Una fabbrica che nasce e un’identità che si ricompone: a Ziyang, tra linee di montaggio lucide e sguardi curiosi di dealer da tutto il mondo, Morbidelli ha mostrato il nuovo passo. Un racconto che unisce il gesto italiano del progetto e il ritmo industriale cinese, con l’Europa come bussola commerciale e la pista come orizzonte emotivo.
Un ponte fra due mondi
Nei giorni battezzati “Morbidelli Days”, andati in scena nel sud-ovest della Cina, abbiamo assistito a una presentazione che aveva il sapore dei momenti fondativi: un brand storico che rilegge se stesso, davanti a giornalisti e partner di più continenti, spiegando come intenda crescere senza rinnegare le proprie radici. Lì, nel nuovo sito di Ziyang, la narrazione è tornata semplice: l’idea in Italia, la produzione in Cina, la distribuzione pensata per l’Europa. Un progetto che si misura con ambizioni chiare e che, già dal tono dell’evento, fa intendere una volontà di permanenza e coerenza, più che di semplice incursione sul mercato.
L’aggancio all’Italia non è un vezzo retorico: a Budrio (Bologna) è operativo un presidio tecnico-stilistico, il “Centro Stile” dove si disegna, si valida e si custodisce l’impronta estetica del marchio. È la stessa traiettoria raccontata in occasione del rilancio a EICMA 2024 con le T352X, T502X e F352, quando la memoria sportiva di Giancarlo Morbidelli è stata messa al servizio di prodotti pensati per la strada di oggi. La rinascita, nata dall’acquisizione da parte di MBP/Keeway Group nella primavera 2024, si è tradotta in una regia industriale più ampia e in un centro nevralgico in Emilia, per garantire continuità di stile e sviluppo.
Dentro Ziyang: dove la produzione intelligente diventa quotidiana
Il nuovo impianto di Ziyang è stato presentato come un ecosistema produttivo digitale: 70.000 metri quadrati in cui linee automatizzate, controlli qualità assistiti da algoritmi e monitoraggio in tempo reale danno ritmo a un processo che vuole essere veloce, adattabile e misurabile. Nella prima fase la capacità dichiarata è di 230.000 moto l’anno, con un step successivo verso il mezzo milione. A livello di gruppo, l’obiettivo scandito è superare il milione di unità annue entro il 2028: una traiettoria che, nel disegno, unisce più poli produttivi e una supply chain integrata.
Il tassello di Ziyang dialoga con altri cantieri industriali: in Jiangsu, a Hailing (Taizhou), è partito un progetto per una base “new energy” con potenzialità annue fino a 300.000 unità tra moto tradizionali ed elettriche, pensata come centro intelligente e quartier generale. Mentre la stessa area di Ziyang consolida la propria vocazione all’export nei veicoli leggeri, con le due ruote smart firmate Keeway che aprono rotte commerciali fuori dalla Cina. Questi indizi, letti insieme, raccontano un network produttivo che distribuisce specializzazioni e volumi, tenendo il cuore del design in Italia.
Dalla matita alla strada
In fiera, tra Milano e Verona, il brand ha già lasciato tracce concrete: all’edizione 2024 di EICMA il rilancio ha messo in vetrina i modelli T352X, T502X e F352; al Motor Bike Expo 2025 a Verona sono state esposte proposte adventure e cruiser, a testimoniare una gamma che prova a toccare bisogni diversi, dalla città al viaggio. Secondo i dati condivisi internamente durante gli incontri in Cina, l’offerta internazionale conta una quarantina di modelli e in Italia è già presente una dozzina di varianti, distribuite tra naked, crossover e scooter, in un perimetro pensato per dare continuità ai mercati europei.
La spinta commerciale è accompagnata da iniziative dedicate a stampa e dealer. Nel marzo 2025, sulle colline bolognesi, la T1002VX è stata fatta provare su percorsi reali con centinaia di chilometri in condizioni meteo variabili: non un lancio glamour, ma un banco di prova per raccontare comfort, dotazioni e affidabilità alla velocità della cronaca. Scelte così parlano a un pubblico maturo, che chiede sostanza e manutenzione della promessa, e rendono tangibile quella sintesi fra heritage e tecnologia che il marchio rivendica da mesi.
Competere, ancora: l’eredità in pista che torna a pulsare
Il ritorno alle corse, annunciato durante i Morbidelli Days, segue una linea di coerenza: ingresso come sponsor in Moto2 e Moto3 e nascita di un reparto interno dedicato. Non è solo marketing: è un invito a misurarsi ogni weekend con tempi, affidabilità e scelte tecniche sotto pressione, là dove ogni dettaglio rivela la verità di un progetto. Il calendario non lo decide la nostalgia, ma la voglia di rimettere alla prova un nome nato in pista e cresciuto nel lavoro quotidiano di officina e laboratorio.
C’è anche un sapore speciale: nel 2025 cade il cinquantesimo anniversario del primo titolo mondiale del marchio (1975). Un segno forte, che riporta la memoria a un’Italia che inventava e vinceva, e che oggi tenta di riscrivere il proprio posto nel paddock globale. Le cronache ricordano sette titoli iridati tra piloti e costruttori; altre ricostruzioni parlano di un palmarès che raggiunge quota otto nelle classi leggere. Al di là dei conteggi, quel patrimonio emotivo resta il motore invisibile di questa ripartenza.
Prospettiva europea
L’Europa resta il banco di prova. Nelle parole dei manager intervistati a margine dell’inaugurazione, i primi risultati in Italia, Spagna e Francia confermano che il baricentro commerciale è qui. Il presidio di Budrio orchestra design e prodotto, mentre la rete si allarga sfruttando competenze distributive consolidate, anche grazie alle sinergie con canali già attivi su altri marchi del gruppo. Un passaggio non secondario: costruire mercato non è piantare bandierine, ma mettere persone e ricambi dove servono, con tempi e qualità credibili.
Il dialogo con i motociclisti europei, spesso esigenti e talvolta diffidenti, si vince mostrando i fatti. La tecnologia disponibile oggi sulle medie cilindrate, l’evoluzione dei controlli elettronici e una dotazione di serie completa sono armi concrete. Lo hanno osservato anche test e presentazioni tecniche in questi mesi, nati per far vedere cosa c’è sotto la vernice. La strada è lunga, ma la direzione è leggibile: progetto chiaro, rete solida, continuità del prodotto nel tempo. È così che una promessa diventa abitudine.
Domande per orientarsi in un attimo
Cosa cambia davvero con il nuovo stabilimento di Ziyang? La novità è nella scala e nel metodo: linee automatizzate, controlli qualità digitali e una capacità che parte da 230.000 moto/anno con un secondo step verso 500.000. È un’infrastruttura pensata per crescere, orchestrata con altri poli produttivi del gruppo e con il baricentro creativo rimasto a Budrio. In pratica, si accorcia il tempo tra progetto e strada, e si stabilizza il livello qualitativo su volumi industriali.
Quanto conta l’Italia dentro questa strategia globale? Conta nei fatti: in Emilia c’è il Centro Stile e l’R&D, dove si decide il linguaggio del prodotto e si validano le scelte tecniche. Gli eventi europei, da EICMA al Motor Bike Expo, sono stati usati per confrontarsi con un pubblico competente e per costruire una rete che parli la lingua dei rider locali. Italia ed Europa non sono scenografia, ma il metro con cui misurare credibilità e coerenza nel tempo.
Perché tornare a correre proprio adesso? Perché la pista restituisce in modo spietato ciò che una fabbrica promette: affidabilità, velocità di sviluppo, capacità di reazione. L’ingresso in Moto2 e Moto3 come sponsor, con un reparto corse dedicato, riannoda il filo con l’identità di un marchio nato sulle carene, nel cinquantenario del primo titolo. È un messaggio a chi guarda: non ci accontentiamo di dichiarare, vogliamo dimostrare sotto i semafori.
Qual è la rotta commerciale nei prossimi anni? Il gruppo ha indicato un obiettivo industriale ambizioso, oltre il milione di unità annue entro il 2028, sostenuto da più siti in Cina e da un presidio europeo focalizzato su medie cilindrate e scooter evoluti. La strategia passa per reti locali affidabili, assistenza concreta e un portafoglio modelli capace di parlare a città e viaggio. Se i tempi e la qualità resteranno coerenti, la rotta è già tracciata.
Una scia che resta
Ci sono presentazioni che svaniscono in fretta, e poi ci sono giornate che restano. Quello visto in Cina somiglia alla seconda categoria: luci abbassate, rumore di motori in lontananza, visi stanchi e contenti dopo chilometri di navette e visite in fabbrica. Morbidelli non promette un colpo di teatro, ma la persistenza di un’idea semplice: la passione non basta, serve un’organizzazione che la regga ogni giorno. È su questo che si gioca la partita.
Noi abbiamo cercato sguardi, non slogan. E nei dettagli – una saldatura pulita, una vernice uniforme, un tecnico che spiega con calma – abbiamo trovato il senso di questo nuovo corso: l’orgoglio di un nome italiano che accetta la sfida del mondo. Se il racconto diventerà abitudine, lo diranno le moto che vedremo scorrere sotto i portici, sulle tangenziali, nei tornanti d’Europa. Il resto, com’era, lo scriverà la strada.
