Nell’estate 2025 il tessuto produttivo italiano ha ritrovato spinta: tra luglio e settembre lo stock d’impresa cresce di 16.920 unità. A fare la differenza sono le società di capitali e i servizi più specialistici; restano invece in affanno i comparti tradizionali. Una fotografia che chiede attenzione e invita a guardare oltre il dato immediato.
Il polso di un Paese che torna a crescere
Tra luglio e settembre, il Registro delle imprese delle Camere di Commercio rileva 61.257 nuove iscrizioni e 44.337 cessazioni: il saldo di +16.920 attività fissa il tasso di crescita al 0,29%, un gradino sopra lo 0,26% registrato nell’estate 2024. È la misurazione di Movimprese, l’osservazione trimestrale curata da Unioncamere e InfoCamere, che restituisce l’immagine di un’Italia capace di rimettere in moto l’iniziativa economica, pur con velocità diverse tra comparti e strutture societarie. Un segnale di vitalità che non grida, ma che si sente, e che conta perché avanza con costanza e metodo.
La ripresa estiva nasce da una doppia spinta: la prevalenza delle imprese nate in forma societaria (responsabili dell’86% dell’incremento) e il contributo dei servizi ad alto contenuto professionale, che da soli pesano per l’80% dell’aumento trimestrale. Allo stesso tempo, resistono i freni: le imprese individuali mantengono attrattività in termini di iscrizioni, ma incidono poco sul saldo; i comparti storici, dal manifatturiero al commercio fino all’agricoltura, restano in affanno. Un quadro coerente con la traiettoria vista nei mesi precedenti, quando il secondo trimestre aveva offerto il miglior bilancio degli ultimi cinque anni.
La spinta delle società di capitali e il passo incerto delle altre forme
Il motore vero e proprio della stagione è rappresentato dalle società di capitali, che aggiungono 14.548 unità e avanzano dello 0,75%, un progresso che rafforza, seppur di poco, il ritmo del 2024. Questa forma giuridica rimane la preferita dai neoimprenditori perché consente di strutturare l’attività, attrarre risorse e gestire la crescita con maggiore flessibilità. Non è un cambio di umore del mercato, ma un cambio di postura dell’impresa, che sceglie strumenti più robusti per stare in campo.
Le imprese individuali continuano a catalizzare la maggioranza delle nuove iscrizioni (il 57% del totale), ma il loro apporto netto si ferma a +3.507 unità, per un tasso di crescita trimestrale dello 0,12%. Diversa la traiettoria delle società di persone, che proseguono il ridimensionamento: -1.370 unità e tasso a -0,17%. Il disegno complessivo conferma la tendenza già osservata in primavera: anche allora il baricentro della spinta arrivava dalle società di capitali, mentre le altre forme faticavano a tenere il passo.
Specializzazione e servizi: dove corrono le nuove attività
Guardando ai settori, il rialzo più marcato in termini percentuali appartiene alle attività finanziarie e assicurative (+1,56%), seguite dalla fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (+1,43%) e dall’istruzione (+1,06%). Segnali robusti arrivano anche da noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+0,81%) e dal trasporto e magazzinaggio (+0,70%). È l’Italia delle competenze che cresce, sostenuta da filiere ad alta specializzazione, un profilo che i dati ufficiali avevano messo in evidenza anche nel trimestre precedente.
Se il passo più incisivo è nei servizi evoluti, il contributo più pesante in valori assoluti arriva dalle costruzioni (+3.317 imprese), seguite da alloggio e ristorazione (+2.797) e dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (+2.489). Commercio e manifattura restano invece sostanzialmente fermi (entrambi vicini a -0,03%), segno che nei comparti tradizionali il ciclo richiede ancora interventi mirati e tempo per dispiegare effetti. Uno schema che riecheggia le dinamiche dell’estate 2024, quando gli stessi segmenti mostravano un andamento quasi piatto.
Artigiani, una ripartenza che conta
Nel perimetro artigiano si registra l’inversione più attesa: il saldo del terzo trimestre 2025 tocca +1.888 unità, per un tasso di crescita dello 0,15%, ben sopra lo 0,09% dello stesso periodo del 2024. È una risalita che vale doppio perché rompe una serie di stagioni difficili e suggerisce che le piccole produzioni stanno ritrovando mercato e fiducia, con un traino tornato visibile nelle attività operative sul territorio. Nel 2024, lo stesso perimetro aveva contribuito al saldo generale con un incremento più contenuto.
A spingere la risalita è soprattutto il mondo delle costruzioni artigiane (+1.224 imprese, pari al +0,25%), mentre persistono le criticità nell’artigianato manifatturiero (-707 unità). È il cantiere come immagine di un Paese che riparte dalla manualità e dalla prossimità: piccoli imprenditori che riaprono porte, investono nella dotazione strumentale e cercano di riconquistare spazi dopo anni di rincari e incertezze. La tenuta di questa tendenza, però, dipenderà dalla capacità di consolidare commesse e margini, nonché dall’accesso a competenze tecniche sempre più richieste.
L’Italia dei territori: differenze che diventano slanci
La crescita è diffusa e abbraccia tutte le macro-aree. Il Centro è il quadrante più dinamico per tasso di sviluppo (+0,35%) con il secondo miglior saldo in valore assoluto (+4.221 imprese). Sud e Isole mettono a segno il contributo numericamente più consistente (+6.202) e un tasso dello 0,31%, sostenuti in particolare dalla Sicilia (+0,45%). È un’Italia che si muove insieme, ma con accenti diversi, e ricalca la geografia del trimestre primaverile, quando i quadranti centrali e il Mezzogiorno avevano mostrato un dinamismo sopra la media.
Guardando alle regioni, spicca il Lazio con il tasso di crescita più elevato (+0,49%), mentre la Lombardia guida per saldo assoluto (+3.330 imprese). Tra le province emergono Ragusa (+0,67%), Roma (+0,57%) e Milano (+0,55%). Il rafforzamento della Capitale non è episodico: già a fine giugno 2025 Roma aveva registrato il miglior saldo imprenditoriale del Paese nel trimestre, segnale di un ecosistema che sta capitalizzando il momento e che ora trova ulteriore conferma nei numeri estivi.
Segnali da leggere, al di là dei numeri
Restano sul tavolo le criticità dei settori più maturi: manifattura e commercio segnano nel trimestre una crescita prossima allo zero, mentre l’agricoltura continua a scontare margini compressi e una domanda irregolare. È un profilo che avevamo già incrociato a inizio anno, quando il primo trimestre risultò sostanzialmente stabile, con saldi negativi concentrati proprio nelle forme d’impresa meno strutturate e nei comparti tradizionali. L’estate non cancella le fragilità, ma indica una direzione che richiede politiche e strumenti mirati per trasformare il rimbalzo in consolidamento.
Un elemento da tenere a mente riguarda la lettura statistica: da aprile è entrata in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, integrata nelle visure camerali. Non cambia la sostanza dei risultati qui analizzati, ma rende più nitida la fotografia delle attività economiche, incrociando meglio le nuove specializzazioni con il perimetro dei codici. Per chi osserva la demografia d’impresa, significa disporre di strumenti di osservazione più aderenti all’economia reale, a beneficio di analisi e decisioni.
Le domande in tasca
Di quanto è cresciuto lo stock di imprese nel terzo trimestre 2025? Il saldo tra iscrizioni e cessazioni è di +16.920 unità. Significa che, a fronte di 61.257 nuove attività e 44.337 chiusure, la base imprenditoriale italiana allarga il perimetro dello 0,29% rispetto a fine giugno. È un passo in avanti misurato ma concreto, superiore allo 0,26% dello stesso periodo del 2024, utile a consolidare fiducia e aspettative per l’ultimo scorcio dell’anno.
Chi guida davvero la crescita? Il baricentro sono le società di capitali, responsabili della quasi totalità dell’aumento: +14.548 unità nel trimestre e tasso a +0,75%. Le ditte individuali tengono alta la natalità ma incidono poco sul saldo (+3.507, +0,12%), mentre le società di persone arretrano (-1.370, -0,17%). È la conferma che la crescita più stabile passa da modelli organizzativi più strutturati e scalabili.
Quali settori si stanno muovendo meglio? In testa ci sono le attività finanziarie e assicurative (+1,56%), la fornitura di energia (+1,43%) e l’istruzione (+1,06%). In valori assoluti primeggiano le costruzioni (+3.317), seguite da alloggio e ristorazione (+2.797) e dalle professioni tecniche (+2.489). Commercio e manifattura restano pressoché fermi, un promemoria su dove si concentrano le sfide più urgenti in termini di competitività.
Dove si cresce di più a livello territoriale? Tutte le macro-aree sono in attivo. Il Centro guida per tasso (+0,35%), mentre Sud e Isole segnano il saldo più alto (+6.202) grazie anche alla Sicilia (+0,45%). Il Lazio mette a segno il tasso regionale migliore (+0,49%), la Lombardia è prima per contributo assoluto (+3.330). Tra le province brillano Ragusa, Roma e Milano, tutte con aumenti percentuali sopra la media.
Una traiettoria da custodire, con lo sguardo lungo
Questa estate imprenditoriale racconta un’Italia che non ha smesso di provarci: costruisce, innova, mette a frutto il capitale umano lì dove la specializzazione crea valore. Le società di capitali e i servizi mostrano la via, gli artigiani tornano a rialzare la testa, i territori più dinamici diventano trascinatori. Perché la spinta non si esaurisca, serviranno politiche coerenti, credito accessibile e formazione che trasformi competenze in risultati.
Noi continuiamo a leggere i numeri tenendo stretto il legame con le storie che li generano. Dietro ogni iscrizione c’è un progetto, dietro ogni cessazione c’è una scelta non sempre voluta. Il compito di chi racconta l’economia è dare voce a entrambi, senza semplificare. E oggi, davanti a un saldo che torna a crescere, scegliere di vedere il lavoro, l’impegno, la pazienza: sono loro a tessere, giorno dopo giorno, la trama di questa ripartenza.
