Il tema delle ferie non godute nel pubblico impiego brucia ancora. Nei primi nove mesi del 2025, un’elaborazione di Consulcesi & Partners conteggia oltre mille pronunce, con più di 5,9 milioni di indennità e 2,3 milioni di spese legali riconosciute ai lavoratori. Un’onda che cresce, mese dopo mese, nelle aule italiane.
Un’onda di ricorsi che cresce di mese in mese
Il ritmo racconta una storia precisa: dai circa 250 procedimenti censiti a gennaio si è passati, a inizio ottobre, a quasi mille cause, con esiti favorevoli che sfiorano il 97%. In prima linea compaiono insegnanti precari, medici, infermieri e funzionari pubblici, a cui i giudici riconoscono la monetizzazione dei giorni maturati e non fruiti per ragioni indipendenti dalla loro volontà. A confermare la direzione, i dati semestrali già diffusi in estate da Consulcesi & Partners e ripresi da testate specializzate.
Il team legale di C&P descrive un’attività in piena espansione: centinaia di pratiche in gestione, numerose chiuse con accordi stragiudiziali, e una domanda che cresce insieme alle decisioni favorevoli. A semplificare la verifica preliminare c’è un sistema digitale di “pre‑analisi” sul portale ferienongodute.it, che consente di sapere rapidamente se sussistono i presupposti per l’indennizzo e di ricevere una valutazione preliminare personalizzata, aggiornata ai casi più recenti. Uno strumento costruito per i dipendenti pubblici e utilizzabile senza passaggi in presenza fisici.
La svolta giurisprudenziale: cosa dicono i giudici
Il quadro europeo fa da bussola. Con la pronuncia del 2018 su Max‑Planck, la Corte di Giustizia ha stabilito che il diritto alle ferie non può svanire se il datore non dimostra di aver messo il lavoratore nelle condizioni reali di fruirne, informandolo delle conseguenze del mancato utilizzo. Nel 2024 la Corte ha chiarito che nemmeno le dimissioni volontarie giustificano il diniego dell’indennità nel pubblico impiego, se l’ente non prova il contrario. Principi oggi recepiti nei giudizi italiani di merito.
Nel solco europeo si muove la Cassazione. L’ordinanza n. 13691/2025 conferma il diritto all’indennità anche per i dirigenti apicali e sposta l’onere della prova sull’amministrazione. La n. 20444/2025 lo estende ai casi di licenziamento disciplinare, se l’ente non dimostra inviti e avvisi tempestivi. La n. 20591/2025 riconosce il diritto a un direttore di struttura complessa, valorizzando l’obbligo di garantire ferie effettive, non solo teoriche. Tasselli che rendono uniforme il quadro e riducono le incertezze applicative nelle amministrazioni pubbliche italiane oggi.
Domande lampo, risposte chiare
Chi può chiedere l’indennizzo? Qualsiasi dipendente del settore pubblico che, alla cessazione del rapporto, non sia riuscito a utilizzare le ferie maturate per cause non dipendenti dalla propria volontà: dai docenti ai medici, dagli infermieri ai funzionari. La cornice è chiara: prima si guarda se l’amministrazione ha davvero messo il lavoratore nelle condizioni di godere del riposo, con inviti e informazioni adeguate; in caso contrario, l’indennità va riconosciuta, come attestato dai conteggi diffusi a metà anno nel circuito giudiziario nazionale.
Devo dimostrare io perché non ho fatto ferie? No. L’onere della prova grava sull’ente: deve dimostrare di averti invitato a fruire delle ferie e di aver organizzato il lavoro in modo da rendere possibile il riposo. È la linea seguita dai massimi giudici, confermata da decisioni del 2025 e dai principi europei; per questo è utile conservare piani ferie ed email, ma l’asse probatoria resta in capo all’amministrazione, anche quando si tratta di ruoli apicali o di cessazioni non volontarie.
Il tempo riconquistato: la nostra lettura
Questa stagione dice più di una statistica. Racconta il valore del tempo restituito a chi ha lavorato in corsia, in classe e negli uffici, rinviando il riposo per esigenze superiori. Nel 2025, come sottolinea il responsabile legale Bruno Borin, è maturata una consapevolezza: l’indennità spetta a tutti, vertici compresi, e l’Amministrazione deve provare di aver permesso davvero la fruizione delle ferie. Una consapevolezza che attraversa la vita quotidiana e il lavoro pubblico.
La cronaca, qui, si intreccia con un principio semplice: il riposo non è un lusso. Per questo continuiamo a osservare le decisioni, a verificare numeri e contesti, a raccontare storie di chi ha atteso troppo. In gioco non c’è solo un rimborso, ma la dignità dell’organizzazione pubblica e dei suoi professionisti. Il diritto al tempo non si misura in proclami: si misura nella capacità, concreta, di riconoscerlo quando davvero non è stato possibile goderne, oggi come ieri, domani più di ieri.
