Una decisione attesa e sofferta trova oggi un punto fermo: il tribunale di Firenze ordina alla Asl Toscana Nord Ovest di mettere a disposizione, entro quindici giorni, il dispositivo e i farmaci che consentiranno a “Libera”, 55 anni, affetta da sclerosi multipla primaria progressiva, di esercitare l’autosomministrazione prevista nel suicidio medicalmente assistito.
Un’ordinanza che impone un dovere concreto
L’ordinanza della Quarta sezione civile del tribunale di Firenze, firmata dal giudice Umberto Castagnini, non si limita a un principio astratto: impone alla struttura sanitaria di reperire e fornire un sistema di autosomministrazione funzionante, compatibile con le condizioni della paziente e verificato nei suoi aspetti tecnici. La richiesta è chiara: una pompa infusionale che possa essere attivata da sensore di comando, puntatore oculare o altra soluzione idonea, insieme ai farmaci e ai dispositivi necessari, consegnati al medico di fiducia che assisterà la donna durante la procedura. È un passaggio operativo che traduce il diritto in un atto concreto.
Il termine fissato in 15 giorni segna una svolta nelle vicende di “Libera”, già ammessa alla procedura dalla sua azienda sanitaria e paralizzata dal collo in giù a causa della malattia. L’indicazione temporale obbliga la macchina amministrativa a superare ritardi e incertezze, garantendo la disponibilità dello strumento e dei farmaci in tempi certi, con test preventivi di funzionalità e compatibilità. L’impianto della decisione è stato reso noto attraverso comunicazioni pubbliche dell’Associazione Luca Coscioni e ripreso dalle principali testate, che ne hanno evidenziato il valore civile e giuridico.
Dal “non esiste” al “si può fare”: la soluzione tecnologica individuata
La svolta arriva dopo mesi segnati da pareri istituzionali negativi sull’esistenza di un apparecchio in grado di consentire l’autosomministrazione a una persona completamente immobilizzata. In questo contesto l’Asl Toscana Nord Ovest, con il supporto tecnico-amministrativo regionale, ha individuato tramite un produttore la tecnologia capace di attivare la pompa infusionale attraverso un puntatore oculare. L’indicazione del tribunale, dunque, non introduce un’astrazione, ma consolida un percorso tecnico già delineato e verificabile, destinato a eliminare l’ostacolo materiale che impediva l’esercizio del diritto riconosciuto alla paziente.
La richiesta di “Libera” era rimasta incagliata proprio sul nodo dell’attivazione autonoma: la donna non può muovere gli arti superiori né deglutire con sicurezza, e rifiuta la sedazione profonda perché desidera restare lucida. La soluzione di un’interfaccia oculare che comandi la somministrazione rappresenta la risposta tecnica a questa condizione, consentendo che l’atto decisivo sia compiuto dalla stessa persona, nel pieno rispetto di un’autodeterminazione che, in casi analoghi, è stata ritenuta dirimente dalle magistrature e dal dibattito bioetico.
Fondamenti giuridici: diritti, limiti e responsabilità
La cornice normativa entro cui si colloca il caso è delineata dalle pronunce della Corte costituzionale, a partire dalla sentenza 242/2019, che ha tracciato i criteri per l’accesso all’aiuto alla morte volontaria in presenza di specifici requisiti clinici e di controllo pubblico. L’ordinanza fiorentina richiama espressamente questi precedenti e afferma un obbligo in capo al Servizio sanitario nazionale: quando i criteri sono soddisfatti, le strutture devono rendere possibile l’esercizio del diritto, rimuovendo ostacoli burocratici e materiali che lo vanificherebbero. È su questo crinale che la decisione acquista rilievo generale.
In passato, non tutti i procedimenti simili hanno trovato esito favorevole: diversi tribunali hanno adottato orientamenti differenti, specie in assenza di strumenti idonei o di chiari percorsi sanitari, come dimostrano vicende giudiziarie toscane che hanno sollevato discussioni serrate. La novità di oggi consiste nell’aver trasformato un “vuoto tecnologico” in una responsabilità operativa, indicando come compito pubblico il reperimento di un dispositivo che permetta la scelta individuale entro margini di sicurezza e controllo clinico. In questo senso, l’ordinanza costituisce un tassello in una giurisprudenza ancora in evoluzione.
Le voci pubbliche e il dibattito che ne scaturisce
La comunicazione dell’Associazione Luca Coscioni ha sottolineato il valore “civile e giuridico” di quanto stabilito dal tribunale, accendendo il confronto politico e culturale su un tema che attraversa il Paese da anni. Nel dibattito, il tesoriere Marco Cappato ha definito la decisione un precedente che contrasta il rischio di discriminazione per ragioni di disabilità, invitando il Parlamento a prenderne atto. È una posizione che ribadisce la centralità dell’accesso effettivo, non solo teorico, alle tutele previste dalla giurisprudenza costituzionale, e che rilancia la discussione pubblica sulla necessità di norme chiare e procedure omogenee sul territorio.
La risonanza mediatica della vicenda non cancella, ma anzi mette a fuoco, il profilo umano e clinico: una donna toscana di 55 anni, immobilizzata nel letto, che chiede di poter decidere delle ultime ore nel perimetro definito dalla giustizia. L’ordinanza interviene dunque su due piani: quello della dignità personale, che richiede strumenti adatti a tradurre la volontà in un gesto autonomo, e quello dell’efficienza istituzionale, che impone alle amministrazioni sanitarie tempi e modalità certe per dare seguito alle pronunce giudiziarie.
La parola alla protagonista: il senso di una scelta
“Libera” vive da anni in una stanza che non conosce tregua, con un corpo che non risponde e un dolore che non lascia scampo. Nelle sue parole, raccolte nelle comunicazioni pubbliche che hanno accompagnato questo iter, affiora l’idea che la tecnologia non sia un dettaglio tecnico ma lo strumento per ribadire chi decide: essere lei ad attivare il dispositivo e mettere fine alla sofferenza. In quella affermazione c’è il desiderio di preservare un’ultima porzione di autonomia, nel rispetto delle regole e sotto controllo medico, fino all’ultimo passaggio consentito.
Non c’è enfasi, né platealità: solo la richiesta di poter scegliere davvero, dentro i binari che la giustizia ha disegnato e che la sanità è chiamata a rendere praticabili. L’ordinanza, così, non inaugura un varco indistinto, ma costruisce un percorso definito in cui la libertà individuale viene riconosciuta e accompagnata, passeggero per passeggero, caso per caso. È un sentiero stretto, sorvegliato, nel quale la decisione ultima resta in capo alla persona, a condizione che possa compierla con un gesto che porti la sua firma.
Obblighi del servizio pubblico e tempi certi
Per la Asl Toscana Nord Ovest la linea è tracciata: entro quindici giorni devono essere messi a disposizione il dispositivo per l’autosomministrazione, i farmaci e i presidi correlati, con verifica di funzionalità e compatibilità. Il medico di fiducia potrà operare in un quadro clinico definito e supportato, evitando zone d’ombra organizzative. In controluce, la decisione riduce il rischio di disparità territoriali e invita le strutture a dotarsi di protocolli, competenze e fornitori, per rispondere in modo tempestivo quando i requisiti di legge sono presenti e accertati.
Il caso illumina un punto spesso trascurato: i diritti non vivono soltanto nei codici, ma nella capacità di rendere praticabili le scelte. Il dispositivo con puntatore oculare non è dunque un espediente tecnico, ma il mezzo attraverso cui la volontà personale diventa azione, senza esporre altri a responsabilità penali né spostare oltre i confini fissati dalla magistratura. È l’assunzione di responsabilità della sanità pubblica, chiamata a garantire che un percorso previsto dall’ordinamento non resti intrappolato nella retorica degli annunci.
Domande essenziali, risposte chiare
Chi è “Libera” e qual è la sua condizione clinica? È una donna toscana di 55 anni con sclerosi multipla primaria progressiva, paralizzata dal collo in giù e da tempo immobile a letto, per la quale l’Asl ha verificato i requisiti di accesso al suicidio medicalmente assistito previsti dalla giurisprudenza italiana.
Cosa impone l’ordinanza del tribunale di Firenze? Ordina all’Asl Toscana Nord Ovest di fornire, entro 15 giorni, la strumentazione per l’autosomministrazione tramite pompa infusionale attivabile anche con puntatore oculare, oltre ai farmaci e ai dispositivi necessari per consentire la procedura sotto la responsabilità del medico di fiducia.
Perché il dispositivo è così importante in questo caso? Perché consente alla paziente, impossibilitata a usare le mani, di compiere personalmente l’atto decisivo, rispettando il principio di autodeterminazione e i limiti fissati dalla Corte costituzionale.
Quali sono i riferimenti giuridici principali? Il perimetro è tracciato dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale e da successive pronunce che hanno precisato criteri e responsabilità del Servizio sanitario, richiamate nell’ordinanza fiorentina.
Uno sguardo che chiama responsabilità
Questo passaggio non risolve ogni dilemma morale, ma contiene una lezione nitida: quando la legge e la giurisprudenza disegnano un diritto, le istituzioni devono renderlo effettivo, senza rimpalli né alibi tecnici. In questa storia, la tecnologia diventa la cerniera tra la volontà di una persona e la tutela pubblica, e chiede a ciascun attore – sanitari, amministratori, giudici – di fare la propria parte. Al centro resta una scelta personale, accompagnata, verificata, rispettata. È qui che si misura la maturità di una comunità civile.
