Quando tutto traballa, c’è chi resta. “Ti cola il trucco” di Cino Cino racconta questa fedeltà, radicata e silenziosa, che non pretende nulla e ricuce il fiato. In un presente che scivola via, il cantautore sardo sceglie la vicinanza come gesto semplice e, insieme, profondamente rivoluzionario.
Le bussole
Ci sono compagni di strada che non si spostano di un passo mentre il trucco scende a righe, gli specchi sembrano incrinarsi e il respiro si accorcia. Cino Cino li chiama bussole: presenze che, quando perdiamo l’orientamento, ci riportano al nostro centro. Non chiedono spiegazioni, non pronunciano sentenze, non misurano l’affetto su performance o risultati. Stanno, semplicemente. In un’epoca che esalta la velocità e pretende di rimuovere la fragilità, questa disponibilità a rimanere diventa un atto quasi controcorrente, un gesto che salva dal rumore e dalla solitudine. È da qui che nasce il cuore del racconto: l’importanza di chi rimane, senza condizioni, quando il resto scivola via come acqua sulla pelle.
“Ti cola il trucco”, ottavo inedito del percorso solista del cantautore sardo, non rincorre mode né pose, ma alza il volume su un tema che oggi attraversa tutti, anche al di fuori della musica. Viviamo un tempo in cui la permanenza è l’eccezione: relazioni, lavori, luoghi cambiano in fretta e spesso si dissolvono. Il linguaggio comune si è riempito di termini come ghosting e burnout, mentre mostrare l’umanità delle proprie crepe è ancora percepito come un rischio. Questo brano sposta l’attenzione: non la fuga, ma la presenza; non l’apparire, ma l’ascolto; non la perfezione, ma la verità di chi rimane accanto.
Dal crying make-up al bisogno di presenza: il contesto emotivo in cui nasce il brano
Negli ultimi due anni, il racconto della vulnerabilità ha trovato strade nuove: dai trend social che immortalano lacrime e mascara che cola, fino a podcast e serie che trattano la sfera delle relazioni come luogo di cura o di abbandono. Su TikTok, i contenuti legati al crying make-up hanno messo insieme decine di milioni di visualizzazioni, segno di una curiosità crescente verso immagini e storie che non nascondono ciò che normalmente si preferisce custodire. Mostrarsi per come si è, anche quando fa male, è diventato materia di racconto collettivo.
Il brano di Cino Cino entra in questo scenario ma lo ribalta. Non eleva a estetica la lacrima né cerca l’effetto del trucco colato: mette al centro la concretezza di chi resta quando tutto vacilla. In un vocabolario quotidiano invaso da ghosting e burnout, la canzone sceglie di raccontare la permanenza e la presenza attiva. È una narrazione che parla a un pubblico ampio, non soltanto a chi segue la musica, perché riguarda un bisogno elementare: avere accanto qualcuno che non scappa al primo temporale.
Scrittura e suono
La scrittura è arrivata di getto, in pochi giorni, ma porta sulle spalle anni di vissuto. Le parole sono in primo piano, sostenute da arrangiamenti ridotti all’essenziale e da un impianto pop rock sobrio, che lascia spazio al respiro del testo. Le immagini sono nitide e quotidiane: una pioggia estiva che sorprende, lenzuola sgualcite, sguardi puntati tra stelle fredde. Ogni elemento serve a comporre un quadro emotivo vicino e riconoscibile, privo di ornamenti inutili, dove ciò che conta è l’impatto della storia.
Il ritornello afferma, senza giri di parole, che anche con il trucco che cola chi resta accanto non ha bisogno di filtri per brillare. Non c’è celebrazione dell’apparenza: c’è il riconoscimento di chi sa guardarci per ciò che siamo, unici e irripetibili, senza dover ritoccare l’immagine o cercare frasi di circostanza. La scelta di una struttura minimale amplifica l’effetto delle parole, che emergono senza sovrastrutture; il ritmo le accompagna senza schiacciarle, e così le frasi si fissano nella memoria con naturalezza, come confidenze sussurrate all’orecchio.
Un percorso artistico che approda a un’intimità più nitida con Ti cola il trucco
Dietro Cino Cino c’è Andrea Careddu, musicista con oltre vent’anni di esperienza, voce e chitarra dei Magar, finalisti a Rock Targato Italia 2017 e protagonisti di festival e rassegne nazionali. Dal 2021 ha scelto una strada solista e indipendente che oggi conta otto inediti, tra cui “Selvaggia e chimica”, “Come rose a novembre” e “Graffi sui muri”. Ogni tappa ha aggiunto un tassello, affinando un linguaggio personale capace di tenere insieme energia dal vivo e cura del dettaglio, fino a questa nuova canzone.
Con “Ti cola il trucco” l’artista raggiunge la sua firma più intima: unisce l’esperienza maturata sui palchi con la libertà della scrittura personale. Ha cercato un suono diretto e pulito, che non coprisse mai il senso del testo; una canzone nata d’impulso, ma abitata da tutte le persone che hanno fatto la differenza nella sua vita. È un lavoro che non si nasconde dietro soluzioni facili: preferisce mostrare l’essenziale, perché lì si incontra davvero chi ascolta. E in questo equilibrio di misura e sincerità, l’impatto emotivo resta al primo posto.
Un invito a restare
Come il mascara che scivola dalle ciglia senza celare il volto, “Ti cola il trucco” rivela la bellezza che affiora quando cadono le apparenze. In tempi di presenze intermittenti e attenzione a intermittenza, la canzone invita a esserci davvero, per intero. È un inno sommesso alla vicinanza che non pretende maschere, alle bussole che ci riportano al centro quando pensiamo di avere perso il nord, a quella mano ferma che ci riancora mentre tutto il resto perde forma. E ci ricorda che la cura è un atto quotidiano.
L’appello che attraversa il brano è semplice e potente: scegliere la permanenza dove domina la fuga, la cura dove vince il disincanto. Non c’è retorica, c’è un invito concreto a restare sul posto, a condividere il peso dei giorni e la leggerezza delle ripartenze. Essere presenti è il gesto più radicale che possiamo offrirci: per chi amiamo e per noi stessi. È qui che “Ti cola il trucco” trova il suo respiro più profondo e la sua ragione di esistere.
