Con l’arrivo del freddo, nelle case tornano nasini chiusi, tosse caparbia e termometri sul comodino. Non è un allarme, ma un invito a gesti semplici e corretti: riposo, idratazione, attenzioni quotidiane. E soprattutto uno sguardo lucido sul bambino nel suo insieme, prima ancora che sul numero lampeggiante del termometro.
Sintomi e primi gesti
Le tipiche infezioni respiratorie invernali nei più piccoli – dal raffreddore al mal di gola, dalla tosse alla febbre con inappetenza e stanchezza – nella maggior parte dei casi si risolvono da sole in pochi giorni con cure di supporto. I pediatri dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ribadiscono che riposo in casa, abiti leggeri se c’è febbre e tanta acqua o soluzioni reidratanti restano i primi alleati. L’obiettivo è alleviare il fastidio e accompagnare l’organismo nel suo naturale lavoro di guarigione. In questo contesto, il paracetamolo è il riferimento per ridurre febbre e dolori; gli antibiotici servono solo se il medico li ritiene necessari, perché i virus non rispondono a questi farmaci. Lo ricordano i medici romani in un approfondimento dedicato proprio alle malattie respiratorie stagionali.
Un aiuto concreto arriva dai lavaggi nasali, soprattutto nei lattanti e nei bimbi che non sanno soffiarsi il naso: liberare le vie aeree facilita il sonno, l’allattamento e persino l’efficacia dell’aerosol quando prescritto. La procedura è semplice: soluzioni fisiologiche isotoniche o ipertoniche, flaconcini monouso o siringhe senza ago, da eseguire con delicatezza e preferibilmente prima delle poppate, del riposo o delle terapie inalatorie. L’indicazione è chiara: si tratta di strumenti sicuri anche per i più piccoli, se usati correttamente. Un piccolo rito quotidiano che vale molto più di tante parole.
Il ruolo del paracetamolo e perché gli antibiotici non sempre servono
Quando la febbre scombina ritmi e umore, il paracetamolo – dosato sul peso e secondo indicazione del pediatra – è il farmaco di riferimento per dare sollievo. Non è una gara a “far scendere i gradi”: la febbre è un meccanismo di difesa e va trattata per migliorare il benessere del bambino, non per inseguire numeri. Le schede cliniche del Bambino Gesù ricordano che la valutazione parte dallo stato generale, dai segnali di sofferenza e dalla storia clinica, non solo dalla temperatura. Capire come sta davvero il bambino è già curarlo a metà.
Dall’altra parte, gli antibiotici non sono la scorciatoia per guarire prima: nelle infezioni virali non funzionano e il loro uso non indicato può creare problemi futuri, dalla resistenza batterica agli effetti indesiderati. Anche su questo i pediatri dell’ospedale capitolino sono netti: niente fai‑da‑te, solo prescrizione medica e, quando serve, attesa vigile con le giuste cure di supporto. La buona medicina è spesso una medicina paziente.
Cosa osservare davvero
Il numero sul termometro non è tutto. Conta come il bambino respira, se beve, se gioca, se risponde agli stimoli. I medici del Bambino Gesù invitano a guardare l’insieme: idratazione frequente, abbigliamento leggero in caso di febbre, riposo a casa per contenere i contagi, ma senza forzare il letto se il piccolo è in forze. Il criterio guida è il suo benessere reale, non un valore isolato. In questo senso, lavaggi nasali e piccoli gesti quotidiani fanno la differenza nella gestione domestica.
Ci sono però campanelli che spostano l’asticella. Vanno cercati con attenzione: difficoltà respiratorie, sonnolenza insolita o scarsa reattività, dolore intenso non controllabile, peggioramento del quadro generale. E prudenza massima con neonati, prematuri e bambini con patologie croniche come cardiopatie, fibrosi cistica o immunodeficienze. In queste situazioni, si contatta il pediatra o si va in Pronto Soccorso senza esitazioni. Le indicazioni cliniche dell’ospedale romano sono esplicite e mirano a ridurre i rischi con scelte tempestive.
Respirazione, sonnolenza, dolore: segnali che non vanno ignorati
La fame d’aria (respiro affannoso, rientramenti tra le costole, fischi), la sete che non passa o il rifiuto di bere, la stanchezza estrema che non è il normale rallentamento della febbre: sono indicatori di un quadro da valutare subito. Il consiglio pratico è non fissarsi su medicioni ravvicinate della temperatura, ma su questi segnali di allarme clinico, che pesano più di mezzo grado in più o in meno. Le schede sul tema febbre del Bambino Gesù aiutano i genitori a distinguere ciò che è atteso da ciò che richiede un parere medico urgente.
Quando un piccolo con storia di prematurità o condizioni croniche fatica a respirare, non è il momento di aspettare che “passi”. Anche in assenza di febbre alta, i pediatri consigliano di rivolgersi rapidamente ai servizi sanitari. Meglio una valutazione in più che una in meno: è un principio semplice, costruito sull’esperienza clinica e su raccomandazioni che, stagione dopo stagione, hanno dimostrato di prevenire complicanze.
Prevenzione e vaccini
La difesa più solida, ricordano le autorità sanitarie, si costruisce prima. Per l’influenza 2025‑2026, la Circolare del Ministero della Salute pubblicata il 25 luglio 2025 indica l’avvio delle campagne da inizio ottobre e ribadisce l’importanza della vaccinazione a partire dai 6 mesi di vita, con offerta attiva per i bambini 6 mesi‑6 anni e per i piccoli con fragilità di qualsiasi età. L’Istituto Superiore di Sanità ha aggiornato la composizione vaccinale secondo le raccomandazioni OMS. Prevenire qui significa soprattutto evitare complicanze e ricoveri.
A inizio stagione, AIFA e strutture sanitarie ricordano anche le misure quotidiane: igiene delle mani, etichetta respiratoria, aerare gli ambienti, restare a casa quando si è malati. Sono attenzioni semplici, ma efficaci nel limitare la circolazione dei virus tra scuola, casa e luoghi chiusi. La somma di piccoli gesti fa grande differenza nei picchi invernali.
Nirsevimab e vaccino materno: cosa sapere per questa stagione
Negli ultimi due anni si è aggiunto un tassello cruciale contro il virus respiratorio sinciziale (VRS), principale responsabile della bronchiolite nei lattanti. Le società scientifiche Società Italiana di Pediatria e Società Italiana di Neonatologia raccomandano una profilassi uniforme con nirsevimab per tutti i neonati alla prima stagione epidemica, preferibilmente prima della dimissione o, per i nati fuori stagione, nel mese di ottobre. Diverse Regioni hanno già avviato o ampliato campagne con somministrazione in dose singola. Proteggere i primi mesi di vita riduce ricoveri e accessi in urgenza.
Accanto al monoclonale, l’OMS ha raccomandato il vaccino materno anti‑VRS (RSVpreF) da offrire in gravidanza, così da trasferire ai neonati una protezione immediata contro le forme gravi nei primi mesi di vita. È una strategia che i documenti internazionali indicano come prioritaria, da sola o combinata con nirsevimab a seconda dell’organizzazione dei sistemi sanitari. La prevenzione inizia nel grembo e continua nei primi respiri del bambino.
Scuola, mani pulite e stanze arieggiate: abitudini che riducono i contagi
La scuola è uno snodo di socialità imprescindibile, ma anche un luogo dove i virus circolano con facilità. Le raccomandazioni europee insistono su lavaggio frequente delle mani, corretta etichetta della tosse, ventilazione regolare e permanenza a casa quando si hanno sintomi respiratori. Sono indicazioni di buon senso, sostenute da evidenze e suggerite dalle agenzie sanitarie internazionali, che aiutano a proteggere i bambini fragili e a rendere più sostenibili i picchi stagionali. La prevenzione quotidiana è un patto di comunità.
Quando chiedere aiuto
Se il piccolo peggiora o compaiono segni d’allarme, il primo riferimento resta il pediatra. È la strada più sicura per terapie appropriate ed evitare farmaci presi in autonomia. Lo rimarca anche Sebastian Cristaldi, che guida il DEA II livello dell’ospedale romano, invitando i genitori a valutare le condizioni complessive del bambino e a cercare una valutazione clinica senza indugi quando qualcosa non torna. La tempestività è cura.
Se il medico non è disponibile e i segnali sono importanti – respiro difficoltoso, sonnolenza marcata, dolore intenso, ingestione minima di liquidi, o se parliamo di neonati e prematuri – si va in Pronto Soccorso. Le schede cliniche dell’Ospedale Bambino Gesù indicano con precisione questi scenari per facilitare decisioni rapide e informate. Meglio un controllo in più che un dubbio che resta.
Dal pediatra al Pronto Soccorso: come decidere in pratica
Nel quotidiano, la bussola è semplice. Se il bambino è vigile, beve, respira senza sforzo e i fastidi migliorano con paracetamolo e lavaggi nasali, si può restare a casa monitorando l’andamento e mantenendo contatti con il pediatra. Se invece compaiono affanno, apatia, dolore importante o se la febbre persiste e si associa a peggioramento del quadro generale, serve una valutazione clinica. Non è una gara a “tenere duro”, ma un percorso lucido tra osservazione e assistenza.
Per i lattanti e i bimbi con patologie croniche, la soglia d’attenzione deve essere più bassa. Qui l’indicazione è muoversi presto, in accordo con il pediatra, perché anche piccoli cambiamenti possono contare molto. I professionisti del DEA II livello del Bambino Gesù sottolineano che la sicurezza nasce da percorsi condivisi, non dall’isolamento domestico. Chiedere aiuto al momento giusto è un atto di cura.
Domande in un minuto
La febbre va “abbattuta” sempre e subito? No. La febbre aiuta l’organismo a difendersi: si interviene con paracetamolo per migliorare il comfort del bambino, non per inseguire un numero. Conta osservare come respira, se beve, se gioca. Se compaiono difficoltà respiratorie, sonnolenza insolita, dolore forte o il quadro generale peggiora, serve il pediatra o il Pronto Soccorso.
I lavaggi nasali servono davvero o sono un’abitudine superflua? Servono, soprattutto nei più piccoli. Con soluzione fisiologica isotonica o ipertonica, flaconcini monodose o siringa senza ago, alleggeriscono il respiro e aiutano sonno, poppate e terapie inalatorie. Vanno fatti con delicatezza e nei momenti chiave: prima di mangiare, di dormire o dell’aerosol quando prescritto.
Antibiotici per tosse e raffreddore: una scorciatoia utile? No. Queste malattie sono per lo più virali e non richiedono antibiotici. Usarli senza indicazione favorisce resistenze e rischi inutili. Affidarsi al pediatra permette terapie mirate e sicure; nel frattempo, riposo, idratazione e antipiretici come il paracetamolo sono le basi della cura a casa.
Quali protezioni in più per questo inverno? Oltre al vaccino antinfluenzale da inizio ottobre per i bambini a partire dai 6 mesi, esiste la protezione contro il VRS: nirsevimab per i neonati alla prima stagione epidemica e il vaccino materno in gravidanza, strategie raccomandate da società scientifiche e organismi internazionali. Igiene delle mani, etichetta respiratoria e ambienti arieggiati completano lo scudo.
Un inverno da attraversare con calma e vicinanza
La stagione fredda non è una prova di coraggio, ma un esercizio di attenzione: ascoltare il bambino, scegliere gesti semplici e affidarsi ai professionisti quando serve. In questa cornice, prevenzione e cura non sono opposti: la vaccinazione antinfluenzale, le misure contro il VRS e le abitudini quotidiane costruiscono un percorso che riduce rischi e ansie. È un invito alla concretezza: meno paure, più consapevolezza.
Nel nostro lavoro quotidiano di cronisti della salute, scegliamo di restare accanto alle famiglie con informazioni chiare e verificabili, citando le voci che contano: i clinici del Bambino Gesù, il Ministero della Salute, l’ISS, le società scientifiche e le agenzie internazionali. Perché nelle notti con la tosse che non passa, una guida affidabile vale quanto un abbraccio: rassicura, orienta, aiuta a decidere.
