Parole giuste, responsabilità condivisa e una rete che tenga insieme ricerca, associazioni e comunità: è da qui che passa il cambiamento nella cura delle malattie rare. Nell’incontro di Trento, la voce di Francesca Demichelis richiama tutti a un linguaggio comune, capace di informare con precisione e, allo stesso tempo, di accogliere chi vive la malattia ogni giorno.
Un patto di linguaggi per le malattie rare
Nel cuore dell’Itas Forum di Trento, la riflessione prende forma attorno a un’idea semplice e potente: nelle malattie rare la comunicazione non è un dettaglio, è parte della cura. Francesca Demichelis, prorettrice vicaria dell’Università di Trento, ha sottolineato quanto sia urgente un linguaggio condiviso tra mondo della ricerca e terzo settore, perché la scienza procede, ma pazienti e famiglie hanno bisogno di parole che orientino e confortino. Il riferimento non è teorico: dalle aule universitarie fino alle case, il modo in cui raccontiamo diagnosi, sperimentazioni e percorsi assistenziali determina la qualità dell’ascolto, della fiducia, della partecipazione. È qui che nasce un’alleanza concreta, capace di far dialogare laboratori e associazioni, strutture cliniche e cittadinanza, in un patto che dia valore ai dati ma anche alle biografie.
La responsabilità etica diventa l’asse portante di questo patto. Demichelis ha richiamato l’accademia al suo compito: promuovere un confronto analitico e partecipato, portando metodi, conoscenza e soprattutto linguaggi adeguati a chi ascolta. Non basta dire cosa sappiamo, occorre anche come lo diciamo. La centralità dell’etica nella comunicazione è la bussola che permette a chi convive con la malattia di sentirsi accolto e, giorno dopo giorno, di proseguire il proprio cammino. Così la relazione tra Fondazione AriSLA, Università di Trento e AISLA si offre come modello di responsabilità condivisa e innovazione che tiene insieme valore scientifico e dignità della persona.
Dalla teoria alla pratica: il seminario di Trento
Il seminario “Linguaggi della Cura – Solo Lavorando Assieme” si svolge sabato 18 ottobre 2025 all’Itas Forum, con un programma che intreccia letture magistrali, sessioni tematiche e workshop interattivi. L’appuntamento, promosso da AISLA con il sostegno di istituzioni e università, nasce per costruire un linguaggio della cura capace di rendere comprensibili contenuti complessi, facilitare il dialogo tra scienza e comunità e proporre linee guida etiche per parlare di SLA e malattie neuromuscolari. Queste finalità sono state ribadite nelle note di agenzia e nelle comunicazioni ufficiali dell’organizzazione, che collocano l’evento tra gli snodi formativi più significativi della stagione autunnale trentina.
La giornata di lavoro si sviluppa tra le 10 e le 16, con interventi di figure di riferimento nazionali e internazionali, momenti dedicati alla comunicazione nella ricerca e nella clinica, e laboratori rivolti a studenti, giornalisti e operatori sanitari. La partecipazione è gratuita, con iscrizione obbligatoria; l’accessibilità degli spazi è stata confermata dagli avvisi dedicati al pubblico. Per scelta organizzativa, questa prima edizione non prevede streaming: un invito a vivere in presenza il tempo dell’ascolto e del confronto, come spiegato nelle informazioni diffuse dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari del Trentino e dalle pagine informative partner.
Ricerca, terzo settore e comunità: perché serve un vocabolario comune
Le malattie rare chiedono un passo in più rispetto alla comunicazione ordinaria: servono chiarezza, accuratezza, rispetto dei tempi di chi ascolta. Demichelis ha messo al centro la necessità di un vocabolario comune che consenta a ricercatori, clinici, associazioni e famiglie di scambiarsi informazioni in modo comprensibile, senza perdere il rigore della prova scientifica. Unire precisione e umanità diventa così la condizione per trasformare la conoscenza in orientamento, la notizia in accompagnamento. Ogni parola usata bene può ridurre l’isolamento, favorire scelte consapevoli, attivare reti di sostegno. È un lavoro quotidiano, che pretende metodo e sensibilità, dall’aula al reparto, dal convegno alla casa.
Questo orizzonte si concretizza nell’alleanza operativa tra Fondazione AriSLA, AISLA e Università di Trento, citata come modello di collaborazione in grado di tenere insieme avanzamento scientifico, responsabilità sociale e innovazione etica. Nella prospettiva emersa a Trento, il linguaggio è infrastruttura: aiuta a tradurre i dati della ricerca in decisioni, a portare le scoperte dentro i percorsi di cura, a costruire prossimità tra medici, pazienti e caregiver. Le note divulgative di AriSLA e i materiali di presentazione dell’evento insistono su questo intreccio tra sapere, ascolto e cittadinanza attiva, ribadendo che la comunicazione può diventare cura concreta quando è costruita con responsabilità e condivisa tra tutti gli attori.
Chi partecipa e cosa porta a casa
Il pubblico a cui si rivolge l’incontro è ampio: giornalisti e professionisti della comunicazione, studenti e docenti, ricercatori, operatori sanitari, persone con SLA, famiglie, caregiver e volontari. La struttura a tappe, tra relazioni e attività pratiche, è pensata per offrire strumenti immediatamente utilizzabili: esempi di narrazione corretta dei dati, esercizi di semplificazione senza distorsione, indicazioni su come gestire l’incertezza che accompagna la ricerca. Le cronache e le schede dell’evento ricordano che la giornata è costruita per mescolare saperi, responsabilità e vissuti, promuovendo una cultura che tenga insieme precisione scientifica e rispetto delle storie personali.
Da questo intreccio ogni partecipante può uscire con un bagaglio concreto: strategie per comunicare risultati e limiti della ricerca, attenzione ai bisogni informativi dei pazienti, consapevolezza del valore civile della parola. Dire bene significa anche fare bene: in un campo in cui spesso le risposte definitive non ci sono, la qualità del linguaggio può fare la differenza nel modo in cui si affronta una diagnosi, si scelgono terapie, si cercano reti di comunità. Le informazioni diffuse da agenzie e soggetti istituzionali collocano l’esperienza trentina come un vero passaggio di metodo, oltre che di contenuti, nella relazione tra scienza e società.
Chiarimenti utili, in breve
Quando e dove si tiene l’appuntamento? La giornata è in programma sabato 18 ottobre 2025 a Trento, all’Itas Forum, con lavori concentrati tra mattino e primo pomeriggio. La scelta del luogo e della data è stata definita dagli organizzatori per favorire la partecipazione di studenti, professionisti e famiglie, come indicato nelle comunicazioni ufficiali e nelle note di presentazione diffuse a inizio ottobre. La cornice logistica, pensata per accoglienza e accessibilità, contribuisce al carattere formativo dell’evento.
Chi promuove e con quali obiettivi specifici? L’iniziativa è promossa da AISLA, con il coinvolgimento dell’Università di Trento e della rete che ruota attorno ad AriSLA, con l’obiettivo di affinare un linguaggio della cura capace di rendere comprensibili contenuti complessi, favorire il dialogo tra scienza e comunità e definire criteri etici condivisi per la comunicazione su SLA e malattie neuromuscolari. Le schede di presentazione e le note d’agenzia ribadiscono questa missione.
È prevista la partecipazione da remoto? No, la prima edizione non prevede streaming: è una scelta deliberata per valorizzare la presenza, l’ascolto e il confronto diretto tra relatori e pubblico. Gli avvisi rivolti ai partecipanti spiegano che la modalità in sala è parte integrante dell’esperienza formativa, con opportunità di interazione e lavoro nei laboratori che mal si adatterebbero a una fruizione a distanza.
A chi è utile e cosa si impara davvero? Giornalisti, ricercatori, clinici, studenti, persone con SLA e caregiver trovano strumenti operativi: come tradurre un risultato senza semplificazioni ingannevoli, come includere le domande di chi ascolta, come mantenere il rigore scientifico insieme alla cura delle parole. Le descrizioni dell’evento insistono su una didattica esperienziale, che consegna metodi e cornici replicabili nei contesti di lavoro quotidiano.
La spinta che arriva da Trento è chiara: la qualità del linguaggio con cui raccontiamo la scienza orienta comportamenti, scelte e relazioni. In questo orizzonte, l’accademia porta strumenti, il terzo settore porta prossimità, le istituzioni garantiscono coerenza pubblica. Solo lavorando assieme, come è stato ribadito nel seminario, la comunicazione diventa parte integrante della cura. È un impegno che sentiamo nostro: dare voce a parole oneste, rispettose e utili, perché dentro ogni informazione c’è la vita di una persona che merita di essere ascoltata e accompagnata.
