Jeremy Allen White affronta il mito di Bruce Springsteen con passo misurato e cuore esposto: una prova che nasce dalla pressione di un’icona e dal desiderio di restituirne l’umanità. A Roma, l’attore presenta il film che ripercorre la genesi di Nebraska, tra trauma, riscatto e scelte che hanno inciso sull’immaginario collettivo per oltre quarant’anni.
Un ruolo tra attese e timori
Quando gli è stato proposto di diventare Springsteen sullo schermo, Jeremy Allen White ha scelto di fermarsi, respirare e prendersi il tempo necessario. Non era cautela strategica: era il rispetto per una figura che vive nelle memorie di milioni di persone, e per i fan che non perdonano la superficialità. L’attore racconta di aver sentito addosso un peso specifico, quello di non tradire un sentimento collettivo. Poi la spinta decisiva: il regista Scott Cooper gli ha riferito che “Bruce lo voleva”. Da lì, l’impegno totale. A Roma, White ha rimesso in fila emozioni e metodo, evidenziando come quel “sì” abbia trasformato la pressione in responsabilità creativa.
La preparazione è stata concreta e spigolosa: studiare la voce, impugnare la chitarra, entrare nel respiro dei testi e nella postura di un uomo che stava rinegoziando la propria identità. White ha spiegato che tende a scegliere personaggi emotivamente fragili in cerca di scopo; qui ha trovato una vicinanza potente. Ha riconosciuto nell’album un abbraccio di empatia: un mondo arrabbiato e confuso, ma vivo di speranza. La sua trasformazione ha convinto anche lo stesso Springsteen, che in più occasioni pubbliche ha promosso il suo lavoro con stima e ironia affettuosa, contribuendo ad alimentare il passaparola su una performance già circondata da elogi.
Dentro “Nebraska”: un album che ancora brucia
Il film ruota attorno al 1982, quando Springsteen registra Nebraska su un quattro piste, in camera da letto, nel New Jersey. È il gesto creativo di un artista al bivio: sottrarsi al clamore per ascoltare il rumore interiore. Quelle canzoni, scabre e dolenti, guardano ai margini dell’America e interrogano una spiritualità smarrita. Al cinema, Cooper sottrae icone e sovrastrutture per raccontare l’uomo, mostrando quanto quel disco, puro e tormentato, resti un punto di svolta nella sua vita e una delle opere più resistenti del suo repertorio. Le uscite festivaliere e l’eco della stampa internazionale hanno rafforzato questa lettura contemporanea.
L’attualità di Nebraska passa anche dal dialogo con la storia mai del tutto svelata delle session “Electric Nebraska”. Oggi quel capitolo trova una cornice ufficiale nella raccolta Nebraska ’82: Expanded Edition, inizialmente annunciata da Sony Music per il 17 ottobre e poi riprogrammata al 24 ottobre per esigenze produttive, come comunicato sul sito dell’artista. Il cofanetto include registrazioni inedite, outtakes e una nuova performance integrale filmata al Count Basie Theatre di Red Bank. Un tassello che amplia e chiarisce la mitologia sonora di quell’anno irripetibile.
La regia e lo sguardo di Scott Cooper
Scott Cooper affronta la materia con pudore e precisione: non monumentalizza, asciuga. L’obiettivo è mostrare la vulnerabilità che convive con la forza creativa. È un racconto in cui, dopo decenni di guida personale, Springsteen sceglie di affidare la propria storia a un altro sguardo, e Cooper rivendica l’orgoglio di averla restituita nella sua nudità più vera. L’idea è politica nel senso più umano: parlare di individui che rincorrono un sogno e spesso ne restano fuori, senza retorica ma con compassione. Una linea narrativa che attraversa il film come corrente sotterranea.
Il cast costruisce una comunità emotiva credibile. Jeremy Strong dà corpo a Jon Landau, manager e alleato creativo, mentre Stephen Graham affronta la figura del padre, nodo sensibile nell’immaginario del Boss. Accanto a loro, Paul Walter Hauser, Gaby Hoffmann, Odessa Young, Marc Maron e David Krumholtz. La lavorazione ha attraversato importanti tappe pubbliche: dall’anteprima mondiale al Telluride Film Festival alla presentazione al New York Film Festival, con successiva tappa berlinese per la première tedesca. Una traiettoria che ha alimentato il confronto con pubblico e critica prima dell’approdo in sala.
Un’intimità che parla al presente
Nella visione di Cooper, Springsteen è “politico” nella misura in cui mette al centro le persone, i loro inciampi e le loro crepe. Il film lavora su questa frequenza: non prova a spiegare l’America, ma a restituirne gli interstizi. Gli spartiti di Nebraska, sussurrati e ruvidi, diventano il prisma per leggere la stanchezza e la fame di senso. White attraversa questo territorio con un approccio fisico e insieme introspettivo: voce, postura, piccole abitudini. La fedeltà non è mimetica, è morale: riguarda il rispetto di un’energia e di un linguaggio.
Cooper insiste anche su un’idea di artigianalità: registrare in camera da letto, togliere, ridurre. In questa chiave definisce Nebraska come il lavoro “più punk” di Springsteen non per i suoni, ma per lo spirito con cui sfida le regole dell’industria. Oggi che “basta un pulsante”, quel gesto suona ancora più radicale. È un’intuizione che ritrova riscontro nelle scelte stilistiche del film: luci essenziali, spazi intimi, attenzione al dettaglio minimo, quasi a riavvicinare lo spettatore al momento in cui la canzone prende vita.
Calendario, edizioni e attese in sala
Il pubblico italiano potrà vedere Springsteen: Liberami dal Nulla dal 23 ottobre 2025, distribuzione di The Walt Disney Company Italia. Negli Stati Uniti l’uscita è fissata per il 24 ottobre con il marchio 20th Century Studios. La filiera è pensata in sinergia: all’indomani del debutto, arriva nei negozi e sulle piattaforme il cofanetto Nebraska ’82: Expanded Edition, slittato al 24 ottobre dopo l’annuncio iniziale del 17. Cinema e catalogo dialogano per offrire un’esperienza che sia allo stesso tempo racconto e archivio.
Nel percorso di avvicinamento, Springsteen e White hanno raccontato pubblicamente la collaborazione, dalla conversazione televisiva a Jimmy Kimmel Live! alle apparizioni ai festival. A New York, il musicista ha salutato il film e la troupe con parole di apprezzamento, regalando anche una performance a sorpresa. Segnali che hanno costruito fiducia, preparando una visione meno museale e più carnale. Il quadro dei crediti completa la portata del progetto: soggetto e sceneggiatura di Cooper dal libro di Warren Zanes, cast corale e un impianto produttivo che punta sulla tenuta nel tempo, più che sull’effetto del momento.
Tre minuti per orientarsi
Quando esce il film in Italia e negli Stati Uniti? Nel nostro Paese l’appuntamento è il 23 ottobre 2025 con distribuzione The Walt Disney Company Italia; negli Stati Uniti l’uscita è fissata al 24 ottobre sotto il marchio 20th Century Studios. La scansione ravvicinata consente al pubblico europeo e americano di condividere lo stesso tempo di discussione, amplificando l’eco del racconto e l’interesse verso la parallela pubblicazione discografica connessa a Nebraska.
Che cosa contiene “Nebraska ’82: Expanded Edition” e quando arriva? Il cofanetto raccoglie le leggendarie session “Electric Nebraska”, outtakes solo, una nuova esecuzione integrale filmata al Count Basie Theatre e il remaster 2025 dell’album. Annunciato da Sony Music per il 17 ottobre, è stato riprogrammato al 24 ottobre secondo l’aggiornamento pubblicato sul sito ufficiale di Springsteen. È il completamento ideale del film: la storia raccontata sullo schermo trova conferme e inediti nel suono ristampato e riorganizzato.
Chi interpreta i protagonisti chiave e quali sono state le prime reazioni? Jeremy Allen White è Springsteen, Jeremy Strong è Jon Landau; tra i comprimari spiccano Stephen Graham, Paul Walter Hauser, Gaby Hoffmann, Odessa Young, Marc Maron e David Krumholtz. Le anteprime a Telluride e New York hanno acceso entusiasmi, con lo stesso Springsteen che ha pubblicamente elogiato la prova dell’attore. Le interviste televisive e le presentazioni europee hanno consolidato il passaparola positivo.
La nostra traccia emotiva: perché questo racconto conta adesso
Non è un santino musicale, né un’agiografia fuori tempo. È un film che scava in una stagione di ferite e la trasforma in materia condivisa. Ci interessa perché parla di identità quando tutto spinge alla spettacolarizzazione, e lo fa con un lessico sobrio, quasi ostinato. In sala si avverte il lavoro di un attore che ha preferito l’ascolto alla posa, e di un regista che ha cercato l’uomo sotto la leggenda. Springsteen: Liberami dal Nulla non chiede venerazione: chiede partecipazione. E questa, oggi, è una scelta editoriale che sentiamo necessaria.
