Al Teatro Serra di Fuorigrotta, a Napoli, debutta VIPES, commedia di Angelo Perotta e Melania Pellino sulla vita degli attori. Produzione Comic Art, in scena sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025, per una serata che incrocia identità, tradizione e classici rimessi al centro con spirito contemporaneo.
Quando e dove
Il pubblico è atteso sabato 25 ottobre 2025 alle 21:00 e domenica 26 ottobre 2025 alle 18:00. L’appuntamento è al Teatro Serra, nel quartiere di Fuorigrotta, in Via Diocleziano n.316 (80125), Napoli. Due orari diversi, la stessa promessa di vicinanza col palcoscenico, per accogliere chi desidera ritrovare i classici in una forma viva e mordace. È proprio nello spazio flegreo che l’idea di valorizzare e rinnovare i testi ha preso slancio, alimentando un progetto che guarda al repertorio con occhi nuovi.
Per informazioni e contatti: teatroserra@gmail.com e 347.8051793. La produzione è firmata Comic Art e vede in scena Angelo Perotta, Melania Pellino e Francesco Barra, con direzione di scena di Carmen Sessa. Dettagli pratici e cuore artistico si incontrano: il luogo, gli orari e la squadra raccontano un invito chiaro a partecipare a un’esperienza teatrale che unisce sguardo critico e leggerezza, rimanendo fedele alla tradizione mentre la attraversa.
Una satira che interroga identità, importanza e tradizione
Questa commedia mette al centro una riflessione sulla propria identità artistica, sul senso dell’importanza in scena e sul peso della tradizione. VIPES non è soltanto un titolo: richiama l’inglese “Vibes”, cioè le vibrazioni, e contemporaneamente è acronimo di Viviani, Petito e Shakespeare. Un doppio segno che vibra e custodisce radici, trasformato in una satira affilata sulla vita dei teatranti, ispirata all’energia popolare di Antonio Petito e al suo gesto scenico capace di attraversare i secoli.
Nel cuore del lavoro c’è l’idea di misurarsi con “autorità teatrali” da rileggere e condividere con il pubblico di oggi. L’intento è quello di riaccendere la forza dei capolavori senza togliere loro peso, usandoli come specchio della condizione attoriale. Tra invenzione e frizione, VIPES mette a nudo il mestiere: discipline intrecciate, tenacia, identità in continua ridefinizione. La radice in Petito diventa una chiave, aprendo passaggi tra linguaggi diversi e restituendo in scena una vitalità capace di parlare al presente.
Tre artisti e un’audizione
La storia segue tre interpreti senza lavoro: due attori e un musicista. La convocazione è per un’audizione dedicata ai “grandi classici”. Comincia così una corsa piena di tentativi, esitazioni, invenzioni, in cui i tre provano a montare brani dei loro autori di riferimento. Tra slanci e inciampi, affiorano le crepe e la determinazione di chi cerca un varco nel sistema. L’umorismo diventa un alleato, perché dietro il sorriso si cela la domanda più tagliente: come si conquista ascolto, oggi?
Prepararsi al provino significa scavare tra decine di copioni, riaprendo pagine che hanno segnato il teatro di ogni epoca. Il trio saggia toni, sperimenta accenti, ricompone frammenti, mentre l’esito resta spesso incerto, a tratti con risultati dichiaratamente scarsi. È un gioco serio: l’arte dell’arrangiarsi diventa campo di prova per misurare ambizione e misura, disciplina e istinto. In questo alternarsi di cadute e riprese, VIPES mostra il lavoro invisibile che sorregge l’attimo luminoso del palcoscenico.
I classici in collisione: Shakespeare, Viviani e Petito
Le pagine scelte sono un viaggio nelle colonne del repertorio: dall’“Amleto” di William Shakespeare a “Fravecature” di Viviani, fino ai canovacci di Antonio Petito. Il materiale è volutamente eterogeneo, ed ecco il dilemma: come far dialogare dramma sociale e farsa? Come intrecciare il peso di un soliloquio come “Essere o non essere” con la comicità irresistibile della tradizione partenopea? La risposta prende forma in scena, con un montaggio che accosta e fa attrito, accende e spiazza.
Da questo confronto nasce un’energia che promette risate e emozioni forti, uno scarto capace di giocare con i registri senza tradirne il senso. VIPES traduce i grandi nomi in dialogo vivo, estraendo da ciascuno un punto di vista, una cadenza, un gesto. Il risultato è un’offerta teatrale che cerca un pubblico partecipe, disposto a leggere tra le righe di un mosaico dove ogni frammento – da Shakespeare a Viviani, fino a Petito – trova risonanza nell’oggi.
Uno sguardo sul mestiere dell’attore
Il cuore del progetto è anche uno sguardo lucido sulle condizioni di chi calca la scena. VIPES interroga la difficoltà di emergere in un contesto culturale in cui si resta “giovani” ed “emergenti” ben oltre i quarant’anni. Una consapevolezza che punge, ma che diventa drammaturgia: la tenacia, l’attesa, il desiderio di riconoscimento si misurano con la realtà quotidiana del lavoro creativo. La leggerezza non attenua la sostanza; la attraversa, la rende condivisibile.
Il riso funziona come un varco: alleggerisce, ma non rimuove. Così la commedia diventa occasione per guardarsi allo specchio e sentire il peso e la bellezza di un mestiere antico. Nella promessa di scatenare energia di scena, risate e vibrazioni emotive, VIPES cerca il contatto con chi ama i classici e con chi li incontra per la prima volta, invitando a riconoscere nelle loro pieghe un presente che chiede ancora parole, ritmo, responsabilità.
La squadra artistica e l’impronta produttiva
VIPES nasce “da Antonio Petito”, con regia e adattamento di Angelo Perotta, che è anche in scena insieme a Melania Pellino e Francesco Barra. La direttrice di scena è Carmen Sessa. La produzione porta la firma ComicArt. Una compagine compatta, che unisce esperienza e ascolto dei testi, dando corpo a un lavoro che sceglie il confronto diretto con i modelli, senza scorciatoie, puntando su ritmo, invenzione e memoria viva del palcoscenico.
Il percorso indicato dal regista si intreccia con una pratica costante di sperimentazione, soprattutto nel teatro scuola e nel teatro ragazzi, dove la compagnia ha affrontato temi di attualità come violenza, bullismo e legalità. Da qui la spinta a valorizzare e reinterpretare i classici, idea che ha trovato nuovo impulso dal cartellone dello spazio flegreo. Raccontare oggi i capolavori significa farli risuonare, restituendo a ogni pagina la possibilità di parlare al presente, senza perdere la forza delle origini.
