In un Paese che ha spesso guardato altrove quando si parlava di R&B, Khris dimostra che quel battito respira ancora. Cantautrice indipendente nata a Cuneo, rientra in scena con un’idea precisa: portare il genere dentro l’italiano, senza filtri, attraverso un primo EP che raccoglie i suoi capitoli più recenti.
Una scelta di identità
Da Cuneo arriva una cantautrice e performer che ha imparato l’R&B a modo suo: Khris. Dopo anni di palco tra circuito underground, cori e danza, rientra in studio con un’urgenza nitida e priva di filtri numerici. Non insegue trend o classifiche, non mima le icone internazionali: decide di vivere il genere, in italiano, con una visione estetica personale e con la libertà di chi ha attraversato silenzi, tentativi e ripartenze per ritrovare la propria voce. A un mercato frettoloso preferisce la profondità, e porta la sua storia sul beat con naturalezza, con la stessa spontaneità di una lettera scritta a mano.
Il suo rientro non è una parentesi, ma una scelta di posizionamento netto: portare l’R&B nella quotidianità italiana con la voce di una donna che racconta sé stessa. Khris torna con un’identità definita e slegata da logiche algoritmiche, mettendo al centro la parola e il corpo, la vulnerabilità e la forza. Non una citazione di stile, ma una lingua nativa con cui dire maternità, ansia, lentezza, imperfezione, desiderio di ricominciare. La sua rotta è la coerenza: una direzione chiara che tiene insieme estetica, scrittura e interpretazione.
Il progetto dell’EP e la sua coerenza
Il primo EP, annunciato per i prossimi mesi, non inaugura una nuova stagione: la consolida. Dentro convivono quattro brani già pubblicati — Il disco gira, Diamante, Brucia il tempo e Ali d’acciaio — pensati come capitoli dello stesso racconto. Non sono prove sparse, ma passaggi consequenziali di un’unica narrazione che misura il presente con la bussola dei sentimenti. Ogni pezzo dialoga con gli altri, portando avanti un discorso che preferisce continuità, profondità e ascolto lungo a qualsiasi scorciatoia del mercato.
L’intento è dichiarato: collocare il genere dentro la realtà italiana senza ammorbidirne l’anima. Questi quattro capitoli non rispondono a aspettative commerciali, non nascono per la viralità; sono stati concepiti per custodire un linguaggio. Khris non usa l’R&B come cornice decorativa: lo assume come forma espressiva naturale, in cui melodia, struttura e vocalità hanno un compito narrativo ed emozionale. Così si parla di emozioni e corpo, maternità e ansia, lentezza e imperfezione, con un lessico italiano che suona vero, vicino, necessario.
Una mappa in quattro atti
La mappa sonora di questo percorso si apre, simbolicamente, con Il disco gira: una canzone che parla di ripartenza senza retorica, con un passo contagioso e un messaggio pulito. Il corpo torna a muoversi, l’ascolto ritrova fiducia, il futuro si riaccende. Accanto, Diamante mette a fuoco la forza delle donne e l’identità che nasce dalle crepe. Linee vocali essenziali e nitidezza di scrittura costruiscono un’immagine che spicca, come un dettaglio di colore in un immaginario altrimenti desaturato. È il brano più cinematografico del progetto, capace di restare sottopelle. Su tutto, scorre un calore che richiama le produzioni dei 2000 e la consapevolezza di chi ha conosciuto il silenzio e la fatica del rientro.
Con Ali d’acciaio, Khris entra nel territorio più intimo. Il brano nasce come dedica alla figlia e trasforma la paura in un orizzonte di fiducia, con un R&B contemporaneo ed elegante che abbraccia senza soffocare. Lì la maternità diventa racconto, promessa, protezione. Brucia il tempo sposta il fuoco sulla società che corre: parole gettate sui social senza pensarci, empatia che si assottiglia, frenesia che mangia il presente. È la sua dichiarazione più politica: un invito a rallentare per comprendere davvero ciò che viviamo.
Un genere adottato, non imitato
In Italia, il soul e l’R&B sono stati a lungo un ospite di passaggio: percepiti troppo americani per il mainstream, troppo laterali e intimi per un mercato che scorre rapido tra playlist e ascolti mordi-e-fuggi. Dagli inizi dei Duemila il genere è spesso comparso come cenno, timbro, citazione: un ritornello più soul, un beat che allude alla black music, qualche riferimento estetico. La sostanza, però, raramente è stata trattata come linguaggio pieno, radicato, capace di reggere un intero discorso autentico.
Il risultato di quel approccio è noto: brani che suonano R&B ma non parlano come l’R&B, perché manca il vissuto, l’urgenza, il contenuto che lo rende carne. Khris rovescia il metodo. Non prende in prestito: abita quel linguaggio. Lo fa diventare casa, non accessorio, e in quella casa racconta emozioni fisiche, maternità, timori, desiderio di lentezza, identità imperfetta. La sua musica non “fa” R&B: lo è, fin nella funzione narrativa, nella struttura dei brani e nella vocalità che tiene insieme misura ed emozione.
Il contesto e il presente
Mentre il pop nazionale oscilla tra video brevi e un indie spesso ripiegato sulla malinconia, altrove l’R&B è tornato centrale con protagoniste come SZA e Victoria Monét. In questo scenario, il lavoro di Khris ha un peso specifico: colma un vuoto culturale e riporta quel suono dentro il qui e ora italiano, senza mimetismi. Lingua, estetica e urgenza sono sue. È un’alternativa necessaria al consumo rapido: una proposta che chiede tempo, attenzione, intimità, e in cambio offre riconoscimento, prossimità emotiva, una storia che parla in prima persona.
La sua scommessa è la semplicità, assunta non come resa ma come nitore. In un mercato dove sembra già detto tutto, Khris sceglie brani che respirano, si fanno capire, restano. Non rincorre mode o classifiche: le lascia scorrere. Il suo obiettivo è diverso: riportare l’R&B dove appartiene, nella realtà concreta, nelle storie comuni, nel cuore di chi ascolta. È un gesto contro la rumorosa velocità del presente, un invito a prendersi il proprio tempo e riconoscersi nelle crepe di sé.
Le persone e il lavoro dietro la visione
A sostenere questa traiettoria c’è una squadra interamente indipendente. RKH Studio di Torino con Roberto Chetti, il producer Safe, Manuel Mosso alle registrazioni e al master, la coreografa Lucrezia Rossi, le fotografie di Laura Atzeni: un collettivo che ha accompagnato passo dopo passo ogni uscita. Insieme hanno costruito un immaginario coerente e riconoscibile, fatto di movimento e introspezione, di carattere e misura, in cui suono e corpo si rispecchiano come parti di uno stesso pensiero artistico. Una prossimità che si percepisce.
Nel loro lavoro c’è una filosofia semplice e potente che Khris riassume così: la musica come un rewind, un gesto per fermarsi, respirare, ballare e ritrovare una semplicità perduta. Non c’è un personaggio di laboratorio: c’è un percorso. Lei non è un prodotto, ma un processo, e questo si avverte nella cura del dettaglio, nei silenzi tra le parole, nella fedeltà a un’identità che non si piega alle scorciatoie pur di arrivare prima. La coreografia, le immagini, i suoni dialogano tra loro, consolidando un’estetica riconoscibile e una postura autentica.
Un cammino che riparte
La traiettoria personale di Khris è segnata da ascolti che l’hanno formata — Lauryn Hill, Beyoncé, Janet Jackson — e da anni spesi nel circuito underground italiano. A un certo punto si è fermata, quando il sistema non le permetteva di essere vera. Oggi rientra con un’urgenza nuova: farsi sentire non per dimostrare qualcosa, ma per riprendersi il proprio spazio. Non è un nome spuntato dal nulla; è la maturazione di una storia che ha trovato la propria misura, adesso.
Non è un revival né un ricordo idealizzato: è un linguaggio per raccontare il presente, in italiano, con un’identità chiara e riconoscibile. L’EP raccoglierà questi capitoli e li spingerà oltre, verso la loro compiutezza; non tanto un debutto, quanto una presa di posizione femminile e indipendente. In un panorama che ha smarrito le sue zone grigie, lei ne rivendica la centralità. A volte la musica cura, altre ferisce; se smetti di ascoltarla, smetti anche di sentirti vivo. Qui e adesso.
