marco Rubio ha avvertito che mosse del genere possono mettere a rischio la tregua a Gaza. Da Roma, Antonio Tajani ha riaffermato la contrarietà italiana a ogni annessione. Hamas ha parlato di progetto «coloniale e illegale», mentre la Corte internazionale di giustizia nel 2024 ha ritenuto occupazione e insediamenti contrari al diritto internazionale.
Domande rapide, risposte chiare
Cosa comporta davvero un voto preliminare alla Knesset? È il primo gradino di un percorso lungo: dopo il passaggio in commissione, il testo deve tornare in Aula per tre letture. Senza una maggioranza politica solida, l’iter può arenarsi. In questo caso pesa l’assenza di sostegno del Likud, e il premier Netanyahu ha strumenti procedurali per rallentare o calendarizzare diversamente. Il margine di 25 a 24 racconta più un messaggio politico che una certezza normativa, mentre il disegno su Ma’ale Adumim ha raccolto numeri più ampi (31-9), come ricordano Reuters, UPI e il Washington Post.
Perché Washington parla di rischio per la tregua di Gaza? Perché un’annessione riaccenderebbe tensioni mentre gli Stati Uniti spingono per consolidare il cessate il fuoco e avviare la ricostruzione. JD Vance ha chiarito che la Casa Bianca non permetterà annessioni e ha presentato in Israele un centro di coordinamento civile-militare per gli aiuti; Marco Rubio ha definito il voto «controproducente». Intanto l’OMS ha effettuato le prime evacuazioni mediche dalla Striscia. Il quadro resta fragile e pieno di incognite, sottolineano AP, Al‑Monitor, il Washington Post e Reuters.
Uno sguardo avanti, senza slogan
Al netto delle bandiere agitate, resta una domanda concreta: dove porterà questa prova di forza? Le cronache parlamentari dicono che, senza numeri, il disegno rischia di rimanere un segnale. Ma nei segnali si costruiscono carriere e cadute. Israele è stretto tra spinte interne che rivendicano sovranità oltre la Linea Verde e una rete di alleanze che, dagli Stati Uniti a partner arabi interessati alla normalizzazione, invita alla prudenza. In mezzo, una tregua da proteggere giorno per giorno, con la diplomazia sotto pressione.
Noi raccontiamo ciò che accade nelle aule e nelle strade: la politica è fatta di voti, ma anche di vite. Se l’obiettivo dichiarato è la sicurezza, lo sarà davvero solo dentro un quadro di legalità e responsabilità condivise. Per questo ogni mossa sulla Cisgiordania va misurata con il metro delle conseguenze immediate: sul tavolo negoziale, sulla ricostruzione di Gaza, sulla fiducia — fragile — di chi attende un domani possibile. In questo passaggio, ogni parola pesa quanto un passo.
