Oggi Roma sceglie di ascoltare, con attenzione nuova, i bambini che inciampano nelle parole ma non nella voglia di raccontarsi. In una giornata dedicata alla consapevolezza, un impegno concreto prende forma: un documento pensato per chi educa e per chi cresce, un decalogo che apre spazio, cura e strumenti.
Un impegno che nasce dalle aule del Campidoglio
Dentro la cornice della Giornata internazionale di consapevolezza sulla balbuzie, la voce di Carla Consuelo Fermariello, consigliera dell’Assemblea Capitolina e presidente della Commissione Scuola, arriva chiara: tutelare bambine e bambini che convivono fin dai primi anni con un disturbo spesso frainteso. Per farlo, Roma Capitale ha messo nero su bianco un decalogo operativo, “Le parole dei bambini e delle bambine: consigli sulla balbuzie infantile”, con l’obiettivo di offrire indicazioni concrete a famiglie, educatrici e insegnanti, dal banco di scuola alla vita di classe. Lo ha ribadito intervenendo a un convegno promosso dall’Associazione LEA e da Psicodizione Onlus.
Quel decalogo porta una data precisa: 26 settembre, quando in Campidoglio, nella Sala della Protomoteca, è stato presentato accanto a una Proposta di Intenti più ampia. L’incontro, sostenuto da Roma Capitale insieme ad associazioni e professionisti, ha raccolto contributi su tre assi – sanità, istruzione e lavoro – delineando un percorso condiviso per ridurre disinformazione, ritardi di presa in carico e disparità. È qui che il lavoro culturale si è tradotto in strumenti e visione, con la scuola al centro e la comunità attorno.
Dalla scuola alla sanità: una rete istituzionale che si allarga
Nel solco tracciato dal Campidoglio, la sinergia con la Regione Lazio viene indicata come decisiva: raccordare competenze sociali e sanitarie significa costruire risposte più tempestive e coerenti. In questa stessa giornata del 22 ottobre, la Sala Mechelli del Consiglio regionale ospita un convegno dedicato alla balbuzie, occasione di confronto tra istituzioni, professionisti e mondo della scuola. Un passaggio che mostra come l’alleanza tra livelli amministrativi non resti un’intenzione ma una pratica concreta, chiamata ad attraversare territori e servizi.
La rete si allarga grazie a facce e ruoli precisi: pediatri, psicologi, logopedisti, dirigenti scolastici e referenti del lavoro, insieme a voci dell’associazionismo come LEA e Psicodizione. Nel calendario romano di queste ore trovano spazio anche proposte legislative: al Consiglio regionale si annuncia la prima proposta di legge in materia, mentre il confronto si nutre di testimonianze e competenze per superare i pregiudizi. È una trama che intreccia norme, formazione e pratica quotidiana, con l’obiettivo di dare a ciascuno la possibilità di esprimersi senza barriere.
Dentro le righe del decalogo
Il documento “Le parole dei bambini e delle bambine” è stato pensato come una mappa d’uso per chi accompagna i più piccoli: suggerimenti chiari, comportamenti-tipo, attenzioni che in classe e a casa possono cambiare la qualità dell’ascolto e del dialogo. Non linee teoriche, ma indicazioni pratiche per sostenere il percorso scolastico e sociale dei bambini che balbettano, riducendo i malintesi e restituendo tempo e fiducia alla loro voce. Un vademecum di prossimità, scritto per essere usato.
Il decalogo non vive isolato: dialoga con una Proposta di Intenti che chiede protocolli uniformi, presa in carico tempestiva, formazione mirata per operatori sanitari e scolastici, e misure che valorizzino le competenze nel mondo del lavoro. È un passaggio che prova a trasformare buone pratiche in standard condivisi, offrendo un terreno comune a scuole, famiglie e servizi. In questa cornice, la scuola diventa laboratorio quotidiano di inclusione e rispetto.
Dal 22 ottobre alle piazze: la consapevolezza si fa quotidiano
La ricorrenza del 22 ottobre non è un punto d’arrivo, ma un inizio che viene da lontano: la Giornata internazionale di consapevolezza sulla balbuzie nacque nel 1998 su impulso di associazioni internazionali come ISA, ELSA e IFA per diffondere conoscenza e abbattere i pregiudizi. Oggi, a Roma, questo appuntamento istituzionale riunisce competenze e impegni, mentre i Comuni vengono invitati a sostenere percorsi informativi e momenti di sensibilizzazione nei territori e nelle scuole.
Il calendario prosegue oltre l’aula istituzionale: dopo gli incontri nelle scuole organizzati da LEA e Psicodizione Onlus, il fine settimana porta attività nelle piazze italiane – letture e giochi per sperimentare, in modo semplice e diretto, le difficoltà e la forza di chi balbetta. A rendere più vivo il racconto, le testimonianze di chi questa esperienza l’ha attraversata in prima persona, e che oggi la restituisce come chiave di resilienza e partecipazione.
Voci, volti, responsabilità
Nelle parole di Fermariello c’è un filo che lega attenzione sociale e risposta sanitaria, con uno sguardo concreto anche al lavoro: un invito a far dialogare i diversi piani della cura per costruire una comunità più disponibile all’ascolto. Non slogan, ma passi misurabili, perché ogni contesto – aula, ambulatorio, ufficio – può diventare ambiente favorevole per la crescita. È un messaggio che chiama a raccolta istituzioni e famiglie, con la scuola come primo teatro di fiducia.
Nel cuore della giornata, l’appuntamento al Consiglio regionale del Lazio riunisce esperti, professionisti e rappresentanti istituzionali con un obiettivo semplice e ambizioso: comprendere meglio per agire meglio. Il confronto passa attraverso dati, esperienze, strumenti educativi e proposte normative, in un cantiere che intende incidere sulla quotidianità di studenti e studentesse. La qualità dell’ascolto diventa politica pubblica, quando le parole trovano casa in procedure e prassi condivise.
Domande che meritano risposte immediate
Perché esiste una giornata dedicata alla balbuzie e quando cade? Perché il rispetto nasce dalla conoscenza. Dal 1998, il 22 ottobre ricorda che la balbuzie non è un limite alla persona, ma un tratto da comprendere. L’iniziativa fu lanciata da reti internazionali per promuovere informazione e contrastare stereotipi; oggi invita istituzioni e comunità a costruire contesti più accoglienti, a scuola e nel lavoro, partendo da gesti concreti e da parole scelte con cura.
Dove si è svolto l’appuntamento istituzionale di oggi a Roma e cosa lo rende importante? Nella Sala Mechelli del Consiglio regionale del Lazio, spazio simbolico dove visione e prassi si incontrano. Lì, il confronto tra professionisti, associazioni e decisori pubblici ha messo al centro strumenti reali: formazione, proposte di legge, supporto alle scuole. È il segno che la consapevolezza non resta teoria, ma entra nel circuito delle decisioni che cambiano la vita delle persone.
Che cos’è il decalogo presentato da Roma Capitale e a chi serve davvero? È un documento operativo – “Le parole dei bambini e delle bambine” – firmato il 26 settembre in Campidoglio per offrire linee chiare a famiglie, educatrici e insegnanti. Serve a riconoscere i bisogni, prevenire fraintendimenti e dare alla scuola strumenti quotidiani di accoglienza. In aula come a casa, indica comportamenti semplici e coerenti, perché ogni bambino trovi un ritmo espressivo che gli appartiene.
Chi anima le iniziative e quali prospettive si aprono dopo il 22 ottobre? Associazioni come LEA e Psicodizione Onlus hanno messo in campo incontri nelle scuole e attività nelle piazze, riportando la questione vicino alle persone. Accanto, il lavoro istituzionale guarda a protocolli, formazione e norme più chiare. La prospettiva è una: trasformare la sensibilizzazione in pratiche costanti, perché la cura del linguaggio diventi parte dell’educazione civica di ogni giorno.
Uno sguardo che custodisce le voci dei più piccoli
Ci sono parole che arrivano lente, altre che scattano via veloci. Tutte meritano spazio. Quando un’istituzione sceglie di prendersi cura dei tempi di chi parla, riconosce che la cittadinanza passa anche dall’ascolto. Il decalogo nato a Roma è un gesto semplice e profondo: uno strumento che aiuta chi educa a stare vicino, senza interrompere, senza forzare, con rispetto e competenza. È così che le aule diventano luoghi dove le differenze non si nascondono, ma si accolgono.
La nostra cronaca, oggi, sceglie di restare qui: vicino ai bambini che balbettano, alle famiglie che cercano risposte, a insegnanti e professionisti che domandano strumenti. È in questo patto quotidiano tra comunità, scuola e sanità che il 22 ottobre smette di essere una data sul calendario e diventa pratica viva. Perché la voce di ciascuno, con i suoi passaggi, trovi ascolto pieno. E perché nessuno, mai più, resti fuori dal dialogo che gli appartiene.
