Uno scambio rapido, punte e sorriso: così la scintilla tra Enzo Iacchetti e Carlo Conti ha rimesso Sanremo 2026 al centro della conversazione. Un botta e risposta dal sapore antico che, paradossalmente, può fare bene alla kermesse, riaccendendo curiosità e discussione ben prima delle luci dell’Ariston. È il tipo di frizione che la tv trasforma in attesa.
Una schermaglia che accende l’attesa
Nell’appuntamento del 19 ottobre a Domenica In, Mara Venier chiama in salotto Iacchetti e, tra confidenze e memoria televisiva, arriva il messaggio di Carlo Conti: “Se hai un brano, mandalo, le iscrizioni sono aperte”. Non un invito ufficiale al palco, ma un’apertura d’ascolto chiara, che l’attore accoglie con ironia domandando se debba scrivere “una canzone d’amore” e ventilando l’idea di una “canzone bonsai, ma impegnata”. La chiosa è una stoccata sorridente: “Scherzi a Parte lo fanno altrove”. Il racconto della puntata, riportato da Libero Magazine con dettagli e dialoghi, e confermato nel riassunto di Fanpage, dà plasticità al tono: diretto, ma non rissoso.
Quelle frasi non cadono nel vuoto: mettono in scena due modi di intendere il palco musicale. Da un lato l’attore che rivendica la propria storia di canzoni e teatro; dall’altro il direttore artistico che, senza promettere scorciatoie, offre una via trasparente: presenta un pezzo, lo ascolteremo. È una dinamica che ricorda certe strette di mano televisive d’un tempo, quando tutto avveniva alla luce delle telecamere e l’aspettativa si costruiva in diretta. Il punto, oggi, è quanto questa miccia narrativa possa allargare il pubblico interessato a Sanremo prima ancora dei nomi in gara: se ne parla, se ne ride, si discute. Missione compiuta.
Dalle esclusioni di ieri al confronto di oggi
La grana non nasce oggi. Negli anni di Claudio Baglioni all’Ariston, Iacchetti racconta di essere stato scartato perché “non cantante”. La storia affiora già nel 2019, quando Francesco Guccini rivela di aver firmato per Iacchetti un brano sui migranti, poi non ammesso; in conferenza stampa Baglioni precisa che la linea interna privilegia gli interpreti di professione rispetto agli “infiltrati in senso buono”, senza confermare la paternità autoriale del maestro modenese. Ricostruzioni e virgolettati, tra testate specializzate e cronache online, compongono il mosaico di quella stagione.
Col passare del tempo, Iacchetti ha trasformato quelle porte chiuse in una narrazione identitaria: “prima di essere comico, sono un cantante”, ha ribadito più volte, anche con frecciate d’orgoglio sulle stonature altrui. È un temperamento che il pubblico conosce: diretto, perfino spiazzante, ma capace di stemperare con un sorriso. La cronaca più recente lo ritrae pure impegnato nell’arena del talk: gli interventi sulla tragedia di Gaza a È sempre Cartabianca hanno prodotto discussioni accese e persino rientri in trasmissione per chiarire il tono delle parole. La testimonianza di Repubblica e le note d’agenzia riprese da Adnkronos rendono conto sia dell’appello civile sia dei contraccolpi mediatici.
Il contesto televisivo cambia le regole del gioco
Intanto, fuori dall’Ariston, la tv generalista ridisegna l’access prime time. Mediaset ha allungato la corsa de La Ruota della Fortuna di Gerry Scotti, sperimentando una nuova geografia che ha fatto slittare il ritorno di Striscia la Notizia e ne ha annunciato una “nuova veste” per l’autunno-inverno. Lo ha dichiarato Pier Silvio Berlusconi, fissando novembre come finestra di rientro, mentre alcuni documenti commerciali di Publitalia hanno alimentato l’idea di un cantiere aperto sul prodotto storico di Antonio Ricci, come raccontato anche da cronache locali e siti di settore.
La partita è doppia: mentre Canale 5 prova a consolidare la fascia con un game show ad alta fidelizzazione, Rai 1 ha riacceso Affari Tuoi con Stefano De Martino dal 2 settembre, puntando sul flusso che unisce Tg1, access e prime time. L’annuncio ufficiale dell’Ufficio Stampa Rai, ripreso da agenzie e quotidiani, ha scandito tempi e novità (pacco nero compreso). In un ecosistema così fluido, una “punzecchiatura” in salsa sanremese si inserisce alla perfezione: non è rumore di fondo, è una conversazione che influenza il pubblico mentre fa zapping.
Regole, date e numeri: il cantiere Sanremo 2026
Se c’è un terreno che chiede fatti, è il regolamento. Per l’edizione 2026, in scena dal 24 al 28 febbraio, Rai ha pubblicato le regole: 26 Big in gara; 4 Nuove Proposte (2 da Area Sanremo e 2 da Sanremo Giovani del 14 dicembre); tre giurie con peso 34% al Televoto, 33% alla Sala Stampa, Tv e Web e 33% alle Radio. È il quinto Festival con Carlo Conti direttore artistico e conduttore, confermato per il biennio 2025-2026. Sono punti messi nero su bianco dal sito ufficiale e rilanciati da agenzie e quotidiani nazionali.
La macchina selettiva è già in corsa: il percorso di Sanremo Giovani 2025 prevede ascolti, shortlist e audizioni, con il direttore artistico alla guida della commissione musicale. È in questo quadro operativo che si inserisce l’invito televisivo a Iacchetti: non una deroga, ma l’invito a fare ciò che tutti fanno, presentare un brano e metterlo al giudizio degli step previsti. Anche qui, la fonte è ufficiale e pubblica, accessibile nelle pagine regolamentari Rai e nelle cronache di metà ottobre.
Perché questa polemica può giovare alla kermesse
La dialettica tra un artista “non allineato” e il direttore artistico funziona perché rende visibile ciò che spesso resta nelle stanze: la scelta. Ogni Festival è un racconto che comincia mesi prima, tra audizioni e criteri. Portare questa tensione in tv, con toni franchi ma corretti, offre al pubblico la sensazione di partecipare al processo e ricorda a chi scrive canzoni che non esistono recinti invalicabili. In un’epoca di rumor, qui c’è una trama lineare: proposta, ascolto, valutazione.
C’è poi un valore culturale: il confronto tra repertorio leggero e canzone d’autore, tra ironia e impegno, riapre un cassetto della memoria sanremese. Giorgio Faletti, Francesco Salvi, i casi che hanno fatto discutere ieri vengono evocati oggi non per nostalgia, ma per interrogare il presente: un comico può gareggiare? Conta più il nome o la canzone? Domande giuste, se restano sul merito. Ed è proprio qui che la frizione, quando resta elegante, fa bene al dibattito.
Domande essenziali per orientarsi
Carlo Conti ha davvero invitato Enzo Iacchetti a farsi avanti? Sì, nel corso della puntata di Domenica In del 19 ottobre, un messaggio di Conti ha aperto all’ascolto di un eventuale brano di Iacchetti, senza promettere corsie preferenziali. È stato Iacchetti, con la sua consueta ironia, a parlare di “canzone bonsai, ma impegnata” e a scherzare su Scherzi a Parte “altrove”. La ricostruzione è stata raccontata in modo puntuale da Libero Magazine e ripresa da Fanpage, che hanno sottolineato la natura cordiale dello scambio.
Perché si citano Baglioni e Guccini quando si parla di Iacchetti a Sanremo? Perché nel 2019 emerse il caso di un brano sui migranti firmato da Francesco Guccini e destinato a Iacchetti, non ammesso al Festival dell’anno precedente. In conferenza, Claudio Baglioni spiegò la regola interna che privilegiava gli interpreti di professione, senza riconoscere formalmente la paternità del testo a Guccini. La vicenda è documentata da cronache e siti specializzati che riportano le parole dei protagonisti di allora.
Che cosa prevede, oggi, il regolamento di Sanremo 2026? Le linee sono chiare: 26 Big, 4 Nuove Proposte (2 da Area Sanremo e 2 da Sanremo Giovani del 14 dicembre), tre giurie con percentuali 34-33-33, serata cover confermata e finalissima con rivotazione delle prime cinque. Le date sono dal 24 al 28 febbraio 2026. Sono informazioni pubblicate sul sito ufficiale Rai e riprese da agenzie e quotidiani nazionali a metà ottobre.
Che cosa c’entra l’access prime time con questo dibattito? Il clima televisivo conta. Mediaset ha spinto La Ruota della Fortuna e rinviato il ritorno di Striscia la Notizia a novembre, parlando di “nuova veste”; intanto Rai 1 ha riacceso Affari Tuoi con Stefano De Martino dal 2 settembre. In un access così competitivo, qualsiasi scambio pubblico legato a Sanremo aumenta interesse e conversazioni: è carburante utile per l’evento più atteso dall’industria musicale televisiva.
Una chiosa che guarda al palco
La tv migliore è quella che sa prendersi sul serio senza smettere di giocare. Qui c’è un comico che rivendica la sua musica e un direttore artistico che, con fair play, apre la porta dell’ascolto. Il resto lo dirà la canzone, se arriverà. Intanto Sanremo cresce nel suo terreno più fertile: la conversazione condivisa, alimentata da fatti verificabili e dichiarazioni pubbliche, lontana dalle scorciatoie e dalle promesse impossibili. È il modo più contemporaneo di costruire un’attesa pulita.
Noi abbiamo imparato a fidarci delle strade lunghe: quelle in cui le scelte si spiegano, le regole si leggono e i protagonisti si parlano guardandosi in volto. Se questa “polemica d’altri tempi” farà bene alla kermesse, lo scopriremo in primavera. Ma qualcosa, già ora, è successo: il pubblico ha ricominciato a immaginare. E la musica, quando sarà il momento, avrà un pubblico più caldo a cui rivolgersi.
