La pubblicazione di 2.900 pagine di chat su Telegram attribuite a giovani dirigenti repubblicani di New York, Kansas, Arizona e Vermont ha spalancato il backstage della politica giovanile: tra “amo Hitler” e allusioni alle “camere a gas”, l’onda d’urto corre dai capitoli locali ai vertici nazionali, accendendo richieste di dimissioni, licenziamenti lampo e un dibattito che interroga valori e leadership.
Un dossier di 2.900 pagine che cambia il baricentro
È stata Politico a ottenere e analizzare quasi 2.900 pagine di messaggi scambiati in oltre sette mesi tra una dozzina di giovani quadri repubblicani, nel pieno di una campagna per conquistare la guida della Young Republican National Federation, un’organizzazione che conta circa 15mila iscritti tra i 18 e i 40 anni. L’indagine ricostruisce come l’obiettivo politico si intrecciasse con conversazioni cariche di insulti razzisti, allusioni antisemite e fantasie di violenza, con un tono reso, secondo gli autori, più disinvolto dalla stagione politica recente. L’esposizione pubblica è arrivata a metà ottobre e da allora gli effetti sono stati immediati e concreti.
Dalle chat emerge un repertorio ripetuto di slur e derisioni: persone afroamericane apostrofate come “scimmie” o “popolo del cocomero”, battute su stupro e schiavitù, riferimenti alle “camere a gas” per gli avversari interni. In un passaggio si legge “amo Hitler”, altrove si scherza sull’“estetica” del nazismo. Alcuni scambi avvengono persino durante partite NBA commentate con disprezzo razziale. Time ha sintetizzato la portata: centinaia di insulti e allusioni alla violenza in una sola conversazione privata, scambiata tra inizio gennaio e metà agosto.
I nomi al centro e frasi che non lasciano scampo
Tra i protagonisti più citati compaiono Peter Giunta, allora vertice dei giovani repubblicani statali di New York, Bobby Walker, dirigente dello stesso gruppo, e William Hendrix, vice dei giovani repubblicani del Kansas. Nelle conversazioni sono chiamati in causa anche Joseph (Joe) Maligno, giurista legato all’organizzazione newyorkese, e figure di Arizona e Vermont, incluso il senatore statale Samuel Douglass. Le conversazioni interne delineano una strategia aggressiva per la conquista dell’organizzazione nazionale, mescolata a toni irriducibilmente offensivi che hanno scatenato una reazione trasversale.
Secondo le ricostruzioni, in quelle chat i termini denigratori compaiono in maniera ossessiva: il conteggio supera le duecentocinquanta occorrenze tra offese razziali, omofobe e abiliste. A ciò si aggiungono le frasi sulla “gente da mandare nelle camere a gas”, la definizione dello stupro come “epico” e l’esaltazione di Hitler. Un lessico che, riportato in sequenza, delinea non una “battuta di cattivo gusto”, ma un clima normalizzato di volgarità e disumanizzazione, come sottolineato anche da analisi giornalistiche e accademiche successive alla pubblicazione.
La reazione a catena: licenziamenti, sospensioni, capitoli chiusi
Nel Kansas la risposta è stata immediata: la sezione statale dei giovani repubblicani è stata dichiarata inattiva e resa irraggiungibile online. Contestualmente, William Hendrix è stato licenziato dall’ufficio del Procuratore generale Kris Kobach, che ha definito “imperdonabili” i messaggi. I vertici repubblicani del Kansas hanno espresso pubblicamente disgusto per i contenuti, ribadendo la distanza del partito da quel linguaggio. A livello nazionale, la federazione dei giovani repubblicani ha chiesto le dimissioni di tutti i coinvolti.
A New York, l’effetto domino ha toccato incarichi istituzionali e ruoli nell’amministrazione giudiziaria: l’Assembly statale ha posto fine alla collaborazione con Peter Giunta, mentre Joseph Maligno non risulta più alle dipendenze del sistema giudiziario dell’area di New York. Il quadro si è allargato anche oltre i confini statali, con richieste di passi indietro e rescissioni di rapporti professionali in Arizona e Vermont. La stessa organizzazione nazionale ha ribadito pubblicamente che quel comportamento è “indegno” e incompatibile con ruoli di responsabilità.
Condanne pubbliche e minimizzazioni che spaccano il fronte
Fra i vertici repubblicani di New York, la condanna è arrivata senza esitazioni: la deputata Elise Stefanik e il collega Mike Lawler hanno definito “abominevoli” i messaggi e sollecitato dimissioni dai ruoli di leadership dei giovani coinvolti. Stefanik, tramite il suo staff, ha chiarito che nessuno degli autori citati lavorava per il suo ufficio e ha chiesto che i responsabili facciano un passo indietro. È la fotografia di un partito che, almeno pubblicamente, si smarca da un linguaggio giudicato “odioso e inaccettabile”.
Nel campo opposto, i leader democratici hanno trasformato il caso in una leva politica a ridosso delle prossime sfide elettorali, con Chuck Schumer, Hakeem Jeffries e la governatrice Kathy Hochul in prima fila, mentre il governatore Gavin Newsom ha chiesto un’inchiesta del Congresso. Sul versante esecutivo federale, il vicepresidente J.D. Vance ha minimizzato definendo quelle conversazioni “scherzi offensivi”, una lettura che ha ulteriormente polarizzato il dibattito e spinto altri repubblicani a prendere le distanze.
Le difese degli accusati e l’ombra delle faide interne
Le reazioni dei diretti interessati non sono state univoche. Peter Giunta si è scusato con chi si sia sentito offeso dal linguaggio “insensibile e ingiustificabile”, ma ha anche sostenuto che i log possano essere stati “manipolati” e ottenuti con “estorsione”, indicando come regista dell’operazione l’esponente newyorkese Gavin Wax. La ricostruzione del retroscena, con accuse di killeraggio politico interno, è stata rilanciata da più testate che hanno ripreso le parole di Giunta. Politico ha dato conto delle scuse e della controaccusa, contestualizzandole nelle lotte per la leadership della federazione.
In Arizona, mentre alcuni esponenti locali venivano chiamati in causa per i messaggi, parte della dirigenza giovanile ha respinto l’idea delle dimissioni definendo l’intera vicenda una “caccia alle streghe” e mettendo in dubbio la modalità di acquisizione e la validità dei contenuti. Il testo della nota ha condannato l’ideologia nazista in astratto, ma senza entrare nel merito delle frasi contestate, segnalando una resistenza politica a riconoscere pienamente le responsabilità individuali.
Oltre il caso: la cultura politica allo specchio
Quello che emerge non è solo un catalogo di frasi infami, ma il segnale di una cultura tollerante verso l’odio quando resta confinato in spazi ritenuti “privati”. Nelle analisi successive alla pubblicazione, il sociologo Joe Feagin (Texas A&M) ha letto nel clima politico recente una cornice che ha allentato freni e tabù, favorendo la circolazione di battute e stereotipi che un tempo sarebbero rimasti indicibili, e avvertendo sul rischio che quel linguaggio si traduca in prassi di governo.
In parallelo, diverse ricostruzioni giornalistiche hanno notato come i protagonisti delle chat non fossero adolescenti allo sbaraglio, ma adulti con incarichi e ambizioni istituzionali, un’osservazione che rende più grave la normalizzazione del disprezzo. Time ha ricordato la concentrazione di slur e l’aperta idolatria per Hitler, mentre altre testate hanno evidenziato il salto di qualità nell’uso della violenza verbale come strumento di appartenenza e disciplina interna. È qui che la politica si specchia: nelle parole che sceglie quando pensa di non essere ascoltata.
Domande rapide, risposte chiare
Chi ha ottenuto e reso pubbliche le chat? L’accesso ai log è stato rivendicato da Politico, che ha analizzato i messaggi scambiati tra inizio gennaio e metà agosto, ricostruendo nomi, ruoli e contenuti. L’inchiesta ha connesso le conversazioni all’offensiva per il controllo della federazione giovanile repubblicana e ha documentato il linguaggio razzista, antisemita e violento, innescando una reazione a catena nelle istituzioni e nei partiti a livello statale e nazionale.
Quali conseguenze concrete si sono viste subito? In Kansas la sezione dei giovani repubblicani è stata resa inattiva e il vice presidente William Hendrix è stato licenziato dall’ufficio del Procuratore generale Kris Kobach. A New York è terminata la collaborazione istituzionale con Peter Giunta e sono cessati altri rapporti professionali riconducibili ai protagonisti delle chat. La federazione nazionale ha chiesto le dimissioni di tutti i coinvolti dalle cariche di partito.
Come hanno risposto gli accusati? Alcuni hanno chiesto scusa per un linguaggio definito “ingiustificabile”, ma c’è chi ha contestato autenticità e modalità d’acquisizione dei messaggi. Peter Giunta ha parlato di log “ottenuti con estorsione” nell’ambito di una faida interna e ha sostenuto che parte dei contenuti possa essere stata “manipolata”. Queste tesi sono state rilanciate da più testate che hanno ripreso le sue parole, mentre l’inchiesta originaria resta il perno documentale della vicenda.
Cosa chiedono i vertici e i governatori? La Young Republican National Federation ha invocato dimissioni immediate per quanti coinvolti nelle chat. In California il governatore Gavin Newsom ha sollecitato un’indagine del Congresso; a New York esponenti repubblicani come Elise Stefanik hanno condannato i messaggi e preteso responsabilità. Queste posizioni hanno incorniciato il caso come prova di tenuta etica per una futura classe dirigente.
Uno sguardo finale: responsabilità che cominciano dalle parole
Le conversazioni svelate non sono un incidente di percorso, ma un promemoria: le parole costruiscono mondi. Quando il linguaggio degrada, anche la politica si impoverisce e si fa più cupa. Chi ambisce a guidare comunità reali non può confinare etica e rispetto al solo spazio pubblico, salvo poi abbandonarli appena la porta si chiude. È qui che il nostro mestiere guarda con più attenzione: raccontare, verificare, pretendere chiarezza. Perché una democrazia adulta si misura anche dal rifiuto esplicito dell’odio che qualcuno tenta di normalizzare.
