Sostenibilità, digitale e economia circolare non sono più slogan: sono leve industriali concrete per competere. Una ricerca del Sustainability Lab della SDA Bocconi, realizzata con Omnisyst e presentata a Milano, mostra come dati, tracciabilità e nuovi modelli di gestione dei residui possano trasformare i costi in valore e rafforzare la resilienza delle imprese italiane.
Un’urgenza che conviene
La nuova analisi del Sustainability Lab della SDA Bocconi, presentata nel convegno “Creare valore economico sostenibile attraverso la gestione circolare dei residui industriali” in collaborazione con Omnisyst, mette a fuoco un punto decisivo: la circolarità non solo riduce l’impatto ambientale, ma incide direttamente sui conti economici, migliorando produttività, contenimento dei costi e opportunità di ricavo attraverso il recupero dei materiali. Nelle parole dei protagonisti emerse nelle interviste diffuse da Adnkronos, è un cambio di paradigma che tocca ogni settore con benefici trasversali, in particolare per le realtà manifatturiere che gestiscono flussi di materia rilevanti.
La ricerca sottolinea inoltre il ruolo acceleratore delle tecnologie: digitalizzazione, Internet of Things, blockchain e intelligenza artificiale permettono di seguire i materiali lungo tutto il ciclo di vita, standardizzare i dati ambientali e ottimizzare i processi, con benefici che si riflettono su efficienza, trasparenza e capacità di attrarre investimenti. È la premessa per passare da una gestione degli scarti a basso valore a una piattaforma di circular value creation fondata su tracciabilità e dati verificabili, come evidenziato durante l’evento e nelle cronache dedicate.
Dalla riduzione dei rischi alla resilienza: la filiera come snodo strategico
Quando i residui diventano risorse, l’azienda riduce la dipendenza da approvvigionamenti esterni e attenua i rischi operativi e reputazionali. La diversificazione delle fonti e la progettazione per il riuso rendono le catene del valore più reattive di fronte a shock o interruzioni, mentre la compliance si rafforza grazie a dati meglio documentati. In questo quadro, il nuovo regolamento europeo sulle materie prime critiche spinge ulteriormente verso recupero e riciclo per diminuire la vulnerabilità dell’industria alle oscillazioni dei mercati globali.
Il tema della supply chain è determinante anche per l’Italia, dove la frammentazione settoriale può rallentare l’adozione di strategie innovative. Da qui il richiamo alla necessità di “fare sistema” su ambiti non competitivi, coinvolgendo capi filiera e stakeholder istituzionali per condividere standard, piattaforme digitali e investimenti. Il confronto in SDA Bocconi, con il contributo di manager e consulenti, ha mostrato la direzione: collaborazione strutturata e governance chiara per scalare i progetti circolari oltre i singoli stabilimenti.
Numeri e posizionamento
Sul piano europeo, l’Italia occupa un posto di vertice: secondo l’ultimo rapporto del Circular Economy Network in collaborazione con ENEA, il nostro Paese è secondo tra i 27 Stati dopo i Paesi Bassi, ma primo nel confronto con le principali economie continentali. Lo stesso rapporto evidenzia il miglioramento della produttività delle risorse e un tasso di utilizzo circolare di materia nettamente superiore alla media UE, pur con una persistente dipendenza dalle importazioni di materiali. Sono dati che confermano il vantaggio competitivo costruito negli anni e la necessità di consolidarlo.
Il quadro territoriale vede la Lombardia fra le realtà più avanzate: la raccolta differenziata regionale ha raggiunto il 73,8% nel 2023, con un sistema di gestione che punta a minimizzare lo smaltimento e massimizzare recupero di materia ed energia, come documentato da ARPA Lombardia e dalle comunicazioni regionali. In parallelo, l’Eurostat segnala per il 2023 un recycling rate medio dell’UE pari al 48% dei rifiuti urbani, utile per inquadrare gli sforzi italiani rispetto al contesto europeo.
Regole europee che cambiano il gioco: dal design sostenibile al “diritto alla riparazione”
La cornice normativa comunitaria accelera la transizione. L’Ecodesign for Sustainable Products Regulation, in vigore dal 18 luglio 2024, introduce requisiti su durabilità, riparabilità, contenuto riciclato e Digital Product Passport, trasformando la progettazione in una leva di competitività e trasparenza. Insieme, la direttiva che empower i consumatori contro il greenwashing e l’uso di claim vaghi, e la direttiva sul Right to Repair (entrata in vigore il 30 luglio 2024) orientano mercato e catene di fornitura verso prodotti che durano e si riparano.
Queste misure si innestano su scadenze già avviate: la CSRD ha imposto alle grandi imprese l’applicazione dei nuovi standard di rendicontazione a partire dall’esercizio 2024 con prime pubblicazioni nel 2025, mentre in primavera 2025 sono arrivati interventi di semplificazione e un “stop-the-clock” per scaglionare gli obblighi delle ondate successive. In parallelo, il battery passport diventa obbligatorio dal 18 febbraio 2027 per EV, LMT e batterie industriali oltre 2 kWh: una svolta che rende la tracciabilità un asset operativo e di conformità.
Tecnologie abilitanti e casi d’uso
Le imprese che stanno aprendo la strada puntano su soluzioni digitali concrete. La blockchain consente genealogie di prodotto e registri immutabili; l’IoT connette linee e magazzini sbloccando manutenzione predittiva e riduzione degli scarti; l’AI elabora dati di processo migliorando resa e mix di materiali; i digital twin simulano scenari per minimizzare consumi energetici e rifiuti. Anche l’automotive, con i primi battery passport già annunciati in Europa, anticipa i requisiti che tra breve saranno standard per molte filiere.
Nei casi analizzati dal lavoro congiunto di SDA Bocconi e Omnisyst emergono applicazioni replicabili: tracciabilità certificata nella tessile, logistica inversa e monitoraggio delle emissioni nella moda di alta gamma, simbiosi industriale per valorizzare sottoprodotti e semplificare dichiarazioni ambientali, fino alla gestione multisito verso l’“zero rifiuti in discarica”. Nelle life sciences, l’uso di dati guida investimenti e recuperi, coniugando sostenibilità e risparmi. È un mosaico di progetti che dall’innovazione tecnica risale alla strategia.
Capitale, reputazione e gare: ritorni misurabili
Il passo circolare non si esaurisce nelle metriche ambientali. La maggiore trasparenza sui flussi materiali e la coerenza con i criteri ESG si riflettono su brand loyalty, posizionamento competitivo e capacità di differenziarsi nelle gare pubbliche, dove gli indicatori ambientali pesano sempre di più nelle valutazioni. La mappa dei rischi si assottiglia, la governance del dato migliora e la rendicontazione richiesta dalle nuove regole europee diventa un alleato strategico, non solo un adempimento. È qui che sostenibilità e redditività iniziano a marciare insieme.
L’effetto si avverte anche nei rapporti con investitori e credito: sistemi informativi più solidi, tracciabilità end-to-end e miglior controllo dei costi operativi riducono incertezza e volatilità, facilitando la lettura dei piani industriali e la valutazione dei rischi. Le imprese che impostano oggi governance, processi e dati coerenti con ESPR, CSRD e Right to Repair guadagnano tempo e credibilità rispetto a competitor che rimandano. In una fase di mercato selettiva, questa preparedness può trasformarsi in multipli migliori e accesso a capitali più pazienti.
Cantieri aperti: collaborazione e politiche abilitanti
Per consolidare i progressi e colmare i divari, servono alleanze di filiera su standard, piattaforme dati e interoperabilità, insieme a regole e incentivi che premino chi investe nella circolarità. Il richiamo partito da Assolombarda durante il convegno, ripreso dalle cronache, va in questa direzione: estendere e replicare i modelli che funzionano, unendo capacità industriale e strumentazione finanziaria adeguata, così da accelerare su scala nazionale e, quando possibile, europea.
Gli strumenti non mancano: la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare del MASE e il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti tracciano il perimetro per misure amministrative e fiscali a sostegno del mercato delle materie prime seconde, della tracciabilità digitale e della responsabilità estesa del produttore. La priorità, oggi, è accompagnare le PMI nel percorso: competenze, data readiness, audit dei flussi, partnership tecnologiche e finanziamenti mirati trasformano la strategia in pratica quotidiana.
Domande rapide per orientare le scelte
Che cosa cambia subito per un’azienda che decide di “fare circolare” i propri residui? Nel breve periodo cambia la visibilità sui flussi: mappando materia, energia e scarti si scoprono inefficienze nascoste e si aprono spazi per ricavi da sottoprodotti. La tracciabilità digitale riduce i rischi di non conformità e prepara alla documentazione richiesta dalle regole europee su ecoprogettazione, passaporti digitali e rendicontazione. Il risultato è duplice: meno costi “opachi” e più resilienza nelle forniture.
Quali tecnologie conviene adottare per prime senza stravolgere l’organizzazione? Partire da sensoristica e IoT per raccogliere dati di qualità sui processi, integrando poi piattaforme di gestione documentale e tracciabilità (anche con registri distribuiti) consente di dimostrare origine, composizione e percorsi dei materiali. In settori come l’automotive, i passaporti di prodotto stanno già arrivando e mostrano il valore di una filiera che parla la stessa lingua dei dati, anticipando i requisiti che diventeranno standard.
Come si misura il ritorno economico della circolarità oltre ai benefici ambientali? Il conto è industriale: minor approvvigionamento di vergini e minori costi di smaltimento, riduzione dei fermi, recupero di valore da residui, migliore posizione nelle gare con criteri ambientali, maggiore attrattività verso clienti e investitori. La standardizzazione richiesta da ESPR e i quadri informativi della CSRD aiutano a quantificare in modo comparabile, trasformando la sostenibilità in indicatori di performance verificabili.
Qual è il primo passo per una PMI che vuole partire senza perdersi? Eseguire un audit dei flussi di materiale ed energia, definire le priorità con un business case e individuare partner di filiera per condividere dati e sbocchi. Strumenti nazionali ed europei – dalla strategia italiana sulla circolarità al quadro comunitario su ecoprogettazione e riparabilità – offrono riferimenti chiari. L’importante è scegliere progetti pilota misurabili e scalabili, con benefici che finanzino i passi successivi.
Uno sguardo che pretende sostanza
La gestione circolare dei residui non è un capitolo a margine, ma il luogo dove strategia, tecnologia e finanza si incontrano. Le imprese che trasformano gli scarti in risorsa, digitalizzano i dati e progettano prodotti destinati a durare costruiscono una competitività che resiste al tempo, alle crisi e ai mercati. È qui che il racconto della sostenibilità lascia spazio ai risultati: misurabili, replicabili, credibili.
