Formazione, dati e persone al centro: da Treviso, alla nuova edizione di StatisticAll 2025, il direttore generale dell’Istat Michele Camisasca richiama la Pubblica amministrazione a investire con decisione sulle competenze per affrontare la trasformazione digitale e l’intelligenza artificiale, senza perdere di vista il cuore umano del servizio pubblico.
Un’urgenza che nasce dal cambiamento
Nell’aula diffusa del Festival della statistica e della demografia, la voce di Michele Camisasca risuona come una bussola: la Pubblica amministrazione è immersa in una rivoluzione tecnologica che impone un salto di qualità nell’aggiornamento professionale. Il messaggio è netto: investire in formazione significa rafforzare la capacità di interpretare una realtà in rapido mutamento e restituire ai cittadini servizi tempestivi e credibili. L’orizzonte è quello di un settore vastissimo — oltre 3 milioni di dipendenti, quasi 13mila enti e circa 104mila luoghi di lavoro — chiamato a mettere le persone nelle condizioni migliori per dare il proprio contributo.
Lo sfondo è quello di StatisticAll 2025, che dal 16 al 19 ottobre porta a Treviso incontri e laboratori sotto un tema eloquente: Il Fattore Umano. Lavoro, società, intelligenze artificiali: la rivoluzione dei dati. Qui, il dialogo tra istituzioni, imprese e cittadinanza mette a fuoco il nesso tra innovazione e centralità delle competenze, come sottolineato dal programma ufficiale e dalle comunicazioni istituzionali di Istat, che valorizzano il ruolo dei dati per comprendere il lavoro che cambia.
Formare per governare l’innovazione, non subirla
Nel ragionamento di Camisasca emerge un punto cardinale: più giornate di formazione per ogni dipendente non sono un orpello, ma la condizione per restare allineati a processi che corrono più veloci di procedure e abitudini. Il fattore umano è decisivo, insiste il direttore generale, perché ogni innovazione acquista senso solo quando viene compresa, collaudata e poi tradotta in pratiche utili alla comunità. In questa prospettiva, i numeri dell’organizzazione pubblica non sono un macigno, ma la leva per fare massa critica: tante persone formate generano un impatto diffuso che si riflette sulla qualità delle decisioni e sulla capacità di rispondere ai bisogni collettivi.
Il contesto nazionale conferma la traiettoria: negli ultimi anni si registra un aumento delle giornate formative e un’evoluzione del profilo professionale complessivo della PA. Le analisi su occupazione e competenze, riportate da ricerche settoriali e da testate economiche, descrivono una macchina che torna a investire sul capitale umano, pur con margini di miglioramento rispetto agli standard auspicati dalle strategie di rafforzamento organizzativo. Questi segnali si intrecciano con il lavoro di sensibilizzazione del Festival, che pone al centro le competenze come ponte tra dati e decisioni.
Giovani, lavoro pubblico e senso del bene comune
“Lavorare per la Pubblica amministrazione significa partecipare al bene comune”: la sottolineatura di Camisasca intercetta una sensibilità diffusa tra molti giovani. In un apparato che egli definisce “tendenzialmente vecchio”, lo sforzo di attrarre nuove generazioni diventa cruciale: non per sostituire meccanicamente chi esce, ma per irrobustire le amministrazioni con energie capaci di immaginare servizi e processi più aderenti alle esigenze dei cittadini. I percorsi di ingresso, quando accompagnati da formazione mirata e tutoraggio, fanno crescere competenze e motivazione, alimentando quella cultura del risultato che la collettività chiede a gran voce.
La fotografia più recente del mercato del lavoro pubblico individua un ricambio in atto e una domanda crescente di profili qualificati. Le ricerche presentate nel 2025 a margine dei principali appuntamenti della PA — e rilanciate da testate nazionali — segnalano un’espansione delle procedure di reclutamento e un miglioramento dell’attrattività del settore, con un rafforzamento dei titoli universitari e delle skill digitali tra i nuovi ingressi. È un terreno nel quale lo sforzo formativo evocato a Treviso può trasformarsi in risultati misurabili.
Dal post pandemia allo smart working: conciliare esigenze, alzare gli standard
L’esperienza della post pandemia ha accelerato ciò che oggi diamo per acquisito: digitalizzazione dei servizi e pratiche di lavoro a distanza che consentono di conciliare esigenze personali e organizzative. Camisasca richiama questa lezione: le tecnologie sono abilitanti solo se incastonate in un disegno ordinato di obiettivi, responsabilità e valutazioni. In quest’ottica, lo smart working non è una concessione, ma uno strumento organizzativo da usare con criterio, per valorizzare il tempo e l’impegno delle persone senza disperdere coesione e qualità del servizio. La direzione è chiara: modernizzare i processi senza smarrire il presidio sulle performance.
Il dibattito pubblico ha consolidato questo passaggio, intrecciando innovazione, benessere organizzativo e capacità di erogare servizi affidabili. Anche su scala istituzionale, incontri e iniziative dedicati alla statistica ufficiale e all’analisi dei dati hanno rimarcato quanto l’uso intelligente dell’informazione possa guidare scelte più eque ed efficienti, con la dirigenza Istat impegnata in prima linea su questi temi. È un mosaico che trova a StatisticAll un punto di convergenza, dove il confronto tra discipline e pratiche amministrative aiuta a costruire una grammatica comune del cambiamento.
Numeri che contano, persone che fanno la differenza
L’ampiezza della PA italiana — una rete con milioni di lavoratori, migliaia di enti e decine di migliaia di sedi — richiede una regia che tenga insieme competenze, innovazione e prossimità. Nel ragionamento di Camisasca, l’attenzione al “fattore umano” non è un vezzo retorico, ma l’unico antidoto all’analfabetismo tecnologico e al rischio di soluzioni calate dall’alto: formare significa responsabilizzare, aggiornare significa aprire strade nuove, ascoltare significa tarare i servizi sulle domande reali. È nella relazione tra persone e dati che si decide la qualità del servizio pubblico.
Intanto, il calendario del Festival rilancia appuntamenti che, per taglio e contenuti, raccontano la vocazione del progetto: divulgare la cultura statistica, far dialogare il mondo della ricerca con la vita quotidiana, legare l’intelligenza artificiale alla concretezza dei diritti e dei doveri. Le schede ufficiali dell’edizione 2025, pubblicate sui canali del Festival e dell’Istat, mettono al centro l’evoluzione del lavoro tra demografia, tecnologia e società. Una cornice che restituisce alle parole di Camisasca la loro portata operativa: la formazione come infrastruttura.
La rotta: un’istruzione che accoglie e attrae
Rendere il settore pubblico “il più accogliente e attraente possibile” per i giovani significa offrire percorsi di istruzione e crescita coerenti con il bene comune, ma anche ambienti dove la curiosità viene premiata e l’errore diventa terreno di apprendimento. La chiamata è culturale prima che organizzativa: non basta reclutare, occorre costruire competenze che rispondano ai bisogni dei cittadini, mettendo in campo formazione continua, affiancamento e valutazioni trasparenti. È una promessa che interpella scuole, università e amministrazioni, unite dalla responsabilità di dare forma a una nuova cittadinanza professionale.
Lo scenario conferma che la domanda esiste: i dati più recenti sulle dinamiche occupazionali della PA fotografano procedure di selezione in crescita e un rinnovato interesse per i mestieri pubblici, con richieste che spaziano dai profili digitali a quelli tecnici ed educativi. In questo quadro, la scommessa avanzata da Treviso — legare statistica e decisioni pubbliche — non è un esercizio teorico, ma una pratica civile che mira a trasformare numeri e algoritmi in scelte comprensibili, verificabili e orientate all’impatto sociale.
Domande lampo, risposte chiare
Perché puntare sulla formazione nella PA adesso? Perché l’innovazione digitale e l’IA stanno ridefinendo processi e servizi: senza aggiornamento continuo, le amministrazioni non riescono a tradurre il cambiamento in valore per i cittadini.
Che ruolo hanno i giovani nel rilancio del settore pubblico? Portano competenze fresche e nuove aspettative; se accolti in contesti formativi solidi, accelerano il ricambio e danno continuità alla qualità del servizio.
Smart working e digitalizzazione migliorano davvero i servizi? Sì, se inseriti in modelli organizzativi chiari, con obiettivi misurabili e strumenti adeguati: conciliazione e produttività possono crescere insieme.
Che cosa aggiunge StatisticAll a questo dibattito? Uno spazio pubblico dove dati, esperienze e competenze si incontrano, offrendo strumenti per leggere la realtà e orientare politiche più efficaci.
L’appello che arriva da StatisticAll 2025 non è un semplice invito alla prudenza digitale: è la scelta di un metodo. Partire dalle persone, misurare con i dati, trasformare la conoscenza in servizio. La Pubblica amministrazione cresce se ogni lavoratrice e lavoratore viene messo nella condizione di apprendere e sperimentare, con la formazione come filo conduttore. È così che l’innovazione diventa quotidianità, e l’idea di bene comune smette di essere un principio astratto per farsi pratica di responsabilità condivisa.
