Parlare di cultura, oggi, significa entrare nel cuore pulsante del Paese. A Milano, durante Futura, nuovi sguardi per la Cultura, la riflessione si è fatta concreta: serve metodo, visione e un disegno capace di sostenere la bellezza senza disperderla, come ha rimarcato il presidente di Fondazione Fiera Milano, Giovanni Bozzetti, nel tavolo dedicato all’economia della cultura.
Un appello che nasce a Milano
Nella cornice del Teatro alla Scala, il 18 ottobre 2025, l’iniziativa promossa dall’assessore regionale Francesca Caruso ha riunito istituzioni, studiosi, direttori di musei e protagonisti delle arti per fare il punto su priorità e prospettive del settore. Il programma ufficiale ha previsto, tra gli altri, gli interventi del ministro Alessandro Giuli, di Paola Antonelli del MoMA e di Michael Govan del LACMA, a conferma di un confronto internazionale non di facciata ma di sostanza. Nel calendario, il tavolo “Economia della cultura” ha dato il tono alla giornata, ponendo al centro efficienza, investimenti e impatto sociale della filiera culturale.
La presenza di Giovanni Bozzetti in veste di presidente di Fondazione Fiera Milano ha aggiunto la prospettiva di chi vive ogni giorno l’incrocio tra impresa, innovazione e patrimonio. Bozzetti guida la Fondazione dal 1° agosto 2025, data di insediamento del nuovo Consiglio Generale, in seguito alla ratifica del Consiglio regionale della Lombardia del 25 luglio. Un passaggio di testimone che ha rafforzato la vocazione della Fondazione a sostenere il sistema fieristico e i progetti culturali con una regia attenta alla sostenibilità economica e alla ricaduta sul territorio.
Razionalizzare senza disperdere: come governare l’over-culture
Nel Paese, la ricchezza dell’offerta è evidente, ma non sempre equilibrata. I dati ufficiali rilevano in Italia oltre 4.400 luoghi del patrimonio tra musei, monumenti e aree archeologiche nel 2022, con una prevalenza di musei e raccolte; una “galassia” che supera le 4.500 istituzioni considerando anche gli istituti similari. Una forza, certo, che comporta però costi gestionali significativi e una domanda talvolta discontinua: da qui l’idea di razionalizzare, cioè organizzare meglio, integrare pubblico e privato, costruire reti e destinazioni diffuse, senza rinunciare alla qualità. Misurare, selezionare, coordinare diventa allora un atto di responsabilità.
La fotografia più recente dei flussi racconta numeri imponenti, con i luoghi della cultura statali che nel 2024 hanno registrato oltre 60,8 milioni di ingressi e una crescita di introiti superiore al 20%. Ma grande domanda non significa automaticamente buona distribuzione: i picchi turistici concentrati in pochi poli generano squilibri, mentre altrove l’offerta fatica a raggiungere le comunità e i visitatori. Il tema della governance torna centrale, come dimostrano sperimentazioni di gestione dei flussi nei centri più esposti.
In questo quadro, alcune città stanno testando strumenti per governare l’overtourism: a Venezia, il contributo di accesso per i visitatori giornalieri è stato esteso nel 2025 a un maggior numero di date, con fasce differenziate in base alla prenotazione e un sistema di registrazione digitale. Sono misure che non risolvono da sole, ma segnalano un cambio di approccio: meno improvvisazione, più programmazione e dati per calibrare l’afflusso e sostenere i servizi.
Le fiere come diplomazia
Nel suo intervento, Bozzetti ha richiamato la funzione delle fiere come luoghi di incontro, scambio e, soprattutto, di diplomazia economica e culturale. Non semplici vetrine, ma piattaforme dove le PMI si misurano con mercati e idee, costruendo relazioni che hanno effetti duraturi su export, filiere e competenze. I numeri del sistema milanese parlano chiaro: ogni anno, le rassegne generano circa 47 miliardi di vendite nelle principali filiere del Made in Italy, con 4,3 miliardi di ricadute sul territorio lombardo, sostenendo oltre 36mila imprese espositrici e 4,5 milioni di visitatori professionali.
È tra i padiglioni che il Made in Italy prende parola e si racconta al mondo, trasformando l’energia delle imprese in patrimonio condiviso. In questa dimensione di comunità temporanea, Bozzetti ha ricordato anche un costume del passato: quando la Fiera Campionaria dettava il ritmo della città e le scuole, per un giorno, si fermavano, invitando i ragazzi a scoprire un’altra aula fatta di invenzioni, prototipi, mestieri. Uno sguardo che oggi si rinnova nel dialogo fra creatività, tecnica e formazione, con l’obiettivo di far crescere cittadini e professionisti consapevoli.
Una storia che continua: archivi, televisione, palcoscenici
Il legame tra Fondazione Fiera Milano e la città vive anche nella cura della memoria. L’Archivio Storico della Fondazione conserva documenti dal 1920, riconosciuti di notevole interesse storico e capaci di restituire un secolo di trasformazioni: oltre un chilometro lineare di carte, più di 500mila fotografie, centinaia di manifesti, decine di migliaia di volumi e cataloghi. Un patrimonio che la Fondazione sta digitalizzando e rendendo accessibile, perché la storia industriale e sociale di Milano continui a parlare al presente.
C’è poi la relazione, tutta milanese, tra fiere, musica e media. Nel 1946 il Palazzo dello Sport della Fiera – oggi Palazzo delle Scintille – si trasformò in teatro per ospitare la stagione della Scala, con migliaia di spettatori e decine di rappresentazioni, simbolo di rinascita civile e culturale. Anni dopo, la Fiera diventò vetrina e laboratorio per la RAI, con mostre, padiglioni e le storiche trasmissioni sperimentali del 1952 durante la Campionaria. Tracce di una vocazione: condividere il nuovo, farlo vivere, restituirlo alla città.
Guardare oltre i confini: collezioni in viaggio e nuovi progetti
Selezionare, coordinare, mettere in rete: razionalizzare significa anche aprirsi. Portare collezioni e progetti all’estero può creare valore, moltiplicare pubblico e risorse, rafforzare competenze. Esistono già infrastrutture e alleanze su cui innestare nuovi tasselli: il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, l’unico museo pubblico italiano dedicato alla fotografia, custodisce un patrimonio superiore ai 2 milioni di opere; la rete Museimpresa riunisce oltre 150 musei e archivi d’impresa, piattaforme ideali per raccontare il lavoro, la creatività, l’innovazione. Sono basi concrete per immaginare un progetto dedicato a fotografia e impresa, come auspicato da Bozzetti.
Una programmazione che metta insieme archivi d’impresa, linguaggi visivi e città internazionali può generare cicli espositivi itineranti, formare nuovi pubblici e creare alleanze durature. La spinta viene anche da appuntamenti che valorizzano la dimensione archivistica come risorsa per il futuro, dal calendario di festival e reti specializzate alle collaborazioni con università e centri di ricerca. Un cantiere operativo che, se guidato con cura, può trasformare la nostra abbondanza culturale in un sistema più coeso e competitivo.
Domande in tasca
Cosa significa concretamente “razionalizzare” l’offerta culturale? Vuol dire dare ordine senza togliere respiro alla creatività. Significa mappare ciò che esiste, evitare duplicazioni, collegare istituzioni grandi e piccole, scegliere priorità chiare, programmare tournées e progetti condivisi, misurare risultati con dati pubblici e trasparenti. È un’operazione che chiede coraggio e metodo: meno frammentazione, più continuità, più formazione, più servizi per chi visita e per chi lavora nella cultura, con obiettivi verificabili e responsabilità definite.
Rendere l’offerta più efficiente non rischia di “tagliare” la bellezza? No, se l’obiettivo è far circolare la bellezza, non rinchiuderla. Razionalizzare non è sinonimo di ridurre, ma di coordinare. Si tratta di mettere in rete energie e competenze, sostenere i luoghi che funzionano, aiutare quelli fragili con strumenti mirati, costruire partenariati equilibrati tra pubblico e privato. Le collezioni possono viaggiare, i professionisti possono crescere, le comunità trovare nuovi modi per partecipare, nel segno di una fruizione più accessibile e consapevole.
Perché le fiere sono decisive anche per la cultura? Perché sono una palestra viva dove prodotti, idee e persone si confrontano e crescono. Nei quartieri fieristici le imprese si raccontano, la creatività incontra i mercati, le città attirano investimenti e saperi. Qui si stringono alleanze, nascono progetti, si sperimentano linguaggi. Ogni edizione alimenta un patrimonio immateriale fatto di relazioni e competenze: un capitale che, tornando nei territori, sostiene teatri, mostre, biblioteche, scuole, generando impatto economico e sociale duraturo.
Come si porta la cultura italiana all’estero senza svuotare i musei? Con programmazioni “a fisarmonica”: calendari che alternano periodi di mostra e rientro delle opere, prestiti ben assicurati, produzioni digitali di qualità, collaborazioni con istituzioni ospitanti che finanzino servizi e restauri. È essenziale curare mediazione culturale e didattica, così che ogni tappa diventi racconto del Paese e non mera esposizione. L’obiettivo è duplice: far conoscere i nostri patrimoni e, insieme, rafforzare le condizioni per custodirli meglio.
Un impegno che chiede coraggio
Guardare oltre l’oggi è la sfida che attraversa questa stagione. Le parole di Bozzetti arrivano al termine di una giornata che ha intrecciato istituzioni, musei, imprese e artisti, e che ha visto anche la sottoscrizione del protocollo “L’arte in Comune” tra Ministero della Cultura, Regione Lombardia e ANCI Lombardia, con l’obiettivo di sperimentare nuovi strumenti di prossimità culturale. È un segnale di metodo: programmi condivisi, responsabilità diffuse, radicamento territoriale, apertura internazionale.
Fondazione Fiera Milano ha dichiarato di voler fare la propria parte con una visione che intreccia cultura, innovazione, Made in Italy e comunità. La strada indicata è chiara: trasformare l’abbondanza in valore, l’entusiasmo in progetto, la memoria in futuro. Lì, dove la città incontra il mondo, la cultura torna ad essere non solo identità e bellezza, ma anche lavoro, studio, impresa, crescita civile. Un patto di responsabilità che chiede continuità, ascolto e scelte nette.
