La decisione è arrivata dritta come una folata d’autunno: la Prima Corte d’Assise di Roma ha sospeso il processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni e ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale. Al centro, il nodo del diritto di difesa legato alla possibilità di nominare consulenti tecnici a spese dello Stato per imputati assenti.
Atti alla Consulta e processo sospeso
Il rinvio alla Consulta nasce dall’accoglimento della questione di costituzionalità sollevata dalle difese dei quattro agenti della sicurezza egiziana imputati. I giudici hanno ravvisato un dubbio “non manifestamente infondato” e “rilevante”: la normativa, rimandando al gratuito patrocinio per la nomina dei consulenti, non consentirebbe al difensore d’ufficio di attivare un esperto con anticipazione a carico dell’Erario, se l’imputato è dichiarato assente. La sospensione del giudizio è stata confermata da ricostruzioni convergenti diffuse da testate nazionali, tra cui TGCOM24 e Quotidiano Nazionale, che hanno riportato tempi e contenuti della decisione della Corte d’Assise.
Nell’ordinanza, ventidue pagine fitte, i giudici sottolineano che un processo “straordinario” — perché celebrato in deroga ai criteri ordinari sull’assenza delineati dall’art. 420-bis c.p.p. — richiede un adeguamento coerente degli istituti a garanzia del contraddittorio. Il pubblico ministero ha confermato il proprio consulente, mentre le difese rivendicano il diritto, sin dall’avvio dei lavori, a un traduttore e a un proprio tecnico: anche per questo, dopo il nuovo incarico a un perito arabista conferito il 17 settembre 2025, l’attività resta condizionata dall’esito del vaglio di costituzionalità. La parità delle armi, ammoniscono i giudici, non può restare un principio astratto.
Le ragioni tecniche: gratuito patrocinio, consulenti e processo in assenza
La questione tocca il cuore delle spese di giustizia: quando la legge rinvia al gratuito patrocinio (con i vincoli dell’art. 102 sulla nomina e liquidazione dei consulenti), l’imputato assente non ammesso al beneficio lascia il difensore d’ufficio nell’impossibilità di incaricare esperti a carico dello Stato. Gli avvocati Paola Armellin, Filomena Pollastro, Tranquillino Sarno e Anna Lisa Ticconi hanno spiegato che senza fondi non si possono sostenere traduzioni tecniche e consulenze indispensabili alla strategia difensiva, rivendicando che non si tratta di un espediente dilatorio. Le loro posizioni sono state illustrate in aula e riprese da Il Fatto Quotidiano e L’Espresso.
Il caso si innesta sulla cornice tracciata nel 2023 dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192: per i delitti assimilabili alla tortura, l’assenza non può tradursi in un’immunità di fatto quando lo Stato estero non collabora; il giudizio può procedere, fermo restando il diritto dell’imputato a un nuovo processo in presenza. Questo passaggio, documentato da riviste giuridiche e da un dossier della Camera dei deputati, ha permesso l’avvio del dibattimento e ha imposto alla Corte d’Assise una gestione complessa delle prove internazionali. Nel 2025, ad esempio, i giudici hanno annullato un verbale reso all’estero per violazione del principio nemo tenetur se detegere e si sono pronunciati sull’acquisizione di atti in arabo ai sensi dell’art. 729-bis c.p.p. (ricostruzioni di Giurisprudenza Penale).
Cosa resta in sospeso: domande rapide
Il processo riprenderà presto? La ripartenza dipende dai tempi della Consulta. Fino alla pronuncia, il dibattimento resta fermo. È un copione già visto: nel 2023 il giudizio si è sbloccato dopo l’intervento della Corte, ma le scansioni non sono automatiche e richiedono deliberazioni e deposito della decisione. Intanto slittano le udienze fissate tra settembre e ottobre 2025, come riportato da ricostruzioni giornalistiche sulla calendarizzazione, con inevitabili ricadute sul percorso verso il verdetto finale.
Di cosa discuterà la Consulta questa volta? Al vaglio c’è la compatibilità costituzionale della disciplina che, di fatto, impedisce al difensore d’ufficio dell’imputato assente di nominare consulenti tecnici con anticipazione a carico dell’Erario, condizionando il contraddittorio tecnico e la parità delle parti. Nel ragionamento delle difese entra anche il tema degli appelli in caso di condanna: le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia all’art. 581, comma 1-quater c.p.p. impongono un mandato specifico dell’imputato, requisito difficilmente ottenibile quando questi è irreperibile.
Un’attesa che pesa sulla ricerca di verità
Ogni sospensione porta con sé il silenzio delle aule e il rumore delle piazze. A piazzale Clodio, a ogni udienza, si ritrova da anni una comunità che accompagna la famiglia Regeni con una presenza ostinata. In queste settimane di attesa, quel filo umano tiene insieme dolore e fiducia istituzionale. Testimonianze raccolte da realtà civiche e associative raccontano presìdi e iniziative pubbliche, come documentato anche dal network di Articolo 21 nelle giornate di metà settembre.
Qui sta il punto: garantire il pieno diritto di difesa non è un inciampo, ma la condizione perché ogni verdetto pesi davvero. L’equilibrio tra rigore delle regole e promessa di giustizia è l’orizzonte che seguiamo nel nostro racconto: finché la Consulta non parlerà, resterà il compito — giornalistico e civile — di tenere accesa l’attenzione, senza cedere alla stanchezza, perché la verità ha bisogno di cammini netti e coerenti.
