La decisione è arrivata: Keir Starmer sarà a Belém per COP30. La partecipazione del primo ministro britannico al vertice delle Nazioni Unite sul clima in Amazzonia non è un dettaglio protocollare, ma un segnale politico netto. Il Regno Unito si presenta al tavolo che conta con la guida del governo e con l’obiettivo dichiarato di intrecciare politica climatica e crescita industriale verde. In un contesto internazionale complicato, quel “sì” alla presenza del premier pesa: mette sul piatto relazioni, scelte energetiche, commercio, competenze, lavoro. E, soprattutto, credibilità.
A Belém il percorso è chiaro: Vertice dei Leader il 6–7 novembre e, subito dopo, negoziati ufficiali dal 10 al 21 novembre, ospitati all’Hangar Convention and Fair Centre of the Amazon. È il cuore diplomatico di una COP che arriva dopo un anno segnato da nuove promesse nazionali e da molti nodi su finanza, adattamento e mercati del carbonio. La cornice logistica e di calendario è definita dagli organismi ONU e dalla presidenza brasiliana, con scadenze puntuali per accrediti e programma delle giornate.
La decisione di Downing Street e il calendario di Belém
La conferma della presenza del premier chiude settimane di incertezze e smentisce l’ipotesi, circolata in passato, di una possibile assenza. Londra sceglie così la via più esposta: esserci, prendere posizione, spingere il messaggio di “green growth” come opportunità economica, oltre che climatica. È una scelta coerente con la linea annunciata dai portavoce del governo britannico nelle ultime ore e con la pressione politica che, dentro e fuori Westminster, chiedeva una leadership visibile nella fase cruciale che precede l’aggiornamento degli impegni nazionali.
Il quadro operativo di COP30 è scandito da appuntamenti già fissati: pre-sessional dal 3 al 9 novembre, quindi sessione negoziale dal 10 al 21—con l’apertura formale di COP, CMP e CMA—e una prima settimana in cui spiccano Earth Information Day, i dialoghi su Art. 6.2, lavoro su finanza e giusta transizione. La Pre‑COP si è svolta a Brasília (13‑14 ottobre), mentre Belém ospiterà anche il segmento di alto livello. Tutto avverrà dentro un perimetro aggiornato all’ultima versione del programma ufficiale.
Che cosa conta per Londra
Sul tavolo, il Regno Unito porta un NDC al 2035 con un taglio “almeno 81%” delle emissioni rispetto al 1990 (orizzonte 2031‑2035, target su tutti i gas e i settori), già depositato a inizio 2025 presso l’UNFCCC con la documentazione ICTU. Non è un annuncio generico: è una traiettoria scritta, numerica, verificabile, che richiede politiche industriali, reti, investimenti e competenze. Presentarsi a Belém con la guida politica al massimo livello rende questo impegno più che una formula tecnica.
C’è poi la cornice più ampia. Dopo COP29 a Baku, che ha definito un nuovo obiettivo collettivo sulla finanza climatica (NCQG) e ha rimandato a quest’anno vari capitoli operativi, la rotta a Belém prevede un passaggio chiave sull’aggiornamento delle NDC 2035 e sull’attuazione del pilastro finanziario. In parallelo, l’UE ha approvato le conclusioni che fissano la posizione comune per COP30, con priorità su mitigazione, adattamento, finanza e transizione energetica. In questo mosaico, la presenza del premier britannico aumenta peso negoziale e visibilità delle proposte di Londra.
Le priorità in agenda a Belém
Chi entra nel merito del programma trova una prima settimana ricca di sessioni tecniche e dialoghi tematici: dalla giornata sull’informazione scientifica all’Ambition Dialogue su Articolo 6.2, dai focus su giustizia climatica e transizione giusta ai momenti sull’integrazione tra scienza, tecnologia e sistemi produttivi; poi il segmento di alto livello con i ministri e i capi delegazione, fino alle plenarie di chiusura. La scansione, versionata al 21 ottobre, orienta la preparazione di team negoziali, società civile e imprese.
Capitolo accessi: per il Belém Climate Summit del 6‑7 novembre servono credenziali specifiche aggiuntive rispetto alla normale registrazione ONU, con procedura straordinaria annunciata in questi giorni. Gli accrediti media dell’UNFCCC coprono solo il periodo 10‑21 novembre, mentre per il vertice dei leader la presidenza brasiliana ha fissato una deadline al 31 ottobre (ora di Brasília) per la registrazione dei giornalisti. Informazioni e modulistica sono disponibili sulle pagine ufficiali di UNFCCC e della presidenza di COP30.
Perché la presenza di Starmer pesa davvero
Il messaggio politico è lineare: il Regno Unito vuole tornare protagonista nella diplomazia climatica, presentando la transizione come motore di crescita e posti di lavoro oltre che come necessità ambientale. La scelta di essere in Amazzonia, accanto a una presidenza brasiliana che ha spinto per anticipare il vertice dei leader, valica i confini del dibattito interno e parla alle catene del valore europee, alle partnership sull’energia pulita e alla finanza mobilitata verso tecnologie e adattamento. È una presenza che dà forza alle aperture negoziali e riduce i margini di ambiguità.
Per chi ci legge dall’Italia, il segnale interessa per tre motivi pratici. Primo: coordinamento europeo—i ministri dell’Ambiente hanno appena definito la bussola comune per Belém, e la convergenza con partner G7 incide su standard, mercati e criteri finanziari. Secondo: catene di fornitura—l’orientamento britannico su rinnovabili, reti e industria green influenza scelte di investimento transfrontaliere. Terzo: finanza climatica—l’attuazione dell’intesa di Baku ridisegna strumenti e accessi, con impatti su imprese, città e territori. A Belém si entra nel vivo.
Se vi occupate di energia, industria o amministrazioni locali e avete bisogno di un brief operativo su accrediti, agenda e interlocutori, scriveteci: vi aiutiamo a prepararvi all’incontro giusto, nel momento giusto. (Sì, vale anche per Belém.)
