Esce oggi il nuovo capitolo di Annalisa, un lavoro che porta un titolo che non ammette esitazioni: “Ma io sono fuoco”. La incontriamo alla vigilia dei live nei palasport: energia composta, sorriso limpido, la frangia in ordine. Ci racconta come trasforma inciampi e svolte in traiettorie creative, mentre la musica riaccende ogni scena.
Un’identità che brucia e trasforma
Il titolo del disco è una risposta, prima ancora che un’affermazione. Non un semplice slogan, ma un modo di stare nelle cose: reagire, orientare, scegliere la rotta invece di farsi trascinare. L’immaginario della copertina, con la tigre e quel letto che arde, parla la lingua del tempo che ritorna, consuma e rigenera. È un rimando esplicito alla riflessione di Jorge Luis Borges sul tempo che è fiume, tigre e fuoco: il fluire che divora e insieme ci abita. In questa chiave, l’album racconta la spinta a convertire ogni urto in direzione, ogni inciampo in costruzione, senza rinunciare alla parte più emotiva. L’uscita fissata per il 10 ottobre 2025 sigilla un percorso a tappe, maturato tra studio, istinto e una scrittura che guarda dritta al cuore.
La traiettoria musicale è un intreccio consapevole: pulsazioni elettroniche, una linea dance che guarda agli anni ’80, e una penna saldamente ancorata alla tradizione della canzone italiana. Non c’è nostalgia, c’è dialogo tra presente e memoria sonora. Il risultato sono undici tracce che alternano slanci da club, melodie luminose e confessioni private. Le note ufficiali e la presentazione del progetto hanno sottolineato proprio questo doppio binario: una produzione dal respiro internazionale e la cura certosina delle parole, come nella migliore scuola pop del nostro Paese. Bruciare per trasformare è l’azione, raccontare senza filtri è il metodo.
Tra synth, memoria anni ’80 e scrittura italiana
Il viaggio si apre con “Dipende”, un manifesto di pulsazioni sintetiche e innesti electro che riassume il gusto per i tappeti di synth e le casse dritte. La ricerca timbrica convive con il lessico di una scrittura personale, mai casuale. “Emanuela” strizza l’occhio a una classicità italo-disco che profuma di memoria collettiva, mentre “Esibizionista” mette a fuoco la teatralità del pop come spazio espressivo. È un equilibrio difficile, tenuto insieme da produzioni di taglio contemporaneo e da un’attenzione quasi artigianale per l’architettura delle strofe, dei ponti, dei ritornelli. Muovere il corpo per sbloccare la mente: qui succede spesso, e non è mai un espediente.
L’ultimo anno ha aggiunto benzina creativa con singoli che hanno aperto la strada: “Maschio”, pubblicato a maggio, ha centrato la vetta dell’airplay nazionale e la top ten FIMI, mentre a settembre è arrivata “Piazza San Marco” con Marco Mengoni, finita in top ten e accompagnata da un video girato davvero in Veneto, nel salotto d’acqua più iconico del Paese. Sono passaggi che spiegano bene l’impianto del disco: ballare senza perdere la qualità del racconto. La cassa spinge, il testo pesa; e quando il suono si fa notturno, la voce illumina il quadro con naturalezza.
Collaborazioni, citazioni e giochi di specchi
Dentro la scaletta spiccano due incastri che si richiamano: “Amica” e l’outro “Una tigre sul letto continua a parlarmi” formano una cerniera emotiva, la più esposta. Lì la scrittura si fa più nuda, quasi un’autonalisi che affronta le zone d’ombra senza orpelli. Non è un vezzo, ma la cifra che regge l’intero progetto: quando la melodia si assottiglia, emergono parole che restano. È il punto in cui il “fuoco” del titolo smette di essere metafora e diventa stato d’animo, fiato, pelle. Farsi attraversare per potersi cambiare.
C’è poi il gusto di giocare con la tradizione. “Avvelenata” porta nel nome un’eco inevitabile, quella che rimanda a Francesco Guccini, ma qui la citazione agisce come scintilla, non come calco. La presenza di Paolo Santo accende un controcanto che irrobustisce il brano, mentre la scrittura sposta la rabbia su un terreno più relazionale, più contemporaneo. A controbilanciare, il duetto con Marco Mengoni in “Piazza San Marco” svela un’altra sfumatura: la ballad che cammina, avvolta da elettronica discreta e da una Venezia di immagini interiori, più che da cartolina.
Numeri, streaming e la realtà del palco
Nell’epoca in cui ogni uscita vive sotto il faro dei numeri, la pressione è reale: streaming, classifiche, trend raccontano soltanto una parte della storia. Il resto lo scrive il pubblico, quando si spengono le luci e restano i palchi. Qui, tra attese e cronache di “sold out” veri o presunti, serve lucidità: i biglietti venduti sono una metrica cruciale, ma non definiscono da soli il valore di un percorso. La verità è che il pop sa farsi spettacolo senza rinunciare al contenuto; e la voce, se ben guidata, resiste al rumore di fondo. È in questo equilibrio che il progetto trova la sua misura.
La stagione dal vivo che si apre tra poche settimane mette ordine a queste percezioni. Il tour nei palasport prende il via il 15 novembre da Jesolo, con più date già esaurite e una mappa che tocca Milano, Roma, Firenze, Bari, Bologna, Torino e altre città, fino al 13 dicembre: un calendario serrato che fotografa l’interesse costruito passo dopo passo. Il sogno dello stadio resta un orizzonte affascinante, da avvicinare con lavoro, pazienza e canzoni che chiedono aria aperta.
Traguardi che pesano, oggi
Gli ultimi due anni hanno consolidato una leadership fatta di musica e risultati. Il riconoscimento come Global Force ai Billboard Women in Music di Los Angeles ha segnato un passaggio simbolico: la prima volta per un’artista italiana in quella cornice internazionale. A questo si sommano i premi in Spagna ai LOS40 Music Awards e un percorso di certificazioni che racconta numeri da capogiro: oltre 50 dischi di platino e oltre 10 d’oro, con “Mon Amour” diventato sei volte platino, un primato per una donna solista. La quantità, quando non divora la qualità, diventa storia.
Se guardiamo allo scatto dell’estate, “Maschio” ha acceso le radio, toccando la prima posizione nell’airplay e rimanendo alto anche sulle piattaforme, mentre l’arrivo di “Piazza San Marco” con Marco Mengoni ha confermato la tenuta del progetto in classifica e in rotazione. Sono segni concreti di una linea creativa che non si esaurisce nel singolo-spot, ma costruisce continuità e riconoscibilità. È questa coerenza, forse, il motore più credibile di un sogno più grande, quello di entrare in uno stadio e riempirlo di luce e sudore.
Quando la voce entra nel presente
C’è un filo sottile che lega canzoni e responsabilità. L’arte non è un tribunale, ma può farsi cassa armonica dell’empatia. In questi giorni, il dibattito attorno alla Global Sumud Flotilla e alla crisi a Gaza è entrato con forza anche nel pop italiano: l’appello pubblico e commosso di Elisa alla presidente del Consiglio per sbloccare gli aiuti e le parole di Carmen Consoli a sostegno dell’iniziativa raccontano un clima in cui esporsi significa, prima di tutto, prendersi cura. La musica non sostituisce la politica, ma può allargare il perimetro dell’ascolto.
Da queste scene emerge un’indicazione semplice: parlare con grazia e onestà non è una posa, è una scelta. Chi ha una voce che arriva a molti può decidere di usarla per tenere insieme emozione e misura, senza scadere nel tifo. In un tempo saturo di reazioni immediate, prendere posizione con responsabilità significa accettare il rischio del giudizio, ma anche difendere l’idea che la cultura serva a riconoscerci, non a dividerci. Qui la canzone pop mostra la sua forza più antica: fare comunità, non urlare più forte.
Domande lampo, risposte vere
Quando è uscito “Ma io sono fuoco” e cosa rappresenta per questa fase del percorso? È uscito oggi, 10 ottobre 2025. È il punto in cui l’intuizione diventa direzione: non un vezzo, ma un modo per affermare che ogni accadimento può essere trasformato. Il “ma” del titolo è una svolta di sguardo, un invito a reagire. La copertina, con la tigre e l’idea del fuoco, riprende il pensiero di Borges sul tempo che ci consuma e che, al tempo stesso, siamo noi a governare con consapevolezza.
Quante tracce contiene l’album e quali sono gli assi portanti dal punto di vista sonoro? Undici brani. L’asse è duplice: da un lato pulsazioni elettroniche e una tensione dance figlia degli anni ’80, dall’altro una cura maniacale della parola e delle melodie italiane. È un progetto costruito sull’equilibrio tra produzione internazionale e radici autoriali, pensando al ballo come strumento per liberare emozioni, non per nasconderle in un fondale estetico.
Quali singoli hanno fatto da apripista e come sono andati? “Maschio” ha spinto forte in radio, conquistando il primo posto nell’airplay e la top ten FIMI; a seguire “Piazza San Marco” con Marco Mengoni è entrata in top ten e ha mostrato l’altra faccia del progetto, più sentimentale ma sempre moderna. Due tasselli che hanno preparato il terreno all’album, confermando versatilità e continuità.
Quando parte il tour e quali città toccherà? Il viaggio nei palasport si accende il 15 novembre da Jesolo, poi arriveranno Padova, Roma, Firenze, Milano, Eboli, Bari, Bologna, Torino e altre tappe. Diversi appuntamenti sono già esauriti: un segnale concreto di attesa, costruito sulla qualità delle canzoni e su un’identità scenica che ha fatto strada nel tempo.
Cosa significa, in poche parole, dire “ma io sono fuoco” oggi? Significa scegliere la reazione. Non lasciarsi definire dagli eventi, ma rileggerli per trarne energia. È un modo di abitare il presente con coraggio, accettando che il fuoco bruci ma sapendo che sa anche illuminare. In questo disco quell’energia diventa suono, parola, scenario emotivo: una bussola quando tutto cambia di continuo.
Il nostro sguardo, adesso
Ci prendiamo il tempo di un respiro e, nel silenzio dopo l’ultima traccia, resta un’impressione netta: qui il pop non fa il verso a nessuno, si prende il rischio di essere chi è. L’idea di trasformare ogni scossa in occasione diventa gesto artistico prima ancora che messaggio. È un invito a tenere aperta la fiamma buona, quella che non divora ma illumina, e a riconoscere, in mezzo al rumore, la forza semplice delle canzoni che restano. In platea, il fuoco passa di mano in mano. E non si spegne.
