Le 50mila firme sono arrivate: una soglia che apre la strada a un progetto ambizioso, nato dal basso e costruito pezzo dopo pezzo. L’idea è semplice e potente: garantire accesso pubblico e gratuito alla psicologia, portando l’assistenza dove la vita accade. La proposta ora punta a entrare in Senato entro il 2025, con un calendario serrato.
Le 50mila firme che cambiano il passo
È un numero che pesa, quello raggiunto dalla rete civica riunita attorno all’associazione Pubblica: con 50mila sottoscrizioni si attiva l’iter di una legge di iniziativa popolare e si entra ufficialmente nel perimetro della politica. A confermarlo è la cronaca giornalistica che nelle ultime ore ha raccontato come l’obiettivo sia stato centrato e come l’approdo in Senato sia previsto entro il 2025, trasformando una mobilitazione sociale in un passaggio istituzionale concreto. Un traguardo, certo, ma soprattutto un punto di partenza per dare voce a un bisogno collettivo non più rinviabile.
Nelle parole del coordinatore nazionale Francesco Maesano si legge il senso di un lavoro lungo tre anni, condiviso con oltre 30 docenti universitari. Il richiamo è a proseguire, perché ogni nuova firma aumenta il peso politico del dossier. Nelle prossime settimane è previsto un calendario fitto: quasi 100 piazze, con più di 1.200 volontari tra volantinaggi e raccolta di sottoscrizioni sia cartacee sia digitali. L’obiettivo dichiarato è chiaro: portare la psicologia dove serve davvero, in scuole, luoghi di lavoro, sport, ospedali e spazi di cura quotidiana.
Una rete psicologica nazionale: cosa prevede la proposta e dove intende arrivare
Il cuore del testo è l’istituzione di una Rete psicologica nazionale integrata nel Servizio sanitario, con un investimento stimato in 3,3 miliardi di euro. Gli interventi indicati dai promotori toccano nodi concreti: portare l’educazione alle relazioni nelle classi e nelle palestre, rafforzare il Bonus psicologo, diffondere la figura dello psicologo di base e riformare la formazione degli operatori. È una visione di sistema, pensata per prevenire il disagio prima che diventi emergenza, violenza o malattia, e per rendere stabile ciò che oggi è frammentato e spesso lasciato all’iniziativa locale.
Nelle presentazioni pubbliche la campagna ha aggiunto un tassello cruciale: la copertura pluriennale delle misure, con l’ipotesi di attivare anche specifici capitoli europei e PNRR su progetti mirati, e l’impegno a stabilizzare personale e percorsi formativi retribuiti. È la parte meno visibile ma più decisiva: senza strutture stabili, ogni cura resta episodica. Il messaggio è netto e prova a colmare una distanza storica tra bisogni reali e risposte organizzate, mettendo a bilancio risorse, governance e responsabilità.
Bonus psicologo: aspettative altissime, risorse risicate
Il dibattito sulla proposta si intreccia con la realtà del Bonus psicologo, misura che oggi rimborsa fino a 50 euro a seduta per un massimo di 1.500 euro, in base alle fasce ISEE. Si chiede online, tramite INPS, e ha regole chiare: platea fino a 50mila euro di ISEE e graduatorie regionali. Sono indicazioni ufficiali del Ministero della Salute, che ricordano anche come il beneficio vada utilizzato entro un tempo definito, a conferma della forte domanda che ogni anno travolge gli sportelli.
La finestra 2025, aperta dal 15 settembre al 14 novembre, ha fotografato una pressione enorme: già nel primo giorno le domande hanno superato quota 70mila, a fronte di uno stanziamento intorno ai 9,5 milioni, con il rischio di coprire poco più di 6.000 beneficiari. Un quadro che INPS e cronache economiche hanno raccontato con toni allarmati, spiegando come la corsa al contributo finisca spesso per esaurire i fondi in pochi giorni. È in questa crepa che si inserisce la proposta di rete pubblica, che punta a un servizio strutturale e non emergenziale.
Dallo psicologo di base alle esperienze regionali
Non si parte da zero. Alcune Regioni hanno già mosso passi concreti sulla figura dello psicologo di base. La Campania è stata apripista con la legge regionale 35/2020 e il Regolamento 8/2022, superando anche un passaggio in Corte costituzionale che ne ha confermato la legittimità. Il modello prevede professionisti in rete con i medici di famiglia per intercettare il disagio prima che esploda, con elenchi dedicati nelle ASL e funzioni definite. È un tassello che mostra come la presa in carico territoriale possa essere organizzata e continuativa.
La mappa resta però disomogenea. Nel 2025 la Puglia ha avviato le indicazioni operative alle ASL per sperimentare incarichi semestrali in ogni Distretto socio sanitario, mentre altre realtà procedono tra leggi, delibere e sperimentazioni. Una ricognizione professionale aggiornata indica differenze marcate tra Regioni, segno che la domanda di servizi c’è ma la cornice nazionale ancora manca. È proprio questa discontinuità a cui la proposta di Rete psicologica nazionale prova a dare una risposta organica e uniforme.
Una campagna nata nella società, sostenuta da un fondo filantropico
La mobilitazione ha preso forma con il progetto “Diritto a stare bene”, scandito da tappe precise: deposito in Cassazione il 14 maggio 2025, avvio della raccolta firme il 18 giugno, chiusura fissata al 10 dicembre. Un percorso illustrato dal comitato promotore, che ha coniugato presidio digitale e presenza costante nei territori per ascoltare, spiegare, coinvolgere. È il segno di un lavoro di squadra che ha scelto di raccontare la proposta in piazza, nelle scuole, nelle amministrazioni, trasformando la raccolta firme in un dialogo pubblico a più voci.
A sostenere la macchina organizzativa c’è Project System, fondo filantropico italiano nato per affiancare l’attivismo civico con risorse finanziarie e competenze operative. La sua missione è stata descritta in modo trasparente sui canali ufficiali e raccontata anche dalla stampa nazionale, segnalando una novità nel panorama del sostegno a campagne sociali. È un dettaglio importante: senza finanziatori pazienti, molte buone idee resterebbero visioni. Qui, invece, il sostegno ha permesso di costruire un percorso stabile e verificabile.
Domande rapide, risposte chiare
Che cosa cambierà, in concreto, con la Rete psicologica nazionale? La proposta disegna un servizio pubblico capillare, con psicologi presenti nei contesti di vita: scuole, luoghi di lavoro, sport, ospedali, carceri e comunità. L’investimento stimato in 3,3 miliardi serve a stabilizzare personale, rafforzare il Bonus psicologo, diffondere lo psicologo di base e riformare la formazione, così da passare da interventi spot a una presa in carico continua e misurabile nel tempo.
Quando potrebbe arrivare la discussione parlamentare? Con la soglia delle 50mila firme superata, l’iter formale può partire. I promotori hanno indicato l’approdo in Senato entro il 2025. Ogni ulteriore sottoscrizione aggiunge forza politica alla richiesta, perché mostra un consenso crescente e trasversale. Firme e calendario, in questo caso, camminano insieme: il primo obiettivo è stato raggiunto, il secondo è all’orizzonte ravvicinato.
Il Bonus psicologo resterà centrale oppure sarà superato? Nella visione dei promotori il bonus non scompare, anzi va rafforzato e reso stabile, ma dentro un sistema pubblico che offra anche prevenzione, orientamento e percorsi continuativi. Oggi il bonus rimborsa fino a 1.500 euro in base all’ISEE, ma i fondi si esauriscono rapidamente. La rete nazionale punta a rendere l’accesso meno aleatorio e più prevedibile per chi ha bisogno.
Lo psicologo di base esiste già in Italia? Sì, ma a macchia di leopardo. La Campania ha introdotto per prima la figura con una legge regionale e relativo regolamento, confermati dalla Corte costituzionale. La Puglia nel 2025 ha dato il via alla sperimentazione con incarichi nei Distretti. Altrove si procede tra delibere e proposte. La rete nazionale intende armonizzare e mettere a sistema queste esperienze, superando le disuguaglianze territoriali.
Il passo successivo: tradurre la spinta civile in scelte stabili
Resta l’essenziale: questa campagna ha rimesso al centro la parola diritto e l’ha legata al benessere psicologico come condizione di cittadinanza. Il risultato raggiunto non è solo numerico, è una fotografia del Paese che chiede presa in carico, prossimità, continuità. Tocca ora alla politica confrontarsi con un testo scritto in anni di studio e confronto, e farlo con la serietà che merita chi attende ascolto. In mezzo, c’è la vita di persone e comunità: la differenza tra sentirsi soli e trovare, finalmente, una porta aperta.
