Un appuntamento che promette di riaccendere il dibattito sulla rappresentanza: al Congresso di Meritocrazia Italia, la proposta di una nuova legge elettorale arriverà con l’obiettivo dichiarato di restituire scelta e voce agli elettori, dopo anni di rinvii e discussioni a singhiozzo nelle stanze della politica.
Un congresso che punta a rimettere al centro la rappresentanza
Il settimo Congresso nazionale, in programma a Roma il 23, 24 e 25 ottobre 2025, è stato annunciato con il titolo “Il Governo del Merito. Una sfida differente”, con sessioni dedicate anche al tema della legge elettorale. La sede è il Teatro Rossini – Palazzo Santa Chiara, con partecipazione su registrazione e posti contingentati, come confermano comunicazioni e materiali organizzativi del Movimento. La calendarizzazione, i luoghi e l’impostazione dell’evento sono stati resi pubblici dagli organi del Movimento e ripresi dalla stampa di settore e generalista, indicando una partecipazione trasversale di istituzioni, professioni e società civile.
La cornice congressuale arriva in un momento in cui il dibattito nazionale sulla riforma del voto si è riaperto lungo diversi fronti, con scenari che prospettano il superamento dell’attuale impianto e ipotesi di proporzionale accompagnato da un premio di maggioranza. A più riprese, negli ultimi mesi, si sono affacciate proposte e contro-proposte da maggioranza e opposizioni, segno di un cantiere aperto, seppur non ancora definito sul piano parlamentare. Le ricostruzioni giornalistiche e le ricognizioni dei principali media hanno descritto l’orientamento verso formule proporzionali con soglie e meccanismi premianti, con diversi gradi di consenso politico.
Il punto di partenza: il taglio dei seggi e la promessa di una riforma
Per comprendere la posta in gioco, basta ricordare che la riduzione del numero dei parlamentari è stata sancita dalla legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1, confermata dal referendum del 20 e 21 settembre 2020. La riforma ha fissato a 400 i deputati e a 200 i senatori, ridimensionando in modo significativo la composizione delle Camere. L’allora referendum confermativo ha chiuso un percorso iniziato nel 2019, con un voto parlamentare molto ampio; le informazioni ufficiali del Governo e i riepiloghi della stampa hanno illustrato iter, numeri e finalità dell’intervento costituzionale.
Quella stagione riformatrice portava con sé l’idea di una successiva revisione della legge elettorale per adeguare la rappresentanza alla nuova dimensione delle Camere. Eppure, lungo il percorso, le urgenze sono scivolate indietro e il confronto pubblico si è spesso rallentato. Anche oggi, mentre i partiti tornano a confrontarsi su modelli proporzionali con soglie e premi, resta aperta la domanda decisiva: come comporre rappresentatività e governabilità in un quadro di fiducia degli elettori da ricostruire? Il dibattito ricorrente su preferenze, collegi, sbarramenti e indicazione del leader riflette proprio questa tensione irrisolta.
La diagnosi: il distacco degli elettori e la crisi del legame territorio-parlamentare
Nel documento e nelle parole del presidente Walter Mauriello emergono critiche nette alla dinamica che, negli anni, avrebbe compresso la partecipazione reale, alimentando l’idea di una scelta solo apparente. Il cuore del problema, per il Movimento, è l’assenza di un rapporto autentico tra elettori e candidati, spesso selezionati in vertice e collocati in collegi lontani dalla propria storia civile. Non si tratta solo di disaffezione, sottolinea la riflessione, ma delle conseguenze di regole percepite come distanti dalla cittadinanza, con un effetto progressivo sull’astensione.
Le cifre confermano un trend che preoccupa: alle Politiche del 2022 la partecipazione si è fermata attorno al 63,9%, il dato più basso della storia repubblicana per questa consultazione; alle Europee 2024 ha votato meno di un elettore su due, con un’affluenza nazionale al 49,69%. Dati resi noti dal Ministero dell’Interno e diffusi dalle principali agenzie e testate segnalano un calo strutturale, specie in alcune aree del Paese. Sono numeri che parlano di una distanza da colmare, prima ancora che di equilibri tra forze politiche.
La proposta nel dettaglio: proporzionale, preferenze e stop alle liste bloccate
La piattaforma che Meritocrazia Italia porterà al Congresso delinea un impianto integralmente proporzionale con voto di preferenza plurimo. Al centro, l’abolizione delle liste bloccate e il divieto di candidature multiple in più collegi, pena l’inammissibilità, per scoraggiare pratiche percepite come manipolative del consenso. Si introduce una soglia di sbarramento distinta: 5% per le coalizioni, 2% per le singole liste, accanto a un premio di maggioranza scalare legato a soglie predeterminate di rappresentatività. È un impianto pensato per coniugare rappresentanza effettiva e stabilità, con l’obiettivo di ripristinare il legame tra eletto e territorio e restituire agli elettori la facoltà di scegliere le persone oltre ai simboli.
Nel racconto del Movimento, la riforma punta a controbilanciare il taglio dei seggi con strumenti che impediscano concentrazioni dall’alto nella fase di selezione delle candidature e che smontino l’automatismo delle “postazioni vincenti” decise dalle segreterie. L’enfasi è sulla neutralità delle regole, che dovrebbero sopravvivere alle alternanze politiche senza piegarsi alla convenienza del momento. In controluce, la proposta dialoga – per convergenze e divergenze – con il cantiere nazionale che ragiona su formule proporzionali con meccanismi premianti, tema che negli ultimi mesi ha trovato spazio su media, agenzie e atti parlamentari, dal possibile superamento del Rosatellum alle ipotesi di soglie e premi.
Il contesto politico: tra ipotesi di premio e ritorno delle preferenze
Nel dibattito più ampio, alcuni scenari considerano un premio di maggioranza legato a soglie tra il 40 e il 42%, l’eventuale eliminazione dei collegi uninominali, l’introduzione del nome del candidato alla guida dell’esecutivo sulla scheda e l’innesto di preferenze per superare il blocco delle liste. Si tratta di piste discusse, talora in tensione con i ricordi di precedenti leggi dichiarate incostituzionali per le porzioni bloccate troppo estese, e con le sensibilità dei partiti rispetto ai costi e ai rischi della competizione interna tra candidati. Queste ipotesi sono state analizzate in più ricostruzioni giornalistiche e si sono affacciate nel confronto istituzionale.
Nel frattempo, una parte della comunità accademica ha rilanciato l’utilità di un proporzionale con soglia significativa per evitare frammentazione e garantire governabilità, suggerendo paletti chiari su ampiezza dei collegi e meccanismi di conversione voti-seggi. Il valore delle preferenze, in questo orizzonte, è letto come strumento per riavvicinare il cittadino al suo rappresentante, se accompagnato da regole trasparenti e sostenibili. Sono spunti che alimentano il confronto pubblico e che si specchiano, per alcuni aspetti, nella piattaforma di riforma che sarà illustrata al congresso.
Tra disillusione e ripartenza: la posta in gioco per la democrazia
Il nodo vero, evocato con chiarezza dagli organizzatori, è l’astensionismo che scava nel senso stesso di appartenenza alla comunità politica. Quando la scelta sembra preconfezionata, la tentazione di voltarsi altrove cresce. Per questo la proposta insiste su preferenze plurime e divieto di candidature multiple, nel tentativo di riaprire i canali di fiducia. La democrazia ha bisogno di regole percepite come eque, capaci di generare legittimazione e responsabilità, e di un rapporto tra territorio e Parlamento che non sia rituale ma concreto nelle scelte quotidiane.
A Roma, nei tre giorni di confronto, il Movimento porterà quindi un testo che prova a sciogliere il paradosso di questi anni: garantire rappresentatività ampia in un Parlamento numericamente ridotto e, insieme, fornire strumenti minimi di stabilità a chi ottiene il mandato a governare. Non c’è promessa facile, ma un lavoro di cucitura che richiede equilibrio e ascolto. La scommessa si gioca nella capacità di mostrare che una legge elettorale può diventare regola condivisa e non terreno di rendita contingente.
Domande a risposta rapida
Qual è l’obiettivo dichiarato della riforma proposta? Restituire rappresentatività e possibilità di scelta agli elettori, con un impianto proporzionale, preferenze plurime e stop alle liste bloccate, preservando al contempo un livello minimo di stabilità attraverso un premio di maggioranza scalare.
Come si intende ricucire il rapporto tra territori ed eletti? Limitando pratiche come le candidature multiple e puntando sulle preferenze, così che l’elettore possa incidere direttamente sui nomi e non solo sui simboli, ricostruendo un legame concreto con le comunità locali.
Perché il tema è urgente ora? Perché la riduzione dei seggi, confermata dal referendum del 2020, impone regole capaci di rappresentare davvero gli elettori; nel frattempo, astensione e disincanto hanno mostrato la fragilità del patto democratico, come indicano i dati ufficiali su Politiche 2022 ed Europee 2024.
Alla vigilia del Congresso, ciò che colpisce è la volontà di rimettere le regole al servizio della comunità, non delle convenienze del momento. Nel nostro lavoro editoriale, ogni riga torna a un punto essenziale: la dignità del voto si misura nella libertà di scegliere. Se la proposta che verrà presentata saprà parlare con chiarezza al Paese, il confronto pubblico potrà finalmente uscire dalla logica dei calcoli e rientrare nella casa della democrazia: quella dove le regole non dividono, ma tengono insieme la pluralità delle voci, trasformandole in governo possibile.
