In mezzo al clamore sul calo del traffico e alla paura per il tramonto del modello tradizionale di Internet, Paolo M. Luino invita a cambiare sguardo. L’intelligenza artificiale non sta cancellando il web: lo sta costringendo a maturare. La sfida è creare contenuti che non si lasciano comprimere in poche righe perché densi, articolati e pieni di sostanza.
Il web cambia, non crolla
Mentre in Italia molte testate rilanciano l’allarme sulla perdita di visite, Luino suggerisce di uscire dal panico e di leggere il fenomeno con lucidità. Da general manager EMEA di Kitsune, network internazionale di digital marketing attivo in Europa, Stati Uniti ed Emirati Arabi, osserva come i nuovi sistemi di risposta basati sull’IA — dalle panoramiche generate dagli AI Overviews di Google agli assistenti conversazionali — stiano ridisegnando la scena della visibilità online. Il calo di click non dipende dalla scomparsa delle ricerche: accade perché sempre più spesso è l’algoritmo a rispondere prima dei siti. Se un brand non diventa la fonte a cui l’IA attinge, finisce ai bordi della conversazione digitale.
Il principio operativo è diretto, quasi brutale: gli algoritmi leggono, interpretano e sintetizzano ciò che incontrano. Quanto più povero è l’input, tanto più povero sarà l’output. Restano in primo piano i contenuti lunghi, completi, aggiornati, con un’architettura solida e coerenza interna. Tutto ciò che è superficiale, ripetuto, privo di contesto — dal pezzo breve alla notizia duplicata — scivola fuori dall’attenzione. Nel nuovo ecosistema, la qualità non è un’opzione editoriale: è il prerequisito per esistere.
Dalle keyword alla conoscenza: costruire contenuti che le AI non comprimono
La bussola indicata da Luino è netta: servono contenuti che l’IA non riesca a riassumere senza tradirne il senso. Pezzi che richiedono tempo e intelligenza, densi di argomentazioni, dati, interpretazioni, capaci di generare valore a una profondità che sfugge al riassunto automatico. L’obiettivo è ambizioso e concreto insieme: creare pagine che restino necessarie, che l’algoritmo non possa liquidare in un paragrafo senza perdere informazioni essenziali, e che per questo rimangano visibili, citabili, utili.
Questo spostamento di sguardo comporta una scelta editoriale precisa: smettere di inseguire frammenti e abbracciare una logica di conoscenza. Non basta comparire; bisogna contare. Diventare “la fonte” significa fornire contenuti in grado di alimentare le risposte dell’IA e, insieme, di meritare il click umano perché aggiungono contesto, prospettiva, esempi, sfumature che nessun compendio istantaneo può restituire. In questo equilibrio si gioca la nuova visibilità.
Il potere delle query a coda lunga
La via operativa passa dalle ricerche più specifiche e articolate, le cosiddette query a coda lunga. Qui il bisogno informativo è più profondo e la domanda non si esaurisce con un riassunto. Sono ricerche che nascono nel cuore di un processo decisionale e chiedono risposte precise, contestualizzate, pratiche. È in questo territorio che l’IA fatica a chiudere in una frase ciò che invece richiede spiegazioni, confronti, esempi, alternative.
Presidiare queste query significa guadagnare due posizioni insieme: intercettare utenti con un intento alto, spesso già vicini a una scelta o a un acquisto, e dimostrare competenza reale nel proprio settore. Quando un contenuto guida l’utente attraverso le pieghe di una domanda complessa, l’algoritmo lo riconosce e lo valorizza. L’autorevolezza non si proclama: si conquista rispondendo bene a domande difficili.
Tre ricadute strategiche delle ricerche complesse
Scegliere di lavorare sulle query articolate produce effetti concreti e misurabili. Innanzitutto, si creano contenuti che resistono ai riassunti automatici dell’IA e conservano visibilità diretta, perché indispensabili alla comprensione. In secondo luogo, si intercettano utenti maturi, con bisogni definiti e maggiore propensione alla scelta. Infine, ogni risposta di qualità rafforza il posizionamento del brand come fonte affidabile, consolidando una reputazione che dura oltre la volatilità delle tendenze e degli aggiornamenti algoritmici.
Questi tre vantaggi si sostengono a vicenda: la visibilità non mediata genera traffico qualificato; il pubblico qualificato alimenta segnali di qualità; i segnali di qualità migliorano il riconoscimento dell’autorevolezza, che a sua volta aumenta la probabilità di essere citati dagli stessi sistemi di IA. È un circolo virtuoso costruito sulla sostanza: più il contenuto è necessario, meno è comprimibile, più resta.
Una strategia robusta: dati proprietari, profondità e un canale video coerente
Per Luino non siamo davanti a un collasso, ma a una “selezione naturale” del web. Il marketing tattico basato su keyword e campagne lampo offre solo lampi di visibilità. Il nuovo scenario premia ciò che è solido, non la vetrina. Chi oggi investe in dati proprietari, in una libreria di contenuti di profondità e in un canale video coerente, costruisce un presidio digitale resistente: un patrimonio editoriale che non si dissolve al primo cambio di algoritmo e continua a produrre valore nel tempo.
Questa impostazione richiede metodo, pazienza e visione. Dati strutturati per nutrire insight e contenuti; approfondimenti capaci di coprire gli argomenti in modo completo; una presenza video che traduca la competenza in un linguaggio immediato e credibile. È un investimento che protegge dall’effimero e consolida il capitale informativo dell’impresa. Quando il contenuto regge, l’algoritmo non decide il tuo destino: lo riconosce.
Un percorso già tracciato
Già mesi fa, Paolo M. Luino aveva delineato questa direzione con tre interventi che hanno avuto ampia risonanza nel marketing digitale. Nel primo, dedicato all’impatto degli AI Overviews, ha annunciato il tramonto della SEO tradizionale e introdotto il concetto di Search Ecosystem Optimization: un approccio che supera il motore di ricerca come unico perno e considera l’intero ecosistema informativo in cui i contenuti vivono, vengono letti, citati e redistribuiti.
Nel secondo ha definito il modello Content Everywhere, capace di trasformare ogni contenuto in un asset riutilizzabile e coerente su più canali. Nel terzo ha presentato un vero playbook per le imprese, basato su tre pilastri concreti: un archivio di dati proprietari, una biblioteca di contenuti di profondità e un canale video autorevole. Un percorso che oggi trova conferma nella realtà quotidiana di ricerche, risposte automatizzate e scelte degli utenti.
Invito alle imprese e profilo
Il messaggio finale è chiaro: reagire all’allarme non basta e fa perdere terreno. Chi comprende le logiche dell’ecosistema guidato dall’IA e le traduce in strategia guadagna autorevolezza. Non inseguire keyword, ma costruire conoscenza: è questo che i sistemi intelligenti premiano, perché consente loro di rispondere meglio. E quando un’azienda diventa fonte di contenuto necessario, non subisce l’innovazione: la orienta.
Paolo M. Luino, 63 anni, torinese, è general manager EMEA di Kitsune.pro e Kitsune.ae, agenzie attive in Stati Uniti, Europa ed Emirati Arabi, specializzate nel digital marketing per i settori health, legal e industry. Considerato tra i maggiori esperti internazionali di posizionamento e visibilità online, segue direttamente clienti in tre continenti. La sua traiettoria professionale alimenta la stessa tesi che propone: quando si investe in contenuti essenziali, aggiornati e completi, la visibilità non è un effetto collaterale, è una conseguenza naturale.
