Un nuovo capitolo politico si apre a Parigi: il presidente ha confermato Sébastien Lecornu alla guida dell’esecutivo e, nella serata di domenica 12 ottobre 2025, è stata resa nota la squadra dei ministri. La priorità dichiarata è una sola: consegnare alla Francia un bilancio entro la fine dell’anno, obiettivo che impegna ogni forza del nuovo governo.
Un esecutivo nato per il bilancio in tempi stretti
Il mandato è nitido fin dal primo istante: varare la legge di Bilancio entro dicembre. È lo stesso Lecornu a ribadirlo nei giorni che hanno preceduto la nomina, delineando un percorso che punta a un’intesa parlamentare rapida e concreta, senza ricorrere a scorciatoie procedurali. L’indicazione è stata più volte esplicitata dai canali istituzionali dell’esecutivo, che hanno insistito sulla necessità di difendere la credibilità finanziaria del Paese con un deficit sotto il 5% del Pil, parametro ritenuto cruciale per i mercati e per famiglie e imprese.
In questo quadro, la parola d’ordine è serietà operativa. La mattina successiva alla nomina, i nuovi membri sono stati convocati per iniziare il lavoro senza indugi. Le stesse fonti governative hanno rimarcato la natura pragmatica dell’agenda, scandita da scadenze ravvicinate e dal confronto con un Parlamento frazionato. La stampa economica internazionale ha inquadrato la mossa come un tentativo di stabilizzare il clima politico e rassicurare gli investitori mentre prende forma la legge di Bilancio 2026, con un obiettivo di deficit compreso tra il 4,7% e il 5%.
La lista dei titolari: continuità e innesti dalla società civile
La nuova compagine, ufficializzata il 12 ottobre, unisce figure politiche note e profili provenienti dal mondo produttivo e istituzionale. Fra i dicasteri chiave: Laurent Nuñez all’Interno, Catherine Vautrin alle Armate e agli ex combattenti, Jean‑Pierre Farandou al Lavoro e alle Solidarietà, Monique Barbut alla Transizione ecologica, biodiversità e negoziati internazionali su clima e natura. Gérald Darmanin resta Guardasigilli alla Giustizia, mentre Roland Lescure guida Economia, Finanze e Sovranità industriale, energetica e digitale. Sono confermati agli Esteri Jean‑Noël Barrot e alla Cultura Rachida Dati.
Completano i ranghi: Annie Genevard all’Agricoltura e sovranità alimentare; Edouard Geffray all’Istruzione; Stéphanie Rist a Salute, Famiglie, Autonomia e Disabilità; Naïma Moutchou agli Oltremare; Françoise Gatel ad Assetto del Territorio e Decentramento; Amélie de Montchalin ad Azione e Conti pubblici; Philippe Baptiste a Università, Ricerca e Spazio; Marina Ferrari a Sport, Gioventù e Vita associativa; Philippe Tabarot ai Trasporti; Vincent Jeanbrun a Città e Casa. Una squadra corposa, affiancata da 15 ministri delegati, chiamata a muoversi come un blocco coeso sul dossier di Bilancio.
Trentaquattro ministri e una rotta definita
Il perimetro è ampio: l’esecutivo conta 34 ministri, un formato che riflette l’ampiezza delle priorità e la volontà di coprire ogni snodo dell’azione pubblica. Questa configurazione, confermata dalle principali testate nazionali nella serata di domenica, segnala una ricerca di equilibrio tra continuità e cambiamento, con alcuni passaggi di testimone in caselle sensibili e diversi profili “tecnici” chiamati a responsabilità di prima fascia. Non un semplice rimpasto, ma un assetto studiato per reggere l’urto dell’aula.
La scelta di coinvolgere esponenti della società civile si coglie in nomine come quelle di Jean‑Pierre Farandou, già alla guida delle ferrovie statali, o di Serge Papin per le Pmi, il commercio e il potere d’acquisto. Il tratto distintivo è l’idea di innestare competenze operative nella macchina di governo, senza rompere con figure politiche esperte. Una linea di continuità è ravvisabile anche nella conferma di Roland Lescure all’Economia, in un passaggio sul quale hanno richiamato l’attenzione diverse testate internazionali.
Stile sobrio, istruzioni precise: la regia di Matignon
Colpisce la modalità della transizione: Matignon ha raccomandato passaggi di consegne “sobrii”, senza stampa, senza invitati e a porte chiuse, con finestre orarie definite. Un’impostazione inconsueta, spiegata con l’esigenza di evitare ogni formalismo non necessario e concentrare gli sforzi sul dossier di Bilancio. La novità è stata confermata nella tarda serata di domenica, insieme all’indicazione che le cerimonie si sarebbero tenute in ambienti interni e in forma particolarmente contenuta.
È una scelta che racconta il momento. Quando il tempo si fa corto, i simboli cedono il passo all’urgenza. L’attenzione si sposta così interamente sulle priorità legislative, che comprendono il Consiglio dei ministri convocato per martedì 14 ottobre alle ore 10, passaggio procedurale atteso per l’invio dei testi in Parlamento. Questo calendario, scandito dalle scadenze della legge di contabilità nazionale, è stato reso noto dagli organi ufficiali con puntualità.
La partita politica: espulsioni e mozioni in arrivo
La composizione dell’esecutivo ha provocato immediate ripercussioni negli equilibri di partito. Les Républicains hanno annunciato l’espulsione dei sei loro esponenti entrati nel nuovo governo, specificando la cessazione contestuale di ogni incarico negli organismi direttivi. La decisione è arrivata la sera stessa della nomina, ed è stata spiegata come conseguenza della scelta individuale di aderire all’esecutivo in contrasto con la linea votata dal partito. Le cronache parlamentari hanno elencato i nomi dei ministri interessati e ricostruito la sequenza che ha portato allo strappo.
In parallelo, l’opposizione ha alzato il livello dello scontro. Marine Le Pen ha preannunciato il deposito di una mozione di censura contro il governo, sostenuta dal Rassemblement National e dagli alleati dell’UDR, annuncio che si è tradotto in atti formali nelle ore successive. Un’iniziativa analoga è arrivata dalla sinistra parlamentare, con La France insoumise e gruppi ecologisti e comunisti pronti a far pesare i numeri in Aula. Il quadro è dunque quello di un confronto serrato, con l’esecutivo chiamato a cercare convergenze trasversali.
Bilancio e credibilità: perché tutto ruota attorno ai conti pubblici
La legge di Bilancio non è solo un testo contabile: è il banco di prova della governabilità. La stampa economica ha evidenziato come il mantenimento del deficit entro una forchetta tra 4,7% e 5% del Pil sia considerato un segnale indispensabile per la fiducia dei mercati, mentre il Paese affronta un Parlamento senza maggioranza chiara. La conferma di Roland Lescure all’Economia è letta, anche fuori dalla Francia, come tentativo di dare continuità nella fase più sensibile della programmazione finanziaria.
Resta da vedere se la costruzione di un consenso minimo sarà possibile in tempi utili. La politica, quando si intreccia con i conti, chiede pazienza “attiva” e responsabilità reciproca. Le testate parlamentari hanno ricordato che il governo intende evitare strumenti d’urgenza come l’articolo 49.3 per approvare la manovra, puntando su un tragitto parlamentare ordinario, benché compresso dalle scadenze. È un cambio di metodo che, se confermato, imporrà un confronto serrato articolo per articolo.
Domande in primo piano: cosa c’è da sapere ora
Quanti sono i ministri e qual è la logica della squadra? Il governo conta 34 ministri, numero confermato nell’immediato della nomina. La logica è un equilibrio tra continuità e nuovi innesti: profili politici rodati affiancano figure provenienti dalla società civile, come Jean‑Pierre Farandou e Serge Papin. L’obiettivo è portare competenze operative dentro l’azione pubblica, accelerando sulle priorità economiche e sociali senza perdere di vista la legittimazione politica che solo l’Aula può assicurare.
Quali sono le scadenze immediate sull’agenda dell’esecutivo? La tappa più prossima è il Consiglio dei ministri, fissato per martedì 14 ottobre alle 10. A ruota, il percorso del Bilancio proseguirà in Parlamento con tempi ristretti per garantire la promulgazione entro il 31 dicembre. La scelta di organizzare passaggi di consegne sobri e a porte chiuse sottolinea la necessità di concentrare ogni energia sulla sessione di bilancio, evitando cerimoniali che possano distrarre dal merito.
Cosa succede con le mozioni di censura annunciate? Il Rassemblement National ha depositato una mozione di censura, cui se ne aggiunge una della sinistra parlamentare. Si tratta di passaggi previsti dal regolamento e dalle prassi dell’Assemblea: se una mozione raccoglie i voti necessari, l’esecutivo cade. La prospettiva di un voto così sensibile spinge il governo a cercare convergenze su punti chiave del Bilancio, dove si gioca la stabilità dell’intera legislatura.
Perché tanto riserbo sulle passazioni di consegne? Il messaggio è chiaro: priorità al lavoro. Matignon ha chiesto cerimonie “sobrie”, senza stampa e senza invitati, per guadagnare tempo e mantenere l’attenzione sul Bilancio. È una scelta simbolica e pratica insieme, coerente con l’urgenza delle scadenze e con l’idea che la credibilità si misuri anche nello stile con cui si affrontano i passaggi istituzionali, specie in fasi politiche così sensibili.
Uno sguardo oltre l’urgenza: la posta in gioco
Ci sono momenti in cui la politica torna essenziale perché tocca la vita quotidiana. Un bilancio non è un esercizio di tecnicismo: è la somma delle scelte che dicono chi siamo e dove vogliamo andare. In questi giorni, a determinare la tenuta dell’esecutivo saranno l’ascolto e la capacità di trovare mediazioni solide. È ciò che abbiamo visto emergere dalle fonti istituzionali francesi e dalle cronache parlamentari: un impegno a lavorare sulla concretezza, sotto lo sguardo vigile dell’opinione pubblica.
Noi continuiamo a osservare, con la cura che merita ogni passaggio decisivo. Nel frastuono, proviamo a distinguere ciò che conta davvero: responsabilità, trasparenza, risultati. Questa è la misura con cui leggeremo le prossime mosse del governo Lecornu, a partire dalla prova del Bilancio. Perché è lì, tra numeri e scelte, che si misura la forza di un esecutivo e la sua capacità di mantenere la promessa fatta ai cittadini: mettere l’interesse del Paese davanti a tutto.
