Il nuovo libro di Fedez non cerca scorciatoie: è un autoritratto che mette ordine nel caos e accetta le ombre. Pubblicato da Mondadori il 21 ottobre 2025, “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra” racconta cadute e ripartenze senza chiedere indulgenza, con una prosa che preferisce la verità all’autocompiacimento.
Un libro che scava e non chiede sconti
Nell’unico incontro con lo scrittore Gianluca Gotto — trasformato in una speciale puntata del format di Mondadori “Officine editoriali” su YouTube — l’autore confida che il primo titolo immaginato suonava come una lama: “Vivisezione di uno stronzo”. Non per stupire, ma per dichiarare il metodo: togliere strati, non proteggersi, esporsi. Un confronto lungo e rispettoso, scelto come sola finestra pubblica per accompagnare l’uscita, con l’intenzione di raccontare senza scuse.
Il volume attraversa l’infanzia e l’adolescenza in una periferia dell’hinterland milanese, i primi successi, il matrimonio con Chiara Ferragni, la nascita di Leone e Vittoria, la malattia, la depressione e, infine, la separazione. Al centro, salute mentale, cadute emotive, senso di esposizione continua e ricerca di equilibrio. L’autore ribadisce un principio operativo: se si fa, lo si fa bene, mettendoci sé stessi. E riconosce nello stoicismo una disciplina concreta che lo ha aiutato a ripartire.
Tra confessioni, psicofarmaci e un presente da ricostruire
Le pagine più aspre riguardano il baratro: il pensiero del gesto estremo, l’interruzione brusca degli psicofarmaci, le giornate in cui la pressione pubblica ha incrinato voce e sguardo. Il racconto tocca anche Sanremo, evocato come linea di frattura e ripresa, senza effetti speciali: cronaca nuda di una risalita, scandita da scelte non sempre lineari e da una fragilità che diventa strumento di lavoro su di sé.
C’è poi la politica, trattata senza guanti. Nel libro l’artista non risparmia nessuno e parla di un sistema che, a suo giudizio, lascia l’amaro in bocca da ogni lato. La destra viene descritta come più diretta, la sinistra come più incline ad allontanarsi quando le cose si fanno sgradevoli: un’analisi ruvida, priva di corteggiamenti, che riaccende un dibattito antico intorno alla sua figura pubblica.
Domande al volo
Il titolo che non è stato scelto? Una scelta radicale scartata all’ultimo: “Vivisezione di uno stronzo”. Nella conversazione con Gianluca Gotto, l’autore spiega che la tentazione era dire tutto fin dal frontespizio. Poi la decisione di un titolo diverso, meno gridato ma più fedele al percorso: guardare in profondità, non restare alla superficie. È il manifesto di un libro che rinuncia alla posa per inseguire onestà e mestiere.
Perché mettere in pagina la vulnerabilità? Perché, racconta, fare bene significa esporsi davvero: non è un’opera per “venirne bene”, ma un atto di responsabilità verso chi legge e verso se stesso. La scelta di affidarsi a un’unica intervista e la pratica quotidiana dello stoicismo costruiscono un linguaggio sobrio, che tiene insieme disciplina e cedimenti, mostrando come anche la frattura possa diventare materia di crescita.
Sguardo finale: cosa resta dopo l’ultima pagina
A distanza di nove anni da “FAQ. A domanda rispondo” (2016) e sei da “Quando sarai grande” (2019), l’artista torna alla pagina con un’opera di 184 pagine che chiede al lettore tempo e ascolto. Non è un bilancio, è un attraversamento: un percorso che sposta lo sguardo dal rumore alla sostanza, senza promettere redenzioni, ma invitando a non fermarsi all’apparenza.
Alla fine resta la sensazione di avere camminato accanto a qualcuno che sceglie di non sottrarsi: la voce è calda, a tratti ruvida, mai compiaciuta. È un invito a reggere il passo nella parte più scomoda del tragitto, dove ogni parola pesa e ogni silenzio racconta. E lì, nell’imperfezione ammessa, si intravede la possibilità concreta di ricominciare.
