Attorno a Jannik Sinner si è acceso un dibattito rovente. La sua scelta di non prendere parte alla Coppa Davis di Bologna (18-23 novembre) ha spaccato opinioni e pance. Eppure, accanto alle critiche, prende corpo un fronte che lo difende con forza: voci della politica e dello sport invitano a non processare un campione.
Una decisione che fa discutere, ma racconta un calendario feroce
Il numero 2 del mondo non ci sarà nella Final 8 italiana di novembre: la priorità, ha spiegato, è prendersi una settimana in più di lavoro tra le ATP Finals di Torino e la partenza verso gli Australian Open 2026 di gennaio. In un circuito che non concede tregua, Sinner ha motivato la rinuncia come una scelta ponderata di programmazione. Il fatto è stato confermato a livello internazionale e in Italia, dove si ricorda anche il ruolo determinante dell’azzurro nei trionfi del 2023 e del 2024.
L’assenza cade a ridosso dell’evento più atteso in casa: BolognaFiere, con la SuperTennis Arena, ospiterà la rassegna dal 18 al 23 novembre. L’azzurro arriverà da una coda di stagione intensa tra Vienna, Parigi-Bercy e Torino. Un giorno in più, in quel tratto di calendario, può diventare benzina preziosa, ha fatto capire Sinner nelle sue dichiarazioni televisive. La scelta ha generato polemiche, ma anche messaggi di comprensione che invitano a guardare all’insieme e non all’episodio.
Chi lo difende: quando la politica smette di tifare contro
Nel coro di chi tende la mano spicca Matteo Salvini. Il vicepremier ha liquidato l’idea di un processo pubblico, definendo Sinner “un orgoglio italiano” e invitando a mettere da parte “rabbia e invidie da salotto”. Parole pronunciate a Milano, a margine di un appuntamento istituzionale legato al progetto del nuovo conservatorio nel quartiere Rogoredo, che hanno avuto il peso di un invito alla calma: godiamoci il campione, senza accanimenti a posteriori.
Dal mondo dello sport, il sostegno è arrivato con la sobrietà di chi conosce la pressione dell’altissima competizione. Dino Zoff ha ricordato come Sinner “porti già onori, gloria e vittorie” all’Italia, sottolineando che fermarsi un attimo può essere legittimo, specie quando la squadra di Coppa Davis ha spessore. Non un lasciapassare, ma la lettura di una scelta dentro una stagione-macchina, dove il margine tra lucidità e logoramento è spesso un filo sottile.
Tradizione contro presente: il confronto che divide i campioni
Le reazioni nel tennis, però, non sono all’unisono. Nicola Pietrangeli ha bollato il “no” come un segnale duro da digerire per lo sport italiano, con parole nette sul significato della maglia. È un punto di vista che richiama una stagione del tennis in cui calendario e rappresentativa avevano pesi diversi e distanze meno brutali. Il confronto tra epoche non è un tribunale, ma accende domande scomode: quanto può chiedere ancora la tradizione a un professionista nell’era dei dodici mesi di ferro?
Dall’altra parte, Paolo Bertolucci ha letto la decisione come prevedibile, ricordando come negli ultimi anni non siano mancati forfait illustri, da Federer a Djokovic, fino a Nadal e Alcaraz. Per l’ex capitano azzurro, il tennis moderno ruota attorno agli Slam e ai Masters 1000, mentre la Coppa Davis è scivolata più indietro nelle priorità. Un’analisi fredda, quasi contabile, che però intercetta la sostanza del calendario.
La squadra e l’istituzione: cosa dice il campo
Sul piano pratico, il capitano Filippo Volandri ha diramato la lista: Lorenzo Musetti, Flavio Cobolli, Matteo Berrettini, Simone Bolelli e Andrea Vavassori. Gli azzurri affronteranno l’Austria ai quarti nella Final 8. Nel frattempo, altre big presenteranno i loro assi: la Spagna punterà su Carlos Alcaraz, la Germania su Alexander Zverev. Il quadro degli incroci è definito, il margine d’errore inesistente: marzo non perdona a novembre.
Dal vertice federale sono arrivate parole misurate. Il presidente Angelo Binaghi ha parlato di decisione “dolorosa ma comprensibile”, ribadendo al contempo fiducia nel gruppo che ha scritto due capitoli storici consecutivi e che può ambire a un incredibile tris. L’istituzione sceglie il profilo basso e la responsabilità, ricordando che i cicli si costruiscono anche nelle assenze. Il messaggio è chiaro: nessuno è solo, quando la maglia pesa così tanto.
Bologna, il cuore della settimana più attesa
La SuperTennis Arena dentro BolognaFiere sarà la casa di questa edizione: una vetrina che lega energia di pubblico e valore simbolico di giocare in Italia. Il racconto che accompagna l’evento non può fermarsi al tabellone: pesa l’orgoglio di un movimento cresciuto attorno a risultati che hanno ridisegnato il nostro posto nel tennis mondiale. Applausi e fischi fanno rumore, ma il campo resta il giudice, in una settimana capace di cambiare umori e gerarchie.
Senza Sinner, il copione non è scritto. L’Austria è un avversario da prendere di petto ai quarti; sullo sfondo, possibili incroci con Francia o Belgio, mentre dall’altra parte sfilano Spagna e Cechia, Argentina e Germania. Chi vince non sarà “quello senza”, ma la squadra che avrà saputo reggere meglio tensione, attese e dettagli. È così che nascono le conferme: giocando, anche quando manca il volto più riconoscibile.
Domande senza giri di parole
Perché Sinner salta la Coppa Davis proprio quest’anno? La spiegazione è lineare: dopo l’impegno alle ATP Finals di Torino, l’azzurro ritiene fondamentale guadagnare una settimana piena di lavoro verso gli Australian Open 2026. In un tour che procede a strappi, quella finestra può significare qualità degli allenamenti e prevenzione degli acciacchi. È una scelta di programmazione, dichiarata pubblicamente e assunta insieme al suo team, senza retroscena, senza scuse di comodo.
Che impatto avrà l’assenza sul cammino dell’Italia? Il gruppo non riparte da zero: Volandri ha convocato Musetti, Cobolli, Berrettini, Bolelli e Vavassori, un nucleo che conosce la pressione delle partite secche e ha già costruito vittorie pesanti. Ai quarti c’è l’Austria, poi il tabellone conduce verso semifinali e finali dove conteranno profondità e doppio. Non è un salto nel buio, è un esame da affrontare con un’identità chiara.
È una mancanza di rispetto verso la maglia o un segno dei tempi? Le reazioni raccontano due sensibilità: c’è chi, come Pietrangeli, legge la rinuncia come uno strappo ideale; e chi, come Bertolucci, la inserisce in una dinamica già vista fra i grandi, con priorità sbilanciate su Slam e Masters 1000. La verità, probabilmente, sta nella convivenza di entrambe le visioni: identità nazionale e gestione professionale devono trovare un equilibrio praticabile.
Oltre la burrasca del giorno: ciò che resta
La notizia passa, ma rimangono le persone, le scelte, i pesi che ognuno porta sulle spalle. In questa storia, l’istinto è giudicare in fretta. Eppure, il nostro sguardo si ferma su un dettaglio: la maturità con cui una comunità sportiva sa tenere insieme rispetto, ambizione e realismo. Jannik Sinner ha tolto il rumore dalla sua settimana più delicata; ora tocca all’Italia dimostrare, ancora una volta, che la forza di una squadra va oltre un nome. E quello, alla fine, vale più di qualsiasi polemica.
