Collegato da remoto, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha scelto il Salone del Leasing 2025 di Milano per ribadire un concetto netto: in un passaggio storico incerto, l’Italia ha centrato risultati di cui andare fieri e ora deve consolidarli con serietà, proseguendo su una rotta che punti a investimenti e stabilità.
Una rotta da confermare
Nel suo intervento, Giorgetti ha rimesso al centro la qualità del percorso intrapreso più che la somma dei traguardi: non contano singolarmente i miliardi risparmiati in interessi, le promozioni delle agenzie o i numeri della crescita. Conta la coscienza di aver imboccato la strada giusta, da tenere con responsabilità e rigore, coinvolgendo istituzioni, imprese e risparmio privato. Un messaggio che abbiamo ascoltato arrivare con tono fermo e con l’appello a “continuare per il tempo che abbiamo davanti”, in un patto di fiducia tra società e finanza pubblica che ambisce a essere duraturo e verificabile, non uno slogan di giornata.
Il contesto di mercato, intanto, racconta un’Italia meno esposta alla volatilità. Il differenziale tra decennale Btp e Bund tedesco si è assestato su livelli prossimi agli 80 punti base, un’area di equilibrio che restituisce respiro alla finanza pubblica e alle decisioni d’investimento. Questo dato, registrato nelle ultime sedute di ottobre, suggerisce un clima più disteso rispetto al triennio precedente e offre sponda al messaggio del ministro, specie sul fronte del costo del debito e della percezione dei rischi sovrani da parte degli investitori internazionali.
Tra spread in ritirata e giudizi delle agenzie: perché gli indicatori contano davvero
Nel corso del 2025 le principali agenzie di rating hanno rivisto il profilo sovrano dell’Italia in senso più favorevole. Ad aprile S&P ha alzato il giudizio a BBB+, a settembre Fitch ha compiuto lo stesso passo, mentre a metà ottobre DBRS Morningstar è andata oltre, portando il merito di credito a A low. A maggio Moody’s ha migliorato l’outlook a positivo, lasciando invariato il rating a Baa3. È un mosaico coerente: letture differenti convergono su un’Italia che mostra disciplina fiscale e stabilità, pur con la consapevolezza di un debito ancora imponente e crescita moderata.
A fare da sfondo, la progressiva riduzione dei rendimenti in asta e uno spread sceso sotto la soglia psicologica dei 100 punti già in primavera. Il Tesoro ha collocato il nuovo Btp decennale con rendimenti scesi ai minimi di vari mesi, segnale che il costo di finanziamento si è alleggerito rispetto ai picchi del recente passato. È la fotografia di un mercato che prezza non solo il posizionamento dell’Italia, ma anche la traiettoria della politica monetaria dell’Eurozona e le attese d’inflazione.
Il nodo del deficit
Il perno della strategia, nelle parole di Giorgetti, resta il rientro del deficit sotto il 3% del Pil e l’uscita dalla procedura europea per disavanzo eccessivo. Il Consiglio Ue ha indicato all’Italia l’obiettivo di chiudere la procedura entro il 2026, con una regola d’ancoraggio sulla crescita della spesa netta. Anche dalla Bce sono arrivati segnali incoraggianti: Christine Lagarde ha riconosciuto che il Paese è vicino a rispettare il parametro, consolidando i progressi compiuti. La traiettoria, insomma, è tracciata: il compito ora è rispettarla trimestre dopo trimestre.
Nel corso dell’autunno sono maturate indicazioni più ambiziose. A inizio ottobre, documenti programmatici e dichiarazioni governative hanno prospettato un rapporto deficit/Pil al 3% già nell’anno in corso, ipotesi che, qualora confermata nei dati finali, accelererebbe il percorso di uscita dalla procedura. È un obiettivo che il ministro ha evocato più volte, legandolo a entrate robuste e all’assenza di misure straordinarie su tasse o tagli: una “normalità” di bilancio che punta a rassicurare Bruxelles e i mercati.
PNRR: cantieri, scadenze e accelerazioni attese nel 2026
Il ministro ha richiamato il Pnrr come motore di una spinta agli investimenti nel primo semestre del 2026, quando – nelle intenzioni – molti interventi dovranno arrivare a compimento. La realtà dei cantieri, tuttavia, è complessa: da un lato il governo rivendica un primato per obiettivi conseguiti e risorse incassate; dall’altro, i monitoraggi indipendenti e i dati ufficiali hanno più volte segnalato ritardi di spesa e necessità di ricalibrare progetti e tabella di marcia. La chiave, per i prossimi mesi, sarà trasformare gli impegni in avanzamento fisico misurabile.
Nel dibattito pubblico è emersa persino l’ipotesi di ripensare le scadenze, ma da Bruxelles è arrivato un altolà: la finestra del 2026 resta il riferimento, pur con margini di revisione dei contenuti. Alcune analisi giornalistiche hanno messo in fila settori in affanno e opere a rischio slittamento, mentre l’esecutivo ha ribadito che l’impulso del Pnrr resta decisivo per la crescita, a partire dalle missioni su digitalizzazione, transizione ecologica e infrastrutture. Dentro questo perimetro si colloca l’appello del ministro al sistema produttivo: farsi trovare pronto quando la spinta degli investimenti entrerà nella fase più intensa.
Il segnale dei risparmiatori
Nell’elenco dei segnali citati da Giorgetti c’è anche il successo delle sottoscrizioni del Btp Valore, indicatore concreto della fiducia dei risparmiatori. L’emissione di ottobre (20–24) ha esordito con adesioni per 5,4 miliardi nel solo primo giorno, confermando l’appeal di un titolo disegnato per il pubblico retail, con cedole trimestrali crescenti e premio fedeltà finale. Una domanda così vivace, in una settimana densa di appuntamenti finanziari, racconta l’incontro tra famiglie e debito pubblico su basi meno difensive e più programmatiche.
Il quadro si completa con il Btp Più, collocato a febbraio e chiuso poco sotto i 15 miliardi, che ha ampliato la gamma degli strumenti “di casa” per i piccoli risparmiatori, affiancando durate e profili di flusso differenti. La continuità di questi collocamenti non è solo numerica: tiene insieme la gestione del fabbisogno del Tesoro e l’inclusione finanziaria, in un contesto in cui il risparmio privato italiano continua a confermarsi un pilastro della tenuta del Paese.
Lo sguardo oltre l’incertezza: imprese e leasing in prima linea
Proprio a Milano, il Salone del Leasing ha riunito operatori, banche e istituzioni per fotografare un settore che, nei primi nove mesi del 2025, è salito del 5,2% fino a sfiorare i 26 miliardi di nuovo stipulato. In videocollegamento, il ministro ha dialogato con una platea che guarda al leasing come strumento di investimento privilegiato per Pmi e filiere, specie su beni strumentali e mobilità. Due giornate dense di tavole rotonde, con una mappa di priorità che incrocia finanza d’impresa, normativa prudenziale, trasformazioni tecnologiche e relazioni con l’Unione europea.
Dentro i numeri, la componente beni strumentali ha mostrato il passo più deciso (+15,1%), segno che le aziende non hanno smesso di investire in capacità produttiva e tecnologie nonostante l’aria rarefatta degli scambi globali. È qui che la frase del ministro prende corpo: orgoglio significa soprattutto persistenza lungo una traiettoria, sapendo che la semina di oggi – dai macchinari alla digitalizzazione – è ciò che domani disegnerà margini, competitività e occupazione. Un percorso che il settore del leasing ha rimesso sul tavolo con la concretezza dei contratti e la misura delle rate, non con gli slogan.
Domande in 60 secondi
Perché il governo ritiene credibile la discesa del deficit sotto il 3%? La scommessa poggia su entrate migliori del previsto e su un controllo della spesa coerente con il nuovo quadro Ue. A inizio ottobre, i documenti di finanza pubblica hanno indicato il 3% già per il 2025, mentre a settembre il ministro ha spiegato che il rientro potrebbe arrivare in anticipo rispetto alla rotta originaria. Se i conti finali confermeranno il target, l’uscita dalla procedura potrebbe maturare più velocemente.
Che cosa ci dicono i rating sul momento dell’Italia? Che i mercati stanno premiando la continuità. S&P ha portato il giudizio a BBB+ in primavera; a settembre Fitch ha replicato; a ottobre DBRS è salita addirittura ad A low. Moody’s ha alzato l’outlook a positivo a maggio. Sono letture diverse ma convergenti: disciplina fiscale, sistema bancario solido, spread vicino a 80 punti. Crescita modesta e debito elevato restano i punti di attenzione.
Il Pnrr può davvero spingere gli investimenti nel 2026? Il piano è la leva più potente, ma va tradotto in avanzamenti di cantiere e pagamenti effettivi. I rapporti ufficiali hanno registrato ritardi di spesa e progetti da riaggiustare; il governo rivendica comunque obiettivi centrati e flussi incassati. Da Bruxelles, però, il perimetro temporale resta quello del 2026. La differenza la faranno governance, capacità delle stazioni appaltanti e rapidità delle filiere nel trasformare i bandi in lavori.
Un finale che impegna tutti
Le parole di Giorgetti arrivano come un invito a guardare oltre il rumore di fondo. Orgoglio non è autocompiacimento: è la responsabilità di non sprecare un’opportunità. Ridurre il deficit, tenere basso lo spread, accompagnare il Pnrr fino all’ultimo miglio: sono obiettivi che passano dalla qualità delle decisioni quotidiane, dalla capacità di fare rete, dalla trasparenza dei numeri. È la misura di una fiducia che va rinnovata, non data per scontata, perché ogni traguardo è un punto di partenza, non un arrivo.
Noi abbiamo seguito questa giornata a Milano respirando un’aria di lavoro più che di celebrazione. Le piccole e medie imprese chiedono strumenti semplici e stabili, i risparmiatori risposte chiare, i territori una visione che tenga insieme crescita e coesione. Se il Paese saprà mantenere la barra su serietà e continuità, i risultati non saranno una parentesi felice ma una condizione normale. È lì che si misura la maturità di una comunità nazionale: nella scelta quotidiana di tenere fede agli impegni, anche quando nessuno applaude.
