Milano si prepara a due notti di pura spettacolarità: il 19 e 20 ottobre l’Unipol Forum accoglie Lady Gaga con “The Mayhem Ball”, show che intreccia musica e moda in un racconto visivo travolgente. Un viaggio nel caos ordinato, tra crinoline monumentali, pizzi scarlatti e giacche militari scolpite per la scena.
Milano, il teatro del caos
Le due date italiane all’Unipol Forum sono attese da mesi e hanno riacceso la febbre da live: l’annuncio è arrivato a fine marzo, con vendita prioritaria e poi generale, mandando in tilt le code digitali e alimentando una caccia al biglietto senza tregua. Diversi media italiani hanno raccontato una disponibilità ridotta a fronte di una domanda enorme, con tagliandi volatilizzati e prezzi spinti dalla richiesta. È il ritorno in Italia dopo sette anni, in un’arena che promette intimità scenica e controllo millimetrico dei dettagli di uno spettacolo costruito in atti.
Nelle ore che precedono il debutto milanese, l’arrivo della popstar in città ha già dettato l’umore estetico: tacchi estremi e silhouette “ballet goth” in rosa, firmati da una collaborazione tra Christian Louboutin e Matières Fécales, hanno acceso i riflettori sull’immaginario che la cantante porta in scena in questa era. L’insieme — look total pink con accessori neri — conferma la traiettoria gotica e romantica che guida anche il tour, tra teatralità e citazioni couture. Un prologo in corsivo che anticipa il tono delle serate.
Una sartoria d’assalto: chi orchestra i look
Dietro il guardaroba di “The Mayhem Ball” c’è una squadra che unisce famiglia, ricerca e scena. La curatela vede in prima linea Natali Germanotta (Topo Studio) e Hunter Clem, affiancati dal duo Hardstyle di Peri Rosenzweig e Nick Royal: una cabina di regia che ha tradotto l’estetica dell’album in costumi gotici e operistici, tra iconografia religiosa, silhouette scultoree e innesti metallici. Sul fronte scenografico, l’universo visivo dialoga con la produzione ideata da Es Devlin e Jason Ardizzone-West, con il contributo tecnico di TAIT e Jet Sets.
I capi custom nascono dall’intreccio di mani e immaginari: Sam Lewis, Athena Lawton, Manuel Albarran, Dilara Findikoglu, Francesco Risso per Marni e Matières Fécales, con pezzi aggiuntivi di Seth Pratt, Gyouree Kim e Louis Verdad. Gli accessori attingono a maison come Chrome Hearts e ai guanti-scultura di Yaz XL, mentre il capitolo calzature miscela Stuart Weitzman e stivali Steve Madden alterati a mano dalla designer Lacey Dalimonte, con cristalli applicati ad hoc da Disco Daddy Studio.
Un racconto in costumi: crinoline, veli e metallo
Il sipario si apre nel segno di una regina in velluto cremisi: una struttura crinolina come una gabbia d’acciaio a più piani, progettata da Jet Sets e realizzata da Samuel Lewis, Athena Lawton e William Ramseur. È un’architettura indossabile che convoca il teatro dell’eccesso e rimanda, con spalle a prosciutto e corsetteria elisabettiana, al costume di Thierry Mugler per Lady Macbeth del 1985. La tensione tra controllo e caos è già dichiarata, molto prima che le note di “Bloody Mary” definiscano l’altare sonoro.
Da qui il lessico si fa rituale. Le mani, i veli, i metalli. L’icona pop torna a dialogare con i propri fantasmi e con i simboli che l’hanno ossessionata fin dagli esordi, mentre l’abito diventa protesi narrativa. È moda che respira, scricchiola, si incrina, e poi riparte come ingranaggio di scena. Ogni passaggio è scritto nella stoffa, nelle cuciture che corrono come vene, nelle impunture che trattengono e liberano a tempo di musica. Un manifesto di intenzioni che inaugura un percorso denso, stratificato, intensamente fisico.
Dal rosso McQueen alla scacchiera di “Poker Face”
Tra i rimandi più potenti c’è il pizzo rosso di Alexander McQueen dalla collezione Joan autunno/inverno 1998, lo stesso immaginario che Lady Gaga indossò ai VMAs 2009. Qui rinasce come apparizione che mette in cortocircuito martirio, fama e rinascita. Subito dopo, la scena si trasforma in scacchiera vivente: è l’omaggio alla sfilata It’s Only a Game (primavera/estate 2005), con danzatori pedine e una partita contro il proprio doppio. Moda come guerra psicologica.
Il montaggio è serrato e coreografico: lampi di nero lucido, ricami a rete, geometrie che tagliano l’aria, mentre la voce ondeggia fra confessione e sfida. Nel duello di “Poker Face” rivediamo l’ossessione per il doppio: l’immagine specchiata, la regina e l’antagonista, la mossa finale che spazza via l’illusione. Tutto torna, tutto si scarta, tutto si riscrive in una coreografia che è anche scrittura critica del proprio mito, direttamente sul corpo.
Il lato oscuro e la grazia: Wednesday, “Paparazzi”, opera
Quando la scaletta scivola su “Zombieboy”, l’estetica cita Wednesday Addams: nero assoluto, rose cremisi e una malinconia disciplinata che anticipa la vena narrativa della nuova stagione a cui l’artista ha partecipato come cameo. È la stessa grammatica visuale che, in “Paparazzi”, sfodera stampelle cromate e un’armatura che ricompone la performer in scena, evocando i totem del 2009 e trasformandoli da ferita in trofeo.
La teatralità tocca poi un registro operistico: mantello nero con cappuccio e una messinscena che rimanda a The Phantom of the Opera, mentre la barca scivola come su un fiume di luce e le candele colano alla ricerca di un volto da nascondere. Qui il pop diventa aria, e la canzone si fa dialogo con il proprio alter ego, in un cerchio che si chiude non per sconfiggere il caos, ma per abitarlo.
La giacca militare e l’ombra del re del pop
La connessione con la storia dello spettacolo passa anche per la disciplina del taglio. Durante “Shadow of a Man”, Lady Gaga appare in una military jacket su misura di Louis Verdad, cesellata da croci di cristalli e code che sfiorano il pavimento, un’evocazione studiata delle uniformi del tour Dangerous di Michael Jackson. È un passaggio che sovrappone persona e personaggio, gesto e narrazione, in un gioco di rimandi tra potere e vulnerabilità.
Questa citazione non è un esercizio di stile: è un ponte tra genealogie della performance. Nelle linee tese della giacca, nel braccio segnato da fasce e cordoni, pulsa un’idea di palcoscenico come officina del mito, dove ogni riferimento vive e muta. Il passato non è museo, ma materiale vivo che si contamina, diventa costume e coreografia, si intreccia a una nuova drammaturgia pop.
Artigianato e dettagli: a passo di cristalli
Il vocabolario delle scarpe è un romanzo a parte. Tra le presenze più riconoscibili compaiono stivali Steve Madden modificati a mano da Lacey Dalimonte con borchie, cinghie e hardware lucente; e i modelli di Stuart Weitzman rivestiti di cristalli grazie alla lavorazione di Disco Daddy Studio. Un lavoro di customizzazione che rende il passo elemento narrativo, tra bagliori coreografici e utilità scenica. Anche i momenti di apparente essenzialità — dalla ballerina al tacco — sono orchestrati per lo sguardo live.
La costellazione degli accessori estende la drammaturgia: tra i riferimenti ricorrenti figurano maison come Chrome Hearts e guanti extra-long di Yaz XL, che spingono la silhouette verso una dimensione quasi scultorea, coerente con l’impianto operistico dello show. Sono tocchi che sigillano l’ibridazione tra haute couture e performance art, ricucendo tradizione e sperimentazione sartoriale dentro una partitura che non smette mai di sorprendere.
Tra palco e archivio: gli omaggi che pesano
Nel cuore del tour emergono anche prestiti dal proprio archivio. A New York, sul palco del Madison Square Garden, l’artista ha riportato in scena l’iconica giacca “Born This Way” firmata dal costume designer Thomas Knight (Tom Tom Fashion), già immortalata nell’era 2011: vernice dorata a mano, stud, unicorno. Un gesto di memoria che parla a una generazione e dialoga con l’energia nuova di “Mayhem”.
Quel ritorno non è un semplice tuffo nel passato, ma un passaggio di testimone tra epoche. Indossata sopra bodysuit e calze a rete, la giacca assume il ruolo di cimelio attivo, capace di far vibrare vecchie e nuove liturgie da arena. È l’ennesimo modo con cui Lady Gaga usa il costume come frase musicale, come pausa e come accento, dentro una partitura che non teme stratificazioni.
La colonna sonora dello show
La scaletta di “The Mayhem Ball” è un viaggio stratificato: dai classici “Just Dance”, “Poker Face”, “Bad Romance” alle nuove pagine dell’album, tra cui “Abracadabra”, “Zombieboy”, “Disease” e “Killah”. In chiusura, spesso, l’abbraccio collettivo di “How Bad Do U Want Me” suggella la catarsi. Un impianto in atti che alterna ballate e ritmi serrati, con innesti scenici capaci di ribaltare senso e percezione.
Non è un semplice best of, ma un montaggio emotivo che rilegge l’intera traiettoria di Lady Gaga attraverso il prisma di “Mayhem”, uscito a marzo. La risposta della critica internazionale ha sottolineato teatralità ed energia, con assetti che cambiano leggermente di serata in serata, a conferma di un cantiere vivo. Ogni atto è un varco, ogni variazione una nota a margine di un racconto che si nutre di rischio.
Dentro il Forum: cosa potrebbe accadere
Le tappe europee delle scorse settimane hanno mostrato come il tour prediliga il paradosso: scheletri danzanti, dottori della peste sensuali, gabbie e crinoline giganti, con una regia che chiede allo spettatore di lasciarsi andare più che di decifrare. Milano non farà eccezione: la grammatica è quella della sorpresa, dell’eccesso orchestrato, della risata che scivola nel brivido. Un invito alla resa, al puro godimento del gioco scenico.
L’arena di Assago, con il suo perimetro denso e il catwalk proteso tra il pubblico, è il luogo ideale per questa liturgia pop. La scelta della dimensione indoor permette un controllo minuzioso — luci, automazioni, proiezioni — che dà coerenza al caos apparente. È qui che moda e musica trovano la loro stessa misura: una scala umana che rende visibile ogni cucitura, ogni respiro, ogni sussurro.
Domande lampo, risposte vere
Le date milanesi sono confermate e dove si tengono? Sì: domenica 19 e lunedì 20 ottobre 2025 all’Unipol Forum di Assago, come indicato dal calendario ufficiale della venue. Due appuntamenti che riportano Lady Gaga in Italia dopo sette anni, all’interno dell’itinerario europeo di “The Mayhem Ball”. L’organizzazione locale ha scandito prevendite e vendita generale tra fine marzo e inizio aprile, anticipando un’affluenza imponente e una gestione dei flussi digitale molto serrata.
I biglietti sono andati esauriti? La disponibilità è stata estremamente limitata rispetto alla domanda fin dai primi giorni, con file virtuali record; diverse testate italiane hanno raccontato tagliandi esauriti e difficoltà d’accesso alla vendita. Nelle settimane successive sono emersi solo posti in rivendita, segno della corsa agli ingressi che ha accompagnato le tappe italiane del tour, annunciate a fine marzo e in calendario il 19 e 20 ottobre.
Quali look iconici ci si può aspettare sul palco? La crinolina cremisi a gabbia d’acciaio, i rimandi a McQueen — dal pizzo rosso “Joan” alla scacchiera di “It’s Only a Game” —, la giacca militare di Louis Verdad che rievoca Michael Jackson, il mantello nero con cappuccio ispirato al Fantasma dell’Opera, le stampelle cromate di “Paparazzi”. L’intero impianto costumi è stato pensato come racconto in atti, con firme e lavorazioni artigianali di rara precisione.
Chi firma gli abiti e gli accessori? La curatela è di Natali Germanotta (Topo Studio), Hunter Clem e del duo Hardstyle (Peri Rosenzweig, Nick Royal). Tra i creatori: Sam Lewis, Athena Lawton, Manuel Albarran, Dilara Findikoglu, Francesco Risso per Marni, Matières Fécales. Accessori e calzature includono Chrome Hearts, Yaz XL, modelli Stuart Weitzman personalizzati da Disco Daddy Studio e stivali Steve Madden modificati da Lacey Dalimonte.
Un epilogo in velluto cremisi
Alla fine, resta l’immagine di una donna che rilegge se stessa per frammenti e ricami, senza paura di sporcarsi le mani con i propri simboli. Milano è il palcoscenico perfetto per questo rito moderno: due sere in cui la moda non accompagna la musica, ma la scrive insieme a lei. È un patto con il pubblico, un invito a perdersi nella sala per ritrovarsi diversi all’uscita.
È questo il terreno che amiamo raccontare: quando la cultura pop diventa esperienza concreta, quando il dettaglio sartoriale vibra come una nota, quando la cronaca si fa narrazione e la notizia abita i sensi. In queste ore meneghine, la promessa è chiara: due atti d’amore per chi crede che un costume possa farci comprendere una canzone, e una canzone possa farci ricordare come vogliamo apparire al mondo.
