Nel percorso di cura del tumore al seno, la terapia laser emerge come alleata per contenere effetti collaterali che pesano sulla quotidianità. Studi recenti indicano benefici concreti nella gestione di radiodermiti e neuropatie periferiche indotte da radioterapia e chemioterapia, aprendo spazi di sollievo e nuove prospettive di supporto clinico.
Una conferma dalla clinica
Lo studio pilota Neurolaser, condotto da ricercatori della Hasselt University con i medici dei dipartimenti di Oncologia e Neurologia del Jessa Hospital in Belgio, ha coinvolto 32 pazienti: 16 trattati con placebo e 16 con fotobiomodulazione (PBMT) mediante il dispositivo robotizzato M6. In chi ha ricevuto la PBMT, l’intorpidimento di mani e piedi è rimasto sotto controllo, invece di peggiorare come nel gruppo di controllo, e la qualità della vita ha mostrato un miglioramento. Il protocollo non ha evidenziato effetti indesiderati, confermandone la sicurezza.
La tecnologia MLS®, sviluppata da ASA, azienda vicentina specializzata in dispositivi laser e magneto per l’ambito umano, è stata la piattaforma utilizzata nella ricerca con il robot M6. Sebbene servano ulteriori studi per consolidare l’efficacia preventiva sulla neuropatia periferica da chemioterapia, i risultati sono descritti come incoraggianti per l’impiego della PBMT nelle terapie di supporto ai pazienti oncologici. In questa traiettoria, l’obiettivo è offrire sollievo concreto e misurabile, nel rispetto dei protocolli di sicurezza già documentati dal trial.
Una revisione sistematica internazionale rilancia la fotobiomodulazione nella prevenzione dell’ARD
La dermatite acuta da radiazioni (ARD) è stata oggetto di una vasta analisi del gruppo di studio di Oncodermatologia della MASCC (Multinational Association Of Supportive Care In Cancer). Dopo l’esame di 5173 articoli e la selezione di 235 per l’analisi, la review ha concluso che la PBMT si colloca tra gli approcci più promettenti, mostrando una maggiore efficacia nella prevenzione dell’ARD rispetto alla cura standard e/o al placebo, con un riscontro particolarmente solido nei pazienti con carcinoma mammario. La prevenzione, in questo contesto, significa preservare il percorso terapeutico senza aggiungere ulteriori sofferenze evitabili.
Un ulteriore elemento di rilievo riguarda i trial randomizzati inclusi nella revisione: su 5 studi selezionati e analizzati relativi alla PBMT, 2 sono stati condotti impiegando il dispositivo laser robotizzato M6, tra i sistemi di punta per l’applicazione della Laserterapia MLS®. Per ASA questo riconoscimento rappresenta motivo di orgoglio, ma soprattutto conferma la presenza di una base clinica che sostiene l’uso della tecnologia in contesti reali di cura. Quando l’evidenza si consolida, la pratica clinica può osare di più e meglio.
Radiodermite: prevenzione e sicurezza
Due studi separati hanno valutato l’efficacia della Laserterapia MLS® nella prevenzione della radiodermite acuta in pazienti con tumore al seno sottoposti a radioterapia in regime ipofrazionato, nonché la sicurezza a lungo termine del trattamento nei pazienti trattati con radioterapia frazionata convenzionale. I risultati hanno mostrato una minore incidenza di radiodermiti acute e di desquamazione umida nel gruppo sottoposto a PBMT rispetto al controllo. Proteggere la pelle durante la radioterapia significa ridurre dolorabilità, interruzioni terapeutiche e impatto emotivo.
Il focus sulla sicurezza è stato centrale anche in questo ambito: l’applicazione della PBMT non ha evidenziato criticità tali da limitarne l’impiego. In un percorso già complesso come quello oncologico, poter contare su un trattamento non invasivo e ben tollerato rappresenta un passo avanti importante. L’attenzione alla prevenzione della radiodermite consente di sostenere la continuità terapeutica e di preservare il benessere cutaneo, aspetti decisivi per la qualità del percorso clinico della persona.
Dalla riabilitazione al linfedema: l’esperienza clinica australiana e la formazione Oncolaser
La MLS® trova applicazione anche nella riabilitazione oncologica e nel trattamento del linfedema, all’interno di una metodica sviluppata dalle australiane Kate Perkins e Catherine Norton. Attraverso Oncolaser, il loro lavoro si concentra sulla formazione per l’uso corretto del laser nella gestione degli effetti indesiderati delle terapie oncologiche. Il cuore della proposta è accompagnare i professionisti verso un impiego consapevole e strutturato della tecnologia, affinché i pazienti possano trarne il massimo beneficio in termini di sollievo, recupero funzionale e continuità delle cure.
Come spiega Perkins, alcuni effetti collaterali dei trattamenti oncologici possono includere una lenta guarigione post operatoria, fibrosi da radiazioni, comparsa di sintomi del linfedema e neuropatie periferiche indotte da chemio. Con l’applicazione della Laserterapia MLS® sono stati osservati risultati significativi: riduzione dei sintomi, recupero più rapido e dimissioni tempestive dalle cure. Si tratta di esiti che, nella vita di una persona, possono tradursi in autonomia ritrovata, minor dolore e un ritorno più sereno alla quotidianità.
Contesto e prospettive
Ottobre si tinge di rosa per ricordare l’importanza della prevenzione del tumore al seno, che in Italia registra circa 55 mila nuovi casi ogni anno e resta la neoplasia più frequente tra le donne. Gli screening e la diagnosi precoce hanno contribuito a un tasso di sopravvivenza dell’87% a cinque anni dalla diagnosi. In parallelo, la ricerca ha investito energie per contenere gli effetti collaterali di chemioterapia e radioterapia, perché la cura non è completa se non salvaguarda il benessere complessivo della persona.
In questo solco si inseriscono gli studi che indicano la terapia laser come opzione valida nella prevenzione della neuropatia periferica da chemioterapia e della radiodermite acuta nelle pazienti con tumore al seno sottoposte a radioterapia ipofrazionata. Ridurre il carico degli effetti collaterali significa restituire tempo, energie e fiducia. I dati disponibili non chiedono salti nel buio, ma una continuità nella ricerca e nell’applicazione clinica, per tradurre evidenze promettenti in standard di cura sempre più attenti alla persona.
