Produzione record, export dominante e un divario da colmare sulla Ricerca e Sviluppo: l’industria farmaceutica italiana vive un momento di forza che chiede visione e riforme. I numeri dicono molto; la sfida è trasformarli in benessere per i pazienti e competitività duratura, con regole chiare e investimenti mirati.
Slancio produttivo ed export: l’anno dei primati
Nel 2024 la produzione farmaceutica in Italia ha toccato quota 56 miliardi di euro, mentre l’export ha raggiunto 54 miliardi, confermando un ruolo di vertice in Europa. Non è un episodio isolato: è la fotografia di un ecosistema industriale che ha consolidato la crescita negli ultimi anni e che oggi compete con i grandi player continentali. A presentare questi dati è stato Marcello Cattani all’Assemblea di Farmindustria a Roma, con un richiamo alla centralità di investimenti, innovazione e capitale umano. La dinamica non si limita ai valori assoluti: racconta una traiettoria industriale che ha saputo cogliere mercati e opportunità.
L’export è il cuore pulsante di questa spinta. In dieci anni le vendite oltreconfine sono cresciute di oltre il 150%, e il peso dei medicinali sul totale manifatturiero è più che raddoppiato, attestandosi intorno al 9-11% a seconda delle rilevazioni. Ne deriva un saldo estero positivo superiore ai 21 miliardi, con il settore che contribuisce in modo determinante al valore aggiunto nazionale. È un risultato ottenuto in un contesto di costi crescenti, ma sostenuto da una catena del valore che regge la competizione globale. Lo confermano elaborazioni su dati Istat e Iqvia diffuse da Farmindustria e riprese da agenzie economiche e testate specializzate.
Lavoro, competenze e una geografia industriale che cambia
La forza industriale si riflette sull’occupazione: nel 2024 gli addetti del pharma sono 71mila, in crescita dell’1,4% sull’anno e dell’8% negli ultimi cinque anni. Spiccano l’incremento degli under 35 (+21% nel quinquennio) e la presenza femminile, che sale anche in funzioni ad alta specializzazione, segnalando un avanzamento culturale e organizzativo. È un’industria che integra filiere diverse, con stabilimenti e centri di ricerca distribuiti sul territorio, capace di attrarre profili tecnici, regolatori e data-driven. È qui che si consolida la capacità di trasferire il sapere in soluzioni terapeutiche concrete, creando prospettive di carriera e nuove professionalità.
Gli investimenti in R&S e in impianti ad alta tecnologia segnano un ulteriore scatto: circa 4 miliardi nel 2024, con un +13% sul 2023 e una crescita cumulata di circa +33% rispetto al 2019. È il segnale di una filiera che aggiorna i propri standard produttivi e, allo stesso tempo, alimenta pipeline di ricerca ambiziose. Dentro questi numeri convivono qualità, scalabilità e integrazione con il Servizio sanitario, attraverso studi clinici che anticipano l’accesso all’innovazione e rafforzano l’attrattività del Paese. Il quadro, diffuso durante l’Assemblea e approfondito da osservatori di settore, conferma una traiettoria strutturale, non ciclica.
Ricerca e Sviluppo: il divario da chiudere
Accanto ai numeri record dell’industria, resta aperta una questione cruciale: l’intensità di spesa in R&S. Il comparto Ricerca e Sviluppo in Italia si attesta attorno all’1,3% del Pil, una soglia confermata dalle ultime letture statistiche, con l’Istat che per il 2023 indica l’1,37%. È un livello che segnala progressi, ma anche la distanza dai Paesi europei più avanzati, dove l’asticella si avvicina o supera il 3%. Colmare questo gap significa consolidare filiere, accorciare i tempi di adozione delle terapie e rendere più competitiva la scienza prodotta in Italia.
Investire in ricerca non è un gesto astratto: anticipa l’accesso alle innovazioni per i pazienti, aumenta l’efficienza del sistema sanitario, genera occupazione qualificata e attira, per effetto alone, ulteriori capitali. È un circuito virtuoso che richiede scelte politiche chiare e una governance capace di premiare il valore clinico, con percorsi autorizzativi più rapidi e omogenei sul territorio. In questa direzione convergono le indicazioni emerse nei principali consessi di settore e nelle analisi diffuse in occasione degli appuntamenti associativi.
Studi clinici: un posizionamento europeo da consolidare
L’Italia occupa il quarto posto in Europa per numero di studi clinici avviati negli ultimi anni, con una dinamica che, dal 2022 in avanti, ha visto un’intensa attività, nonostante risorse pubbliche ancora contenute per la ricerca biomedica. Nei dati discussi in sedi istituzionali e scientifiche emerge la spinta degli studi sponsorizzati, a fronte del calo dei no profit, un segnale che richiama l’urgenza di rafforzare competenze e strumenti nei centri, dal data management agli study coordinator. È qui che l’attrattività del sistema Paese si misura ogni giorno.
Il contesto regolatorio si sta evolvendo, con l’attuazione del Regolamento (UE) 536/2014 e l’uso del portale CTIS, che spingono verso più trasparenza e regole armonizzate. Per tradurre il potenziale in risultati, servono iter più lineari, un riconoscimento professionale diffuso per le figure chiave della ricerca e una comunicazione più fluida tra Regioni e Aifa. L’obiettivo è ridurre disomogeneità e tempi, garantendo equità di accesso ai nuovi farmaci e stabilità agli investimenti. È una priorità richiamata da dirigenti d’agenzia e dagli attori industriali nelle sedi pubbliche.
La spinta culturale di “Agorà” e la rotta dell’innovazione
Nel dibattito su come orientare il sistema salute, il primo incontro di AstraZeneca Agorà – un format pensato per spiegare in modo accessibile temi complessi e contrastare le fake news – ha riportato al centro la necessità di una visione condivisa. Nella nota aziendale che accompagna l’iniziativa, Francesca Patarnello richiama l’urgenza di far crescere insieme ricerca clinica e innovazione, i due pilastri di una strategia che trasformi il sapere in terapie concrete, crei lavoro qualificato e generi risparmi per il sistema sanitario. È un invito a non perdere terreno in Europa.
Il contributo industriale si traduce anche in presenza sul territorio. Nel biennio 2023/24 il gruppo ha comunicato quasi 100 milioni di investimenti in R&S e, nel 2023, la gestione di quasi 200 studi clinici in 621 centri distribuiti in 17 regioni, con 19 nuove molecole in fase avanzata di sviluppo. Analisi indipendenti, come quelle presentate da The European House – Ambrosetti e riprese da testate nazionali, hanno inoltre documentato il primato del gruppo per studi attivi e nuovi studi avviati nell’ultimo anno, a conferma di un impegno capillare.
Riforme, governance e coraggio decisionale
Per trasformare i risultati di oggi in leadership di domani servono scelte concrete: più investimenti pubblici dedicati alla ricerca, una governance che premi il valore terapeutico e procedure di accesso ai farmaci più rapide e omogenee. Ridurre le diseguaglianze tra territori significa anche riconoscere e valorizzare le competenze che tengono in piedi gli studi clinici, dalla gestione dati alla ricerca infermieristica, assicurando percorsi stabili di carriera. È una responsabilità condivisa che chiama istituzioni, comunità scientifica e industria a muoversi nella stessa direzione.
Negli ultimi 10-15 anni i modelli del pharma sono cambiati: l’innovazione tecnologica, la medicina dei dati, le terapie avanzate hanno riscritto ruoli e competenze. Farsi trovare pronti non è un mantra, è una condizione per restare credibili sui mercati e per offrire ai pazienti opzioni terapeutiche sempre più efficaci e sostenibili. Le richieste maturate nelle assemblee del settore e negli incontri pubblici – dalla strategia nazionale per le Life Sciences alla revisione della governance – indicano una rotta che è tempo di imboccare con decisione.
Domande rapide per orientarsi
Perché l’1,3% del Pil in R&S è un limite?
Perché segnala uno sforzo ancora insufficiente rispetto ai Paesi europei più avanzati, che viaggiano intorno al 3%. Le ultime rilevazioni dell’Istat (1,37% nel 2023) mostrano progressi, ma il divario resta e pesa su tempi di adozione delle innovazioni e capacità di attrarre investimenti.
L’Italia è davvero tra i leader europei?
Sì, sul fronte industriale: produzione a 56 miliardi ed export a 54 miliardi nel 2024 raccontano un settore competitivo e integrato nelle catene globali. La leadership, però, si consolida solo se la spinta industriale viaggia con riforme mirate su ricerca, accesso e governance.
Che cosa serve per far crescere gli studi clinici?
Iter autorizzativi più rapidi e prevedibili, riconoscimento delle figure professionali che sorreggono la ricerca e investimenti stabili. L’evoluzione regolatoria europea va nella direzione giusta, ma occorre accelerare sull’organizzazione dei centri e ridurre le disomogeneità territoriali.
Che cos’è “AstraZeneca Agorà”?
È un format divulgativo che punta a raccontare, con linguaggio chiaro e rigoroso, i grandi temi del sistema salute, contrastando la disinformazione. Un contesto in cui ricerca clinica e innovazione vengono messi in dialogo per evidenziare l’impatto concreto sulla vita dei pazienti.
Il nostro sguardo: trasformare i risultati in valore condiviso
Il primato industriale non può bastare se non si traduce in diritti di cura più esigibili, tempi più brevi e un ecosistema della ricerca capace di trattenere talenti. È qui che un Paese sceglie chi vuole essere: se una piattaforma stabile per l’innovazione o un territorio che rincorre gli altri. L’industria ha mostrato di saper crescere; ora tocca alla politica economica e sanitaria chiudere il cerchio, con coraggio e responsabilità, perché la scienza diventi opportunità per tutti.
