Una decisione arrivata nel tardo pomeriggio del 20 ottobre 2025 ha riaperto il dossier Portland: la Corte d’Appello del Nono Circuito, con un verdetto 2-1, ha dato il via libera al presidente Donald Trump per l’invio della Guardia nazionale in città, nonostante l’opposizione delle autorità dell’Oregon. Il quadro, però, resta sospeso tra diritto e realtà sul terreno.
Un via libera che riapre il contenzioso
La Corte d’Appello ha accolto la richiesta del Dipartimento di Giustizia e congelato il blocco imposto in precedenza dalla giudice distrettuale Karin J. Immergut, riconoscendo che il Presidente potrebbe aver agito legittimamente nel federalizzare 200 membri della Guardia nazionale dell’Oregon per proteggere uffici e personale federale a Portland. La maggioranza, composta dai giudici Ryan D. Nelson e Bridget S. Bade, ha rimproverato il tribunale di primo grado per non aver attribuito sufficiente deferenza alla valutazione dell’Esecutivo sul rischio. In dissenso la giudice Susan P. Graber, che ha avvertito che un simile standard rischia di erodere principi costituzionali essenziali. Lo hanno riportato in modo convergente Washington Post e CBS News, citando la motivazione del collegio.
Il via libera, tuttavia, non si traduce in un dispiegamento immediato. Resta infatti in piedi una seconda ordinanza temporanea di Immergut che, in modo separato, impedisce per ora l’arrivo di qualsiasi Guardia nazionale sul territorio dell’Oregon. Il governo federale ha già chiesto di sciogliere anche questo vincolo, sostenendo che i due provvedimenti “stanno o cadono insieme”. Secondo l’Associated Press, la decisione della giudice sarà cruciale nel determinare tempi e modalità di un eventuale intervento; fino ad allora, nessun militare potrà muoversi verso Portland.
Nella motivazione dei giudici: deferenza, proteste e Title 10
Al centro della decisione c’è l’interpretazione del Title 10 del Codice degli Stati Uniti, che consente al Presidente di federalizzare le Guardie statali quando ritenga di non poter “eseguire le leggi” con i soli mezzi ordinari. La maggioranza del Nono Circuito ha sottolineato che ai tribunali è richiesto di riconoscere un’ampia deferenza al giudizio presidenziale, valutando un arco temporale più ampio degli episodi contestati e non limitandosi ai giorni immediatamente precedenti l’ordine di settembre. In questa cornice, la Corte ha ritenuto “sostenibile” la determinazione dell’Esecutivo, in particolare rispetto alle tensioni attorno alla sede ICE di Portland. Lo riferiscono in modo coerente Washington Post e CBS News.
La dissenting opinion della giudice Graber ribalta la prospettiva: l’urgenza addotta dall’amministrazione non troverebbe riscontro nei fatti più recenti, con manifestazioni che, secondo le ricostruzioni difensive, si erano ridimensionate. Spingersi a giustificare una mobilitazione militare con proteste contenute, argomenta la giudice, significherebbe smussare tutele del Primo Emendamento e l’autonomia degli Stati sulle proprie milizie. In parallelo, Al Jazeera e il Guardian riportano le sue parole d’allarme su un possibile scivolamento istituzionale, con riferimenti anche alla creatività – a volte grottesca – di alcune proteste, a mostrare il divario tra narrazione e realtà.
Le prossime mosse giudiziarie
La partita non si chiude qui. Poco dopo il deposito dell’ordinanza, un giudice del Nono Circuito ha sollecitato un voto sull’eventuale riesame en banc, chiamando in causa l’intero plenum. Nelle ricostruzioni del Guardian si spiega che tutte le parti sono state invitate a presentare memorie entro tempi stretti, mentre Washington Post sottolinea che la stessa Graber incoraggia i colleghi a intervenire rapidamente. Un’eventuale udienza ampliata rimetterebbe in discussione l’equilibrio raggiunto dal panel, con conseguenze immediate sul cronoprogramma.
A rendere il quadro ancora più complesso è il mosaico di decisioni federali in altri Stati. Washington Post e CBS News ricordano che la Corte d’Appello del Settimo Circuito ha già bloccato un analogo dispiegamento in Illinois, creando un possibile contrasto tra circuiti. L’amministrazione ha chiesto alla Corte Suprema di esaminare quel caso, aprendo la porta a un pronunciamento di vertice sul perimetro dei poteri presidenziali in materia di impiego della Guardia nazionale dentro i confini domestici. Se accolta, la mossa dell’Alta Corte potrebbe segnare la cornice definitiva anche per l’Oregon.
Sul terreno e nella politica: voci, timori e responsabilità
Intanto, la cronaca di Portland racconta un clima teso ma non uniforme. Le manifestazioni attorno alla struttura ICE hanno alternato fasi di frizione e momenti più pacifici; l’AP segnala che gli agenti federali hanno usato gas lacrimogeni per disperdere assemblee più partecipate, mentre il filo rosso del contenzioso resta la protezione degli edifici federali e del personale. Washington Post insiste sulla scelta della maggioranza di leggere gli eventi in una prospettiva estesa, contro la visione più circoscritta adottata dal tribunale di primo grado. Due piani che, inevitabilmente, producono esiti diversi.
Le reazioni istituzionali nell’Oregon sono state immediate. Il procuratore generale Dan Rayfield ha avvertito che, se confermata, la decisione consegnerebbe alla Casa Bianca un potere quasi unilaterale di dispiegamento nelle città, mentre la governatrice Tina Kotek ha chiesto trasparenza sulla missione affidata ai militari. L’ACLU dell’Oregon ha definito deludente il verdetto, parlando di abuso politico della leva militare. Da Portland, l’Oregon Capital Chronicle riporta l’impegno del sindaco Keith Wilson a percorrere ogni strada legale per fermare l’arrivo delle truppe. Sono voci diverse, ma accomunate dalla richiesta di misure proporzionate e motivate.
Un confronto che va oltre l’Oregon
La vertenza travalica i confini statali e tocca nervi istituzionali scoperti: il bilanciamento tra sicurezza e libertà civili, l’autonomia degli Stati, il perimetro dei poteri d’emergenza riconosciuti al Presidente. Secondo AP, in California un giudice ha già ravvisato violazioni del Posse Comitatus Act in un altro dispiegamento urbano, a riprova di una giurisprudenza in movimento. Sul piano politico, CBS News ricostruisce la catena decisionale che, dal memo del segretario alla Difesa Pete Hegseth, ha portato alla federalizzazione della Guardia nazionale dell’Oregon. Un’architettura che ora viene sezionata in aula.
Reuters e Washington Post evidenziano come, nella lettura della maggioranza del Nono Circuito, il tribunale debba evitare di sostituire la propria ricostruzione dei fatti a quella dell’Esecutivo quando si discute di ordine pubblico e capacità di “eseguire le leggi”. La nota di dissenso, però, mette in guardia dal normalizzare l’impiego militare in risposta a proteste che, nel loro nucleo, restano espressioni – pur talvolta difficili – di dissenso politico. Due linee interpretative destinate a confrontarsi ancora, forse davanti alla Suprema Corte.
Domande rapide per orientarsi
Cosa ha deciso esattamente la Corte d’Appello? Con un voto 2-1 il Nono Circuito ha sospeso la prima ordinanza della giudice Immergut, ritenendo probabile la legittimità della federalizzazione di 200 membri della Guardia nazionale dell’Oregon per interventi a Portland. La Corte non ha però toccato la seconda ordinanza che, separatamente, impedisce l’arrivo di qualsiasi Guardia nazionale nello Stato. In sostanza: via libera sul principio, ma dispiegamento ancora fermo finché quel secondo blocco non verrà sciolto dal tribunale distrettuale.
Quando potrebbero arrivare i militari in città? Non subito. Il Dipartimento di Giustizia ha chiesto di revocare la seconda ordinanza, e la decisione della giudice Immergut farà da spartiacque. Testimonianze locali raccolte dall’Oregon Capital Chronicle indicano che le prossime 24-72 ore potrebbero chiarire l’orizzonte operativo, ma tutto dipende dall’esito processuale. Fino ad allora, nonostante il via libera d’appello, nessun reparto può essere dispiegato sul territorio di Portland.
Quali norme regolano la scelta della Casa Bianca? Il riferimento è al Title 10 del Codice federale, che permette al Presidente di portare in servizio federale le Guardie statali quando ritenga impossibile far eseguire le leggi con i mezzi ordinari. La Corte ha richiamato un ampio margine di deferenza verso la valutazione presidenziale, considerando non solo i giorni immediatamente precedenti ma il contesto complessivo delle proteste alla struttura ICE. È un terreno tecnico, dove parole e tempi pesano quanto i fatti.
Cosa può accadere ora sul piano legale? È in campo la richiesta di riesame en banc al Nono Circuito, che potrebbe rimettere il fascicolo davanti a un collegio allargato. In parallelo, un caso gemello in Illinois ha già prodotto un esito opposto al Settimo Circuito e l’amministrazione ha chiesto l’intervento della Corte Suprema. Se gli ermellini entreranno nel merito, potrebbero fissare i confini dei poteri presidenziali in modo uniforme per tutti i tribunali federali.
Oltre il verdetto: una città, un Paese, la misura del limite
In questa pagina d’America si legge un conflitto antico: sicurezza e libertà che si guardano negli occhi, ciascuna temendo di perdere qualcosa. A Portland, la vita quotidiana scorre accanto alle aule di giustizia, dove si decide se la divisa debba entrare o restare alla porta. Il nostro sguardo resta fisso su quel varco sottile: chiediamo scelte motivate, proporzionate, comprensibili. Perché le parole di oggi diventeranno precedenti domani, e la linea tra ordine e diritti, una volta spostata, è difficile da riportare indietro.
