Il mieloma multiplo sta vivendo un cambio di passo che intreccia scienza, clinica e visione. A Roma, una due giorni dedicata ha rimesso al centro la personalizzazione terapeutica, trasformando l’ottimismo in disciplina e metodo, con l’Italia protagonista di un confronto internazionale capace di fare sintesi e indicare traiettorie concrete per i pazienti di oggi e di domani.
Un impegno che nasce dal confronto internazionale
Alla conferenza internazionale “Myelomas”, organizzata dall’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori (IRST) “Dino Amadori” IRCCS e ospitata a Roma il 10 e 11 ottobre, il tema dominante è stato uno soltanto: rendere le terapie del mieloma multiplo davvero “su misura”. Un obiettivo che passa dall’identificazione dei bersagli molecolari alla scelta accurata delle combinazioni farmacologiche più adatte per ogni profilo clinico. Il messaggio, emerso con chiarezza, è di ottimismo concreto: la ricerca non si limita a promettere, ma porta in sala dati consolidati e un’agenda operativa chiara.
Il quadro epidemiologico rende la posta in gioco evidente: in Italia convivono con il mieloma multiplo oltre 34mila persone, con più di 5.700 nuove diagnosi l’anno. Queste cifre, richiamate durante i lavori, non sono solo numeri ma volti e storie che esigono risposte tempestive e sostenibili. È anche per questo che il dialogo tra centri italiani e grandi istituzioni estere è diventato un patrimonio condiviso da difendere e far crescere, senza scorciatoie, puntando sulla qualità delle prove.
Quadruplette in prima linea: l’evidenza si consolida
Nella pratica clinica si afferma con forza l’uso delle quadruplette a base di anti‑CD38 in prima linea, sia nei pazienti candidabili al trapianto sia in quelli non candidabili. Le analisi più recenti mostrano un incremento significativo di MRD negatività, PFS e, in diversi contesti, anche di OS rispetto ai triplette tradizionali: è un avanzamento che sta ridefinendo lo standard. L’aggiornamento delle linee guida NCCN e le meta‑analisi indipendenti convergono su questo punto, indicando la quadrupletta come scelta preferenziale d’esordio.
I dati dei trial PERSEUS e CEPHEUS confermano la profondità e la durata delle risposte con daratumumab‑VRd, mentre in Europa è stata approvata anche l’opzione isatuximab‑VRd per i pazienti non candidabili al trapianto, sulla base dello studio IMROZ. L’evidenza non è più episodica: indica un percorso terapeutico che parte forte fin dall’inizio, per mirare a remissioni più profonde e durature, sostenute da protocolli di mantenimento coerenti.
Immunoterapie di nuova generazione: dove siamo oggi
Nel setting dei pazienti recidivati o refrattari, le CAR‑T anti‑BCMA e gli anticorpi bispecifici hanno cambiato scenario. Ciltacabtagene autoleucel e idecabtagene vicleucel sono approvati in UE e USA in diverse linee terapeutiche, mentre gli anticorpi bispecifici come teclistamab, elranatamab e talquetamab offrono opzioni “off‑the‑shelf” per pazienti pesantemente pretrattati. È un arsenale in evoluzione che richiede selezione attenta, gestione strutturata delle tossicità e percorsi di accesso ben definiti.
Gli aggiornamenti regolatori impongono prudenza e qualità organizzativa: negli USA, l’FDA ha inserito un boxed warning per ciltacabtagene autoleucel riguardo a un raro ma grave quadro di IEC‑EC, ribadendo tuttavia il rapporto beneficio‑rischio favorevole. Segnali come questo ricordano che l’innovazione richiede sistemi clinici preparati, protocolli chiari e monitoraggio a lungo termine per garantire sicurezza e continuità di cura.
La misura dell’obiettivo: negatività della MRD
Tra i concetti più discussi, la malattia minima residua (MRD) è diventata un vero spartiacque. Ottenere e mantenere la MRD negatività non è soltanto un traguardo tecnico: è un indicatore che correla in modo robusto con gli esiti, in particolare PFS e, in più analisi, OS. La sintesi della letteratura recente mostra un’associazione forte e consistente tra MRD negativa e sopravvivenza, rafforzando l’idea che questo parametro possa fungere da surrogato credibile dell’efficacia terapeutica.
È qui che la personalizzazione incontra la misurabilità: intensificare quando serve, de‑intensificare quando possibile, e soprattutto capire in tempo reale se la strategia sta funzionando. La MRD, integrata in percorsi rigorosi, consente decisioni tempestive su prosecuzione, switch o mantenimento, evitando sovra‑trattamenti e valorizzando i benefici ottenuti con le quadruplette e con le immunoterapie di nuova generazione. È una rivoluzione silenziosa, fatta di biologia, tecnologia e tempismo clinico.
Dalla biologia ai pixel: multi‑omica e radiomica che guidano le scelte
Il lavoro presentato dall’IRST mette in luce l’integrazione tra genomica, trascrittomica, radiomica e immunoprofilazione. L’analisi molecolare, portata avanti da professionisti come Matteo Marchesini, si affianca a un imaging sempre più fine, capace di leggere l’eterogeneità del mieloma nella sua distribuzione scheletrica e extra‑midollare. Questa visione multi‑dimensionale non è un esercizio accademico: serve a calibrare rischio, prognosi e sequenza terapeutica con una precisione prima impensabile.
Sul fronte dell’imaging avanzato, il contributo di Alice Rossi e della radiologia IRST mostra come WB‑MRI e PET‑TC combinati migliorino la rilevazione delle lesioni e, dunque, la capacità di monitoraggio nel tempo. Portare questi strumenti nella pratica, dentro team multidisciplinari allenati a leggerli e interpretarli, significa ridurre le incertezze e orientare trattamenti complessi con maggiore confidenza clinica. È così che il dato tecnico diventa decisione condivisa e beneficio per il paziente.
Una rete di competenze che parla al mondo
Accanto ai maggiori specialisti italiani, hanno portato la loro esperienza figure riconosciute a livello internazionale come Brian Durie, Paul Richardson, Joshua Richter, Andreas Beilhack e Fredrik Schjesvold. La loro presenza a Roma non è solo un segno di attenzione: è l’innesto di prospettive diverse dentro un dibattito che, sempre più, vive di connessioni globali e di studi multicentrici capaci di cambiare la storia naturale della malattia.
Il percorso di networking non finisce qui. Dopo il meeting IMS di Toronto (17–20 settembre 2025), l’agenda scientifica guarda a dicembre, quando l’American Society of Hematology riunirà comunità clinica e ricerca per ulteriori aggiornamenti. La qualità del confronto misurata a Roma si ricollega così a un calendario internazionale che spinge a rendere le innovazioni fruibili, agendo su percorsi, accesso e sostenibilità.
Accesso, sostenibilità, prossimi appuntamenti
Portare l’innovazione al letto del paziente significa anche gestire costi, logistica e equità d’accesso. Le nuove indicazioni sulle quadruplette in prima linea e le approvazioni europee degli anti‑CD38 con backbone VRd allargano l’offerta terapeutica, ma chiedono sistemi in grado di sostenere diagnostica avanzata, monitoraggi ravvicinati e percorsi di presa in carico senza vuoti organizzativi. È una responsabilità che non si improvvisa e che richiede pianificazione a livello regionale e nazionale.
Il calendario scientifico dei prossimi mesi potrà consolidare ulteriormente questi indirizzi. Gli esiti e le discussioni del meeting IMS di Toronto hanno già fornito un quadro aggiornato sulle immunoterapie e sull’uso esteso delle quadruplette; l’ASH di Orlando (6–9 dicembre 2025) offrirà nuove letture e follow‑up maturi, anche sulla MRD come strumento decisionale. La rotta è tracciata: integrare i dati in protocolli realistici, misurabili e centrati sul valore per il paziente.
Domande lampo, risposte chiare
Le quadruplette sono davvero un nuovo standard in prima linea? Le prove accumulate da studi randomizzati e meta‑analisi mostrano un vantaggio netto rispetto ai triplette, con MRD negatività più frequente e miglioramenti di PFS e, in vari contesti, OS. Gli aggiornamenti delle linee guida internazionali e le approvazioni regolatorie europee consolidano questa direzione, rendendo la quadrupletta con anti‑CD38 una scelta di riferimento per molte categorie di pazienti alla diagnosi.
MRD: perché conta davvero nella pratica clinica? Perché la MRD negativa correla in modo robusto con gli esiti a medio‑lungo termine. Le analisi su migliaia di pazienti confermano che raggiungere e mantenere la MRD negatività si associa a PFS più lunga e, in diversi scenari, a un beneficio anche su OS. Per i clinici significa poter calibrare intensità, durata e mantenimento in modo più razionale e tempestivo, evitando trattamenti inutilmente prolungati.
CAR‑T e bispecifici: a chi, quando, con quali cautele? Nei recidivati/refrattari, gli esiti possono essere rilevanti con CAR‑T anti‑BCMA e con anticorpi bispecifici diretti contro BCMA o GPRC5D. Tuttavia servono centri esperti, percorsi di gestione delle tossicità e informazione trasparente sui rischi, inclusi i recenti aggiornamenti di sicurezza per ciltacabtagene autoleucel negli Stati Uniti. La scelta deve essere personalizzata, considerando storia terapeutica, comorbilità e disponibilità delle piattaforme.
Che cosa aggiungono multi‑omica e radiomica alla cura? Offrono una mappa più precisa della malattia: profilo genetico e immunologico, immagini WB‑MRI e PET‑TC, indicatori integrati che aiutano a stratificare il rischio e a monitorare la risposta con finezza. Questa “lettura a più livelli”, già al centro dei lavori dell’IRST, consente decisioni terapeutiche più informate e, quando possibile, percorsi di de‑intensificazione sicuri e documentati.
Una chiusura che guarda alle persone, prima di tutto
In queste giornate non abbiamo visto solo grafici e curve di sopravvivenza: abbiamo incrociato aspettative, timori, tenacia. La personalizzazione, qui, non è uno slogan: è la promessa di terapie efficaci costruite sull’identità biologica e clinica di ciascuno, misurate con la MRD e accompagnate da monitoraggi intelligenti. È la rotta che continuiamo a seguire con sguardo esigente e cuore lucido: un modo di fare giornalismo che chiede prove, pretende rigore e, proprio per questo, non smette di credere nel risultato.
