L’immunoterapia contro il melanoma mostra un profilo di efficacia più netto quando viene somministrata al mattino, e lo suggeriscono dati solidi maturati nel lungo periodo. Il tema riaccende l’attenzione sul “quando” delle cure, oltre che sul “cosa”, e si intreccia con i risultati aggiornati del programma CheckMate 238 presentati a Berlino.
Il tempo conta: perché la mattina fa la differenza
Negli esiti di una valutazione post‑hoc condotta sulla popolazione dello studio di Fase III CheckMate 238, la somministrazione dell’immunoterapia prima delle ore 13 è risultata associata a una performance clinica migliore e a una tollerabilità più favorevole rispetto alle infusioni pomeridiane. Il segnale, emerso su pazienti con melanoma ad alto rischio resecato trattati in adiuvante, fa pensare a un ruolo del ritmo circadiano nelle risposte ai checkpoint inibitori e apre una pista di ricerca concreta da esplorare con studi dedicati. Le indicazioni sono state condivise nel corso del congresso annuale della European Society for Medical Oncology, in programma a Berlino dal 17 al 21 ottobre 2025, dove il lavoro è stato presentato da Paolo Ascierto dell’Università Federico II e dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli.
Il tema della “cronoterapia immunologica” non è isolato. Analisi retrospettive su melanoma e altre neoplasie hanno osservato esiti peggiori quando le prime infusioni avvengono stabilmente nel pomeriggio: in una coorte con malattia avanzata, ricevere tutte le prime quattro somministrazioni nel pomeriggio si è associato a una sopravvivenza globale inferiore rispetto a chi iniziava al mattino; un’ulteriore casistica su melanoma ha riportato un trend simile e un ampio studio monocentrico su 516 pazienti non ha trovato impatti su sopravvivenza e PFS, pur rilevando lievi differenze di risposta con infusioni dopo le 16. Questi dati, letti insieme, indicano una pista plausibile ma non conclusiva, da verificare in modo prospettico.
CheckMate 238: cosa resta dopo oltre nove anni di osservazione
Lo studio CheckMate 238 ha arruolato 906 pazienti con melanoma resecato ad alto rischio, randomizzati a ricevere nivolumab oppure ipilimumab per un anno in adiuvante, con follow‑up prolungato nel tempo. All’analisi con data cutoff del 12 novembre 2024 e un minimum follow‑up di 107 mesi, presentata al congresso ESMO 2025 e pubblicata contestualmente sul New England Journal of Medicine, nivolumab ha confermato un vantaggio sostanziale e durevole in recurrence‑free survival (RFS) e distant metastasis‑free survival (DMFS) rispetto a ipilimumab, con beneficio osservato in molteplici sottogruppi.
Guardando alle curve nel lungo orizzonte temporale, i tassi di RFS a 60, 84 e 108 mesi con nivolumab si attestano rispettivamente al 51%, 46% e 44%, contro il 39%, 38% e 37% con ipilimumab. Anche la DMFS mantiene un margine favorevole a nivolumab, con valori a 108 mesi del 54% contro il 48%. Per la overall survival, la mediana non è ancora stata raggiunta in entrambi i bracci, con un trend a favore di nivolumab; inoltre, la “PFS2” a 108 mesi mostra un 55% contro il 47%, indicando che l’adiuvante con PD‑1 non penalizza la sensibilità alle terapie successive.
Mattino, sistema immunitario e tollerabilità: il filo che unisce i dati
La fotografia che emerge è coerente: nivolumab, inibitore di PD‑1, consolida il suo ruolo in adiuvante con un profilo di beneficio‑rischio complessivamente favorevole rispetto a ipilimumab. Nella stessa coorte, l’analisi esploratoria sull’orario ha suggerito che programmare le infusioni prima delle 13 si associa non solo a un risultato clinico più stabile, ma anche a una minore frequenza numerica di eventi avversi correlati al trattamento rispetto alla somministrazione pomeridiana. Una suggestione coerente con quanto riportato da più gruppi indipendenti, che hanno ipotizzato un dialogo tra orologio biologico e risposta ai checkpoint.
Va detto con chiarezza: la relazione tra timing dell’infusione e outcome non è ancora un nuovo standard. Studi retrospettivi su melanoma, polmone e rene segnalano benefici quando si concentra l’avvio delle somministrazioni al mattino; altre analisi, più ampie e “real life”, attenuano il segnale sul fronte di PFS e OS pur registrando piccole differenze nelle risposte obiettive quando le infusioni slittano oltre il tardo pomeriggio. Una meta‑analisi a livello di studi, che ha valutato tumori in stadio avanzato, ha comunque quantificato un impatto del time‑of‑day sull’efficacia degli ICI. Il messaggio operativo, oggi, è di buon senso clinico: quando possibile, collocare le prime infusioni nelle ore mattutine.
Il contesto scientifico e il valore per i pazienti
Il percorso di CheckMate 238 ha scandito le tappe della rivoluzione immunoterapica in adiuvante: prima la superiorità su RFS e DMFS rispetto a ipilimumab nelle analisi a 4 e 5 anni; poi la conferma di durabilità con un follow‑up oltre i nove anni, nella cornice della ESMO di Berlino e con la pubblicazione sul New England Journal of Medicine. Nomi e sedi contano: l’autorevolezza delle piattaforme scientifiche, unite a un dataset numericamente robusto, rafforza la credibilità dei risultati e la loro traducibilità nella pratica clinica quotidiana.
Nel nostro lavoro giornalistico abbiamo incrociato i numeri con le fonti: dai resoconti specialistici di Targeted Oncology e CancerNetwork, che riportano le percentuali di RFS e DMFS a 108 mesi, alle analisi metodologiche su PubMed e alle sintesi divulgative che hanno chiarito il significato clinico di PFS2 e dei trend di OS. Il quadro è coerente: nivolumab resta un cardine dell’adiuvante nel melanoma resecato ad alto rischio, mentre l’ipotesi del “mattino che aiuta” appare plausibile e merita conferme prospettiche.
Domande in primo piano
Somministrare al mattino è già una raccomandazione ufficiale?
No. Il vantaggio del mattino emerge da analisi post‑hoc e studi osservazionali; servono trial prospettici dedicati per trasformarlo in indicazione formale.
Il beneficio di nivolumab in adiuvante è confermato nel lungo periodo?
Sì. Con oltre nove anni di osservazione minima, si confermano vantaggi su RFS e DMFS rispetto a ipilimumab, con tassi a 108 mesi favorevoli e un trend di OS a favore di nivolumab.
Che cosa significa PFS2 e perché è importante qui?
È la sopravvivenza libera da progressione alla seconda linea: indica che l’adiuvante non compromette le opzioni successive. In CheckMate 238, a 108 mesi, i tassi sono più alti con nivolumab.
Il congresso ESMO 2025 dove si svolge e perché è rilevante?
È ospitato a Berlino dal 17 al 21 ottobre 2025; è la vetrina europea dove vengono condivisi i dati più maturi e potenzialmente pratico‑cambianti in oncologia.
Le storie dei pazienti ci insegnano che ogni dettaglio conta. Se il mattino aiuta l’immunoterapia a esprimere il suo potenziale, vale la pena organizzare l’assistenza in quella direzione quando logisticamente possibile, senza trasformare un indizio in dogma. Nel frattempo, la traiettoria di CheckMate 238 parla di una terapia—nivolumab—che ha retto alla prova del tempo. È qui che la cronologia incontra la cura: non solo quanto a lungo viviamo, ma come costruiamo quel tempo.
