La voce di Francesca Patarnello risuona come un invito a guardare oltre i numeri: la ricerca, in ogni suo stadio, è il valore che orienta davvero l’industria. A Milano, al debutto di AstraZeneca Agorà, questo messaggio ha trovato ascolto e conferme, tra dati concreti e un appello a proteggere un ecosistema che genera salute, crescita e fiducia.
Il messaggio da Milano
Nel primo appuntamento di AstraZeneca Agorà, andato in scena a Milano, Francesca Patarnello, Vice President Market Access & Government Affairs di AstraZeneca Italia, ha richiamato l’attenzione sul filo che unisce ricerca preclinica, clinica e studi nel mondo reale: un continuum che dà sostanza all’innovazione e la rende utile, misurabile, disponibile. La ricerca, tutta la ricerca, conta davvero se condotta con metodo, trasparenza e rispetto delle regole: solo così diventa patrimonio per i cittadini e per chi decide le politiche sanitarie. Un’impostazione netta, che punta a consolidare un clima di fiducia e a far comprendere perché investire in conoscenza significhi investire nel benessere collettivo.
Dal palco è arrivata anche una sottolineatura che pesa: partecipare alla ricerca non è mai un gesto neutro. Migliora l’assistenza, alimenta la competenza dei professionisti, crea reti tra ospedali e centri, costruisce alleanze tra pubblico e privato. Gli effetti non sono immediati: per maturare servono 10-15 anni. Ma quando arrivano, cambiano la traiettoria dei percorsi di cura e rafforzano l’intero sistema. In questa visione la qualità dei processi e la coerenza normativa non sono un orpello, bensì la condizione per trasformare i risultati scientifici in opportunità concrete per i pazienti.
Numeri che misurano un impegno concreto nel Paese
L’impegno si vede nei dati. Nel biennio 2023/2024, AstraZeneca ha destinato quasi 100 milioni di euro alla Ricerca e Sviluppo in Italia; nel 2023 ha gestito quasi 200 studi clinici attivi, distribuiti in 621 centri e in 17 regioni, segnando una presenza capillare e una leadership per numero di studi in corso e nuovi studi attivati. Questi elementi sono stati ribaditi in più sedi informative, a partire dall’agenzia Adnkronos e da successive riprese giornalistiche nazionali.
Approfondimenti pubblicati da quotidiani e testate specialistiche hanno quantificato con maggiore dettaglio l’ordine di grandezza: si parla di 192 studi attivi nel 2023, comunque dentro quel “quasi 200” che fotografa il volume dell’attività, e di 19 nuove molecole in fase avanzata di sviluppo, segnale di pipeline orientata a bisogni clinici ad alta priorità. La lettura è coerente in più ricostruzioni, dal Corriere Nazionale a la Repubblica, fino a dossier realizzati con The European House – Ambrosetti.
Perché proteggere l’ecosistema della ricerca
Quando Patarnello parla di “ecosistema”, chiama in causa una responsabilità condivisa. Ogni attore – aziende, istituzioni, università, clinici, pazienti – ha un posto preciso e un dovere non negoziabile: qualità metodologica, aderenza alle norme, correttezza dei processi. Solo partendo da qui la ricerca, indipendente o industriale che sia, evita fraintendimenti, garantisce riproducibilità, rende più solido il dialogo con la società. Non c’è contrapposizione ideologica: c’è la necessità di far capire che la serietà della ricerca è l’unico ponte verso terapie sicure e accessibili.
Questa protezione passa anche da un linguaggio comprensibile e da un coinvolgimento informato. Portare i cittadini “dietro le quinte” aiuta a riconoscere il valore degli studi nel mondo reale, lì dove i farmaci incontrano la vita quotidiana e mostrano impatto, benefici e limiti. Spiegare, documentare, restituire ai territori i risultati: sono gesti che rafforzano l’alleanza tra scienza e comunità, rafforzando la legittimazione di scelte che spesso richiedono pazienza, visione di lungo periodo e un’equa gestione delle risorse pubbliche.
Italia, terreno fertile: qualità, reti e aree di eccellenza
L’Italia viene descritta come un terreno fertile per fare ricerca per una ragione semplice: qualità dei ricercatori, efficienza delle strutture e filiere competenti. Questa “vocazione” emerge con chiarezza nei progetti che coinvolgono AstraZeneca e la controllata Alexion nelle malattie rare, dove la costruzione di reti cliniche è decisiva. In alcune patologie, come la Miastenia Gravis, il gruppo risulta tra i protagonisti in termini di sperimentazioni in corso, a conferma di un approccio che unisce ambizione scientifica e organizzazione sul campo.
Non è solo quantità: è capacità di tenere insieme innovazione e sistema. Le testimonianze raccolte da testate generaliste e verticali sulla salute collocano il gruppo al primo posto in Italia per studi in corso e nuovi studi attivati, evidenziando una presenza diffusa che coinvolge centinaia di professionisti e pazienti in aree come oncologia, patologie croniche e malattie rare. Questo mosaico, raccontato anche da analisi economiche indipendenti, mostra come la ricerca sia già oggi motore di crescita, con una pipeline in accelerazione rispetto al 2019.
Ricadute per il Servizio sanitario e per i pazienti
La partecipazione alle sperimentazioni cliniche migliora la qualità dell’assistenza nell’immediato, diffonde competenze e standard più alti, e nel tempo genera nuove opzioni terapeutiche. In Italia, il tema si intreccia con l’urgenza di rendere più scorrevoli i processi di accesso, riducendo disomogeneità territoriali. Nel dibattito pubblico è emerso come la spesa in R&S nazionale pesi attorno all’1,3% del Pil, lontano dai leader europei: un dato che chiama a investimenti selettivi e a una governance più agile, capace di accelerare le decisioni regolatorie senza rinunciare a rigore e trasparenza.
In quest’ottica, l’industria può essere alleata del Servizio sanitario nazionale nel portare in corsia terapie più efficaci e nel misurare il valore oltre il prezzo, grazie a studi nel real world e a partnership pubblico-private ben disegnate. È un percorso che richiede visione, unità di intenti e responsabilità condivise. Le riflessioni emerse nel contesto di AstraZeneca Agorà riportate da fonti nazionali di informazione convergono su questo punto: innovazione, ricerca e salute industriale sono tre cardini di un unico equilibrio che sostiene la crescita del Paese e tutela i pazienti.
Risposte rapide alle domande che contano
Che cosa significa che “la ricerca è il vero valore” di un’azienda farmaceutica? Significa riconoscere che tutto parte dal metodo e dalla prova: dalla fase preclinica agli studi clinici fino all’evidenza nel mondo reale, il valore non è uno slogan ma la capacità di generare terapie sicure, utili e accessibili. Quando questo percorso è condotto con regole chiare e controlli efficaci, l’impatto non riguarda solo i nuovi farmaci, ma anche la qualità dell’assistenza e la fiducia dei cittadini nel sistema.
Perché investire in Italia è ritenuto conveniente per la ricerca clinica? Per la qualità della comunità scientifica, la rete capillare di centri e la disponibilità di competenze che facilitano studi complessi. I dati diffusi da più testate indicano un numero elevato di studi attivi e una pipeline avanzata, elementi che confermano un ecosistema competitivo. Questo non esclude le criticità: serve accelerare gli iter decisionali e rendere più omogeneo l’accesso, così che i risultati della ricerca arrivino in modo equo a pazienti di tutte le regioni.
Quanto tempo serve per vedere gli effetti della ricerca sulla vita delle persone? La scienza procede con tempi lunghi: spesso occorrono dieci o quindici anni perché un’intuizione diventi trattamento disponibile. Nel frattempo, però, partecipare agli studi porta benefici immediati: migliora le competenze cliniche, innalza gli standard organizzativi e crea reti di collaborazione. È un investimento paziente che, una volta maturato, ripaga con terapie più efficaci e percorsi di cura più solidi per intere comunità.
In che modo questi numeri si traducono in vantaggi misurabili per il Servizio sanitario? Studi numerosi e ben distribuiti consentono di valutare precocemente efficacia e sostenibilità, moderando gli impatti sulla spesa e riducendo le incertezze. La misurazione nel mondo reale aiuta a ottimizzare l’uso dei farmaci, evitando sprechi e potenziando gli esiti clinici. Quando la governance funziona e l’innovazione trova percorsi chiari, i vantaggi si riflettono su tempi di accesso, qualità assistenziale e riduzione delle disuguaglianze regionali.
Una traiettoria che chiede coraggio e continuità
Ci sono stagioni in cui una comunità deve scegliere che cosa custodire e che cosa far crescere. L’ecosistema della ricerca è uno di quei beni collettivi che meritano cura, responsabilità e ascolto. Abbiamo toccato con mano quanto conti un impegno coerente, misurabile, rendicontato. Proteggerlo significa scommettere su un’Italia capace di unire sapere ed equità, scelte industriali e tutela della salute. È il patto che chiediamo, con chiarezza e senza scorciatoie: investire oggi per consegnare, domani, cure migliori a chi ne ha più bisogno.
