Alla vigilia del World Pasta Day del 25 ottobre, i numeri raccontano un’Italia solida: guida la produzione, consuma più di chiunque e spinge sull’estero, con il primo semestre 2025 in progresso. Ma c’è anche una prova da affrontare: la prospettiva di nuovi dazi negli Stati Uniti, che potrebbe cambiare il gioco.
Un primato che parla al mondo
Quando si parla di pasta, il passaporto è italiano. Nel 2024 la produzione ha raggiunto circa 4,2 milioni di tonnellate, davanti a Turchia (2,1 milioni), Stati Uniti (2 milioni), Egitto (1,2 milioni) e Brasile (1,1 milioni). Anche a tavola, il primato resta nostro: 23,3 kg pro capite l’anno, ben oltre la Tunisia (17), il Venezuela (13,6), la Grecia (12,2) e la Germania (10,1). Dati diffusi da Unione Italiana Food in vista del World Pasta Day confermano una leadership che è insieme industria e cultura, rito quotidiano e identità.
La spinta internazionale è la vera chiave del momento: nel 2024 le esportazioni hanno toccato 2.420.345 tonnellate (+9,1% sul 2023) per 4,02 miliardi di euro (+4,8%). Oltre 1,5 milioni di tonnellate hanno preso la strada dell’Unione europea, mentre 898.815 tonnellate sono arrivate in Paesi extra UE. In pratica, quasi sei piatti su dieci preparati con pasta italiana nascono per viaggiare lontano, arrivando in quasi duecento mercati.
Dove vanno gli spaghetti: geografia dei mercati chiave
La mappa degli approdi parla chiaro. La Germania resta il primo approdo con 467.183 tonnellate, seguita dagli Stati Uniti a 302.177 tonnellate, poi Regno Unito (283.478), Francia (278.511) e Giappone (69.589). È un mosaico di abitudini e gusti che accoglie formati, ricette, tradizioni regionali e nuovi stili alimentari. Un racconto che unisce, ogni giorno, scaffali della GDO e cucine di ristoranti, tra curiosità e fedeltà al marchio Italia.
Guardando ai flussi, il cuore resta europeo: nel 2024 il 62,9% dell’export è rimasto nell’UE, una quota in lieve flessione rispetto al 64,8% del 2023. È un riequilibrio che segnala come la domanda extraeuropea stia crescendo, senza togliere centralità al mercato comunitario. Lo sguardo, insomma, è doppio: consolidare casa e aprire nuove rotte, mantenendo qualità e costanza di fornitura, due promesse che hanno costruito la reputazione dei nostri pastai.
Rotta 2025: segnali di crescita
La tendenza positiva è proseguita nei primi sei mesi del 2025: i volumi esportati sono aumentati del +2,5% rispetto allo stesso periodo del 2024, passando da 1.195.025.792 a 1.224.476.880 chilogrammi. Un avanzamento misurato, ma significativo, perché avviene in un contesto internazionale complesso e conferma la capacità del comparto di presidiare i mercati con continuità e affidabilità, valori che contano quando le filiere globali si fanno più imprevedibili.
Uno sfondo utile: secondo le più recenti letture di Istat, a luglio 2025 l’export italiano è cresciuto su base annua e tra i settori trainanti figurano anche i prodotti alimentari. Non è un dettaglio: racconta un’Italia che, pur tra tassi, costi energetici e tensioni geopolitiche, continua a trovare all’estero domanda per ciò che produce meglio. Nell’agroalimentare questo significa affidabilità, tracciabilità, gusto.
L’ombra dei dazi: cosa c’è davvero sul tavolo
Negli USA è in discussione un dazio antidumping aggiuntivo del 91,74% su alcune importazioni di pasta dall’Italia; sommato al prelievo del 15% già in vigore su molti prodotti europei, porterebbe l’onere vicino al 107%. L’ipotesi, legata a un procedimento del Dipartimento del Commercio statunitense per il periodo luglio 2023–giugno 2024, potrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2026, salvo modifiche in fase finale.
Roma ha chiesto a Washington di riconsiderare la misura, mentre Commissione europea e governo italiano hanno avviato un confronto diplomatico a tutela delle imprese. La stampa finanziaria internazionale ha evidenziato il rischio per un mercato che vale quasi 800 milioni di dollari di export e il possibile impatto sui prezzi al consumo negli Stati Uniti. La partita, dunque, è aperta, tra dossier tecnici e dialogo politico.
Voci e responsabilità dell’industria
Nelle giornate che portano al 25 ottobre, la presidente dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food, Margherita Mastromauro, ha rimarcato il valore economico, culturale e sociale della pasta, richiamando la necessità di difendere un patrimonio che parla di lavoro, territori, competenze. Parole pronunciate mentre si celebrano i dati di leadership e si fa i conti con la prospettiva di nuovi costi in dogana: un invito a tenere insieme orgoglio e pragmatismo.
All’evento “Orgoglio Pasta” alla Galleria Alberto Sordi di Roma, con i ministri Francesco Lollobrigida e Adolfo Urso, il presidente di Unione Italiana Food Paolo Barilla ha segnalato un possibile impatto pesante nel breve periodo e, insieme, la necessità di riprendere relazioni consuete con gli USA e di cercare sbocchi alternativi. Una visione che tiene insieme emergenza e strategia, per non disperdere il capitale costruito in anni di qualità e investimenti.
Domande che arrivano in tavola
Quanta pasta produce oggi l’Italia? Nel 2024 la produzione è stata di circa 4,2 milioni di tonnellate, davanti a Turchia, Stati Uniti, Egitto e Brasile. Un volume che consolida il ruolo guida del Paese lungo tutta la filiera, dal grano duro alle linee di confezionamento, e spiega perché la domanda globale si affidi alla capacità organizzativa dei nostri pastifici, tra stabilimenti storici e impianti di nuova generazione.
Quanto esportiamo e verso quali aree? Nel 2024 l’Italia ha esportato 2.420.345 tonnellate di pasta per 4,02 miliardi di euro. Oltre 1,5 milioni di tonnellate restano nell’Unione europea, mentre 898.815 tonnellate vanno in Paesi terzi. I mercati più ricettivi sono Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Giappone, con volumi che testimoniano una presenza capillare e relazioni commerciali consolidate nel tempo.
Com’è andato il primo semestre 2025? I volumi sono saliti del +2,5% rispetto al primo semestre 2024, da 1.195.025.792 a 1.224.476.880 chilogrammi. È una crescita che pesa perché arriva in mesi segnati da incertezze globali e da un aumento dei rischi sulle catene di approvvigionamento. Per l’industria, significa capacità di evadere ordini, presidiare la qualità e mantenere competitività nonostante costi logistici e variabilità delle materie prime.
Cosa sta succedendo con i dazi USA? È stata proposta un’aliquota antidumping aggiuntiva del 91,74% su alcune importazioni italiane; sommata al prelievo del 15% già in vigore, porterebbe il peso doganale vicino al 107% dal 1° gennaio 2026, salvo correzioni. Governo italiano e Commissione europea hanno chiesto di riconsiderare la misura, sottolineando i rischi per imprese e consumatori in un mercato che vale centinaia di milioni di dollari.
Quanta pasta mangiamo a testa? 23,3 kg l’anno: è il consumo medio pro capite in Italia, primo al mondo, davanti a Tunisia, Venezuela e Grecia. Un’abitudine radicata che convive con l’evoluzione dell’offerta, tra integrali, specialità regionali e formati pensati per cucine sempre più internazionali. La costanza dei consumi interni sorregge la filiera e dialoga con l’espansione sui mercati esteri.
Un finale che guarda avanti
La pasta è un gesto quotidiano che unisce casa e mondo. Per questo i numeri non sono aridi: parlano di fiducia, di mestieri tramandati, di imprese che hanno saputo portare lontano una tradizione. Difendere questo patrimonio significa lavorare sui dossier più complessi, aprire tavoli diplomatici, moltiplicare le occasioni di contatto con i mercati, senza smarrire la cura che rende riconoscibile ogni piatto.
Il World Pasta Day non è un rito celebrativo. È uno specchio in cui rivedersi come sistema Paese: capace di crescere, di affrontare ostacoli con lucidità e di trasformare ogni sfida in una prova di maturità. È da qui che riparte la nostra storia: dalla concretezza di una filiera che lavora in silenzio e dall’orgoglio di un gusto che continua a emozionare, in Italia e oltre i confini.
