Nel borgo di Ponzano Romano l’arte accende una stagione nuova: il 26 ottobre, alle 15, l’apertura del Museo AmenCutti nella chiesa sconsacrata divenuta Sala Santa Maria inaugura un calendario di spettacoli e incontri pensati per allungare la magia del percorso museale.
Un’apertura che è già spettacolo
La cerimonia nella suggestiva Sala Santa Maria, antica chiesa oggi spazio civico, introduce un progetto che non vuole limitarsi a incantare lo sguardo. L’idea è chiara: il museo dedica a ogni visitatore un tempo dilatato, in cui la visita si intreccia con il racconto dal vivo. La curatrice Gloria Zarletti ha costruito un programma in cui parole e musica non “aggiungono” soltanto, ma prolungano o preparano le emozioni suscitate dalle sale, restituendo alla comunità un’esperienza condivisa e calda, dal primo passo fino all’ultimo applauso.
Questa scelta dialoga con la vocazione del luogo: a Ponzano, la ex chiesa è da anni luogo di aggregazione culturale, come ricordano le comunicazioni del Comune che indicano il Centro Culturale Santa Maria quale sede naturale di eventi pubblici. Il museo entra così nel tessuto civico con un linguaggio accessibile, affidandosi a interpreti di fiducia dell’autrice e coinvolgendo amici artisti in una staffetta di appuntamenti. L’obiettivo è avvicinare pubblici diversi, offrendo un ponte tra il silenzio delle sale e il calore della scena, con la stessa cura che si riserva agli ospiti in casa.
Un museo nato da una mancanza
Alle spalle di questo percorso c’è la storia di AmenCutti, nome d’arte di Alessandro Consiglio, stilista d’alta moda che da bambino sognava un Natale mai abbastanza luminoso. Da quel desiderio è scaturita una collezione sterminata che oggi prende corpo in una narrazione espositiva di undici stanze e tre botteghe, ampliata quest’anno con cinque nuove sale. Il visitatore non attraversa una semplice parata di ornamenti: entra in una camera di risonanza emotiva, dove ricordi, attese e piccole ferite trovano una forma. L’allestimento, originale e immersivo, è pensato come viaggio formativo, di introspezione, con tempi lenti e sguardi ravvicinati.
La nascita del museo è stata raccontata da testate e portali culturali che ne hanno seguito i primi passi: dalla cronaca di un’apertura progressiva nel 2023 a Ponzano, riportata da riviste locali, fino alle note di redazione che ne hanno descritto la natura di primo museo italiano dedicato al Natale. Le schede informative pubbliche collocano il museo in Via XX Settembre, nel centro del paese, mentre il canale ufficiale di prenotazione indica che le aperture non seguono orari fissi ma calendari dedicati. Lo stesso sistema evidenzia una bigliettazione snella, con tariffe di riferimento e possibilità di gestire data e orario in autonomia; dettagli utili che confermano l’attenzione a un pubblico di famiglie e appassionati.
Il programma: parole, musica, domande
Gli spettacoli firmati da Gloria Zarletti sono un dono al Museo AmenCutti e ne rappresentano la naturale estensione. Si presentano come storytelling in cui la parola non è mai sola: la musica sorregge, contraddice, fascia le frasi, costruendo effetti speciali che solo l’arte, quando è viva, sa generare. Ogni titolo è una porta su un tema che riguarda tutti: l’amicizia che diventa specchio, l’amore che si traveste, la crescita che non finisce, la guerra che abita i gesti minimi, la poesia che illumina il tempo d’inverno.
Il calendario è pensato per dialogare con la visita. Andare a teatro prima del museo significa entrare nelle sale con una sensibilità già risvegliata; farlo dopo permette di sedimentare, rispondere con calma, ritornare su dettagli appena osservati. In ogni caso, il filo conduttore resta la relazione tra il pubblico e ciò che ha appena vissuto. Nessuna morale, semmai domande ben poste: gli spettacoli suggeriscono, pungolano, invitano a stare nelle parole il tempo necessario perché diventino nostre.
Dell’amicizia e di altri qui pro quo – 1 novembre, ore 17
Due amiche, o forse una donna e il suo alter ego, si parlano senza sconti. La conversazione scivola dal gioco al battibecco, dalle punzecchiature bonarie a domande che arrivano dove fa male. A tratti si sfiora il negativo, poi ci si rialza e il dialogo svela una verità semplice e potente: l’amicizia è il primo laboratorio di sé. Tra pause e ripartenze, la musica disegna lo spazio emotivo, crea respiro, apre varchi in cui ciascuno può riconoscersi senza sentirsi giudicato.
Il “filo rosso” della serata è la relazione che fonda ogni esistenza: riconoscere l’altro per sapere chi siamo. In scena, con l’autrice, c’è Maria Pia Tanturli, mentre al pianoforte Luca Bianchi sostiene e rilancia le inflessioni del testo. Non si cercano definizioni, ma prove di tenuta: quanto regge l’amicizia quando la verità chiede strada? Quando la musica scende di un tono, la stanza sembra allargarsi e, in quel silenzio, le parole acquistano il peso giusto per restare.
Amor & Psycho – domenica 2 novembre, ore 15
Qui l’autrice mostra quanto sia facile scambiare per amore ciò che amore non è. Inseguendo storie quotidiane, miti e pagine di storia, espone il meccanismo del fraintendimento: un bisogno inappagato, una carenza che convince a colmare il vuoto con chiunque capiti, la pretesa di trasformare l’altro in qualcuno da amare. Il tessuto narrativo accoglie anche un rimando letterario a una vicenda di cronaca che ha segnato il Paese, per dirci quanto le parole possano piegare la realtà o svelarla.
Il riferimento è al caso Marco Vannini, citato con misura in chiave culturale. Le cronache giudiziarie hanno documentato il percorso fino alle decisioni definitive della Corte di Cassazione nel maggio 2021, come riportato da agenzie nazionali e quotidiani. In scena, con Maria Pia Tanturli, troviamo Marco Tè e la voce vibrante di Alessandro Camilli, che infonde allo spettacolo un contrappunto emotivo. La musica diventa sismografo: registra le crepe dove la “dolce Psiche” del mito si è fatta sinonimo di patologia.
Adolesco – 9 novembre, ore 17
“Crescere” è un verbo al presente, mai un passato remoto. L’autrice lo racconta attraversando episodi della propria vita, con una trasparenza che invita a condividere e non a spiare dal buco della serratura. Tra una risata e un brivido, il pubblico ritrova piccoli inciampi, bivi mancati, tenerezze. Ci sono passaggi divertenti, immediati, che si alternano a pagine più serie, finanche drammatiche, e proprio in questo alternarsi si riconosce la verità dell’esperienza, con la musica a dare ritmo e respiro.
In scena, accanto all’autrice, Alessandro Ranazzi; la parte musicale è affidata a Antonella Ottaviani e a Luca Bianchi. L’intento non è spiegare l’adolescenza, ma sostare nel suo moto perpetuo: adolesco, divento, continuo a diventare. L’incontro con il pubblico diventa così uno spazio nostalgico e intimo, in cui affidare ricordi e riceverne di nuovi. La condivisione, più che la lezione, è la forma che lo spettacolo sceglie per non tradire la materia viva di cui parla.
E brilla la cometa sui versi dei poeti – 29 novembre, ore 17
I poeti di “Scripta manent et volant” riaccendono la tradizione natalizia con letture che attraversano i secoli: da Manzoni a Alda Merini, da Ungaretti a Quasimodo, fino ai contemporanei. Paola Di Gianmatteo, Daniela Antonucci, Paolo Sabatino, Bruno Fabbri, Claudio Caldarelli intrecciano racconti e poesie come ghirlande di parole. Non c’è nostalgia a buon mercato: c’è la ricerca di un linguaggio che, in inverno, sappia scaldare. La “cometa” del titolo è un invito: alzare lo sguardo e lasciare che la lingua faccia luce.
Il nome del gruppo fa riferimento alla massima latina “verba volant, scripta manent”, nota alle scuole e alla saggistica: un modo per ricordare che la parola scritta resta, custodisce memoria, e al tempo stesso invita la parola detta a viaggiare di bocca in bocca. Il valore culturale di questo adagio è riconosciuto in ambito educativo e storico, come ricordano repertori e iniziative didattiche dedicate. Dentro la sala, però, la massima riprende vita: i testi si fanno voce, la lettura diventa relazione.
Paralipomeni di una guerra tutta mia – sabato 13 dicembre, ore 17
In questa conversazione scenica, l’autrice chiede alla storica dell’arte Antonella Avagnano di scegliere immagini capaci di “spiegare” la guerra: non quella dei fronti, ma quella che nasce in gesti minimi, abitudini, sguardi. Le opere d’arte diventano specchi in cui i comportamenti si rivelano, i meccanismi si scompongono, le responsabilità si vedono meglio. La musica accompagna i picchi emotivi e lascia sedimentare i passaggi più ardui, mentre la voce di Alessandro Camilli aggiunge profondità e calore.
Il discorso non indulge in citazioni compiaciute: punta alla chiarezza, a un linguaggio comprensibile che non rinunci alla complessità. Negli anni scorsi, la stampa locale ha seguito esiti e repliche di questo approccio, sottolineando la capacità di intrecciare arti visive, parola e canzone d’autore. Dopo un quadro dell’umanità che non nasconde l’ombra, l’esito è aperto e rassicurante: una speranza fondata, non ingenua, che invita a scegliere ogni giorno gesti che disinnescano i conflitti prima che diventino voragini.
Informazioni pratiche e identità del luogo
Il percorso museale è diffuso nel centro storico e trova il suo cuore nella sede di Via XX Settembre. Le informazioni di prenotazione indicano che non esistono orari fissi: le aperture seguono un calendario dedicato, consultabile scegliendo data e biglietti sul canale ufficiale. Le note di servizio riportano tariffe orientative accessibili e politiche flessibili di cambio data, a conferma di una vocazione accogliente e famigliare. Guide descrittive e schede di territorio segnalano un’attenzione particolare ai visitatori di ogni età e all’accessibilità degli spazi.
L’allestimento curato da Gloria Zarletti rende visibile il lavoro di AmenCutti in undici stanze e tre botteghe, con l’aggiunta di cinque nuove sale che ampliano la mappa sensoriale. L’impronta è onirica e introspettiva, ma mai rarefatta: ogni ambiente racconta un pezzo di vita e di desiderio, con equilibrio fra artigianalità e teatralità. Le cronache culturali che hanno accompagnato l’apertura del museo hanno parlato di un luogo unico in Italia dedicato al Natale, nato da una collezione coltivata per decenni e ora consegnata, con generosità, alla visione di un pubblico vasto e curioso.
Risposte in un lampo
Serve prenotare per visitare il museo e partecipare agli spettacoli? Per la visita, sì: il canale ufficiale di biglietteria indica un calendario con date e orari disponibili, senza aperture continuative. Per gli spettacoli, le modalità vengono comunicate dal museo in prossimità degli eventi; è prudente verificare con anticipo, dato che gli spazi sono raccolti e l’affluenza può essere alta nei fine settimana e nei ponti autunnali.
Meglio vedere prima il museo o assistere prima agli spettacoli? Dipende da come si desidera vivere l’esperienza. Gli organizzatori hanno immaginato il programma per “preparare” o “prolungare” la visita: assistere allo spettacolo prima può disporre all’ascolto dei dettagli nelle sale; farlo dopo aiuta a sedimentare ciò che si è visto, trasformando emozioni in riflessioni più nitide e personali.
Dove si tengono gli eventi dal vivo? Il punto di riferimento è la Sala Santa Maria, già chiesa sconsacrata e oggi centro culturale cittadino, utilizzato da tempo per iniziative pubbliche. La scelta del luogo non è casuale: è uno spazio che amplifica la dimensione corale del progetto, consentendo al museo di uscire dal perimetro espositivo e incontrare la comunità con il passo della narrazione e della musica.
Qual è lo spirito del Museo AmenCutti rispetto al Natale? Non un repertorio di addobbi, ma un racconto su ciò che il Natale smuove in ciascuno: memorie, attese, mancanze. La storia personale del suo ideatore, Alessandro Consiglio, ha dato origine a una collezione che oggi diventa viaggio emotivo e culturale. Le cronache locali e la stampa di settore hanno riconosciuto in questa visione la forza di un progetto che parla al presente, senza zucchero di troppo.
Oltre l’incanto: ciò che resta quando si spengono le luci
Questa stagione a Ponzano Romano racconta un gesto raro: costruire un’esperienza pubblica a partire da una storia privata. Il Museo AmenCutti si offre come una casa aperta, dove tutto – dalle sale agli spettacoli – è pensato per generare legami. Non c’è promessa di perfezione: c’è un invito a entrare, ascoltare, scegliere cosa portare con sé. È qui che, per chi legge e per chi va, la cronaca culturale diventa memoria condivisa, e l’arte torna a incidere sul quotidiano con la delicatezza delle cose che durano.
