Un incontro, una visione e un’eredità che oggi tornano in scena: Mina e Barilla riscrissero il linguaggio della pubblicità e della moda. Sessant’anni dopo, quel racconto si apre al pubblico con una selezione di costumi, filmati e fotografie che restituiscono la potenza di un’idea capace di parlare ancora al presente.
Sessant’anni di immagini che non perdono la voce
Nelle sale della Fondazione Magnani-Rocca, a Mamiano di Traversetolo (Parma), la mostra “Moda e pubblicità in Italia 1950-2000” dedica una sezione al sodalizio tra Mina e Barilla. Qui la storia si sfoglia attraverso abiti di scena, materiali fotografici e filmati dell’Archivio Storico Barilla, componendo un racconto che va oltre la nostalgia e mette in luce una rivoluzione visiva. Il percorso, ospitato nella Villa dei Capolavori, è in calendario dal 13 settembre al 14 dicembre 2025 e intreccia linguaggi, stili e pubblicità in un’unica, avvolgente narrazione.
Il 25 ottobre, sabato, alle 16.30, l’istituzione propone l’evento speciale “Pasta Diva – Mina e la moda in Italia negli anni Sessanta nei Caroselli Barilla”, pensato nell’alveo di ApritiModa 2025 e in coincidenza con la Giornata Mondiale della Pasta. A guidare il pubblico tra i caroselli più emozionanti saranno Giancarlo Gonizzi, curatore dell’Archivio Storico Barilla, ed Emmanuel Grossi, studioso e curatore della sezione multimediale dell’esposizione. Una conversazione per riascoltare quelle immagini, comprenderne l’impatto e misurare la modernità di un linguaggio che continua a sorprendere.
Registi, stile e la grammatica del Carosello
Quel linguaggio fu plasmato da nomi che hanno segnato cinema e televisione: Valerio Zurlini, Piero Gherardi, Antonello Falqui, Enzo Trapani, Enrico Sannia e Duccio Tessari. Dentro le regole del Carosello – spettacolo e racconto, poi il “codino” di 30 secondi destinato al messaggio commerciale – Mina dava voce a una formula destinata a restare nell’immaginario: “B come Buona cucina, B come Barilla, un tocco di alta cucina nei piatti semplici di ogni giorno”. Un equilibrio di tempi e segni che trasformò lo spot in mini-cinema popolare, rigoroso e creativo.
La ricerca visiva non era un dettaglio: tra geometrie audaci, architetture industriali e spazi dilatati, Zurlini costruì nel 1970 una sequenza di cortometraggi in cui Mina dialoga con opere d’arte contemporanea. Appaiono le sculture lignee di Mario Ceroli, il celebre “Le fils de l’homme” di René Magritte, tele di Mario Schifano, Titina Maselli e Alberto Burri: un teatro dell’immagine dove musica, moda e arte sono un tutt’uno, e la cantante diventa personaggio-mito che attraversa stili e ruoli con naturalezza.
La metamorfosi di un’icona
Negli anni del sodalizio, l’immagine di Mina si trasforma di continuo: dal taglio corto e sbarazzino dell’inizio a una femminilità più tagliente, fino alla figura magnetica dei caroselli finali. In mostra compaiono i costumi disegnati da Piero Gherardi e realizzati dalla sartoria di Gabriele Mayer, insieme alle fotografie di scena di Piero Pascuttini, cronista brillante dei set e dei volti più emblematici del periodo. Questi materiali, oggi custoditi e studiati, raccontano la nascita di un’estetica che ha ridefinito il confine tra intrattenimento e stile.
Lo stesso Gherardi, scenografo e costumista dalla fantasia visionaria, portò nel piccolo schermo una precisione formale che arrivava dal cinema d’autore. Il suo percorso con Federico Fellini gli valse due Premi Oscar per i costumi di “La dolce vita” e “8½”; una sensibilità che, traslata nei set per Barilla, costruì per Mina una fisionomia scenica variabile e insieme riconoscibile, pensata per dominare lo spazio con un gesto, uno sguardo, un abito.
Quando la pasta diventa stile, e industria
L’evoluzione del gusto televisivo corre in parallelo con quella del prodotto: tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta cambia il modo di acquistare e cucinare, entra nel quotidiano la pasta confezionata e, a dicembre 1969, parte in Italia la distribuzione nazionale dei sughi pronti Barilla. Nello stesso periodo nasce lo stabilimento di Pedrignano, avveniristico presidio produttivo che segna una stagione di crescita e organizzazione industriale. Il messaggio dei caroselli, così, intercetta e accompagna un Paese che si modernizza senza rinunciare alla tavola.
Quella linea di condimenti avrebbe poi proseguito il suo percorso fino a diventare un segmento strategico, sostenuto da investimenti e tecnologie dedicate come l’impianto di Rubbiano, oggi tra i centri europei più importanti per pesti e sughi. Un tragitto che testimonia come la promessa raccontata da Mina nei caroselli – qualità quotidiana, fantasia e semplicità – abbia trovato una sponda concreta nella filiera, nel lavoro e nella distribuzione contemporanea.
Il presente che dialoga con la tradizione
Il 25 ottobre è la Giornata Mondiale della Pasta, occasione in cui istituzioni, aziende e comunità del cibo rinnovano un rito collettivo. Quest’anno, i dati diffusi in vista del World Pasta Day 2025 confermano il ruolo dell’Italia come leader globale, con produzioni e consumi che restano riferimento internazionale, e una maratona social che unisce professionisti e appassionati. Un contesto ideale per rileggere la modernità del racconto nato con Mina e arrivato fino a noi.
Nello stesso fine settimana, ApritiModa torna con la sua nona edizione: sabato 25 e domenica 26 ottobre, circa cento realtà aprono i propri spazi per visite e incontri, dal nord al sud del Paese. L’appuntamento in Fondazione Magnani-Rocca rientra in questo mosaico di luoghi e saperi, e permette di vedere da vicino come moda e comunicazione siano cresciute insieme, dal bozzetto al set, dall’atelier al palinsesto televisivo, fino allo sguardo di chi oggi osserva e riconosce un patrimonio condiviso.
Domande a risposta rapida
Cosa troverà il pubblico nella sezione dedicata a Mina? Un percorso immersivo con abiti di scena firmati Piero Gherardi, fotografie di Piero Pascuttini e una selezione di caroselli in proiezione. La visione non è un esercizio di memoria, ma un viaggio in un’estetica che ha definito un’epoca, curato e raccontato con l’attenzione filologica della Fondazione Magnani-Rocca e con un evento speciale il 25 ottobre alle 16.30, nell’ambito di ApritiModa 2025.
Perché quei caroselli sono considerati un punto di svolta? Perché dentro il formato del Carosello, con la sua scansione tra spettacolo e “codino”, si sperimentò un linguaggio dove musica, regia e grafica diventavano una dichiarazione di stile. Il claim “B come Buona cucina, B come Barilla” è il segno di un’idea semplice e incisiva, resa potente da interpreti, registi e un’attenzione estrema alla costruzione dell’immagine.
Che legame c’è con la Giornata Mondiale della Pasta e con ApritiModa? Calendario e senso profondo coincidono: il World Pasta Day rilegge un simbolo della nostra identità culinaria, mentre ApritiModa apre i luoghi in cui il saper fare diventa visione. L’evento del 25 ottobre tiene insieme queste due dimensioni, mostrando come un racconto nato in televisione parli oggi alle istituzioni, ai musei e a chi ama capire come si crea bellezza.
Un finale che parla al nostro tempo
Guardare Mina che accarezza una scatola di pasta e canta dentro scenografie che sembrano sogni a occhi aperti non significa cedere alla nostalgia. Significa riconoscere una responsabilità: l’Italia sa unire cultura visuale, artigianato e industria. Quel racconto – nato in bianco e nero, nutrito da registi, costumisti e fotografi – continua a interrogarci su come si custodisce un patrimonio e lo si restituisce vivo, leggibile, condiviso.
È questo il cuore della nostra ricerca: mettere il lettore davanti alle immagini e lasciargli il tempo di ascoltarle. In quelle sequenze c’è la mano di Pietro Barilla che crede nella modernità, la voce di Mina che trasforma un slogan in esperienza, il lavoro silenzioso di archivi e curatori che oggi ricompongono frammenti preziosi. Ritrovarli significa ritrovarci: nella semplicità di un piatto, nella forza di una storia, nella possibilità concreta di farle, insieme, parlare ancora.
