Emozione e gesto non vivono in mondi separati: il cervello li intreccia in un dialogo continuo, dove un sentimento accende la mappa dei movimenti e ogni movimento restituisce un’eco emotiva. Una ricerca coordinata all’Università di Parma e pubblicata su Pnas ne delinea i passaggi con precisione inedita, mostrando come nasce e si orienta questo scambio.
Un ponte operativo tra sentimento e movimento
Il lavoro, firmato da Giuseppe Di Cesare e Giacomo Rizzolatti insieme a Karl Friston, Peter Zeidman, Yury Koush e Alessandra Sciutti, esplora come lo stato affettivo condizioni la scelta e la forma dell’azione. Il gruppo, che riunisce competenze dell’Università di Parma, dell’University College London, dello Skolkovo Institute of Science and Technology e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, ha impiegato la risonanza magnetica funzionale per osservare il cervello in diretta mentre l’emozione si trasforma in gesto. La notizia è stata diffusa anche dalle agenzie italiane il 9 ottobre 2025, dopo l’annuncio accademico del 7 ottobre.
La pubblicazione su Proceedings of the National Academy of Sciences segue un filone che da anni indaga le “vitality forms”, cioè il modo in cui un’azione viene eseguita, il suo “tono” affettivo. In questo studio, il passo avanti è duplice: si chiarisce quando entra in gioco l’insula e come dialoga con la corteccia premotoria, disegnando la direzione del flusso informativo nelle diverse fasi, dal sentire all’agire. Il progetto è sostenuto da Fondazione Cariplo e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti, con un grant dedicato ai giovani talenti italiani.
Dentro l’esperimento: due compiti, un’unica traiettoria neurale
La procedura sperimentale ha previsto due momenti scanditi con cura. Nel primo, il feeling task, ai partecipanti veniva chiesto di evocare e mantenere uno stato affettivo positivo o negativo. Nel secondo, l’execution task, quello stesso stato doveva essere comunicato attraverso un’azione, così da “trascrivere” il sentimento in movimento. Con la fMRI gli autori hanno misurato l’attività delle regioni chiave, poi hanno applicato il Dynamic Causal Modeling per capire non solo “dove” si attivano i nodi, ma “chi parla a chi” e in quale ordine temporale.
I dati mostrano che assumere uno stato affettivo non accende genericamente il cervello: attiva in modo specifico l’insula prima che il corpo si metta in moto. È un passaggio cruciale, perché indica che la coloritura emotiva non è un’aggiunta tardiva al movimento, bensì un segnale che orienta la scelta della forma d’azione fin dall’avvio del processo. Da qui la decisione metodologica degli autori di distinguere con nettezza la fase del sentire da quella dell’eseguire, per isolare direzione e peso delle connessioni.
Due regie complementari: dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso
Nella fase di feeling, le informazioni affettive si concentrano sull’insula, che a sua volta modula la corteccia premotoria: è una modulazione bottom-up, che dal sentimento risale all’apparato motorio e lo prepara a selezionare la cinematica più coerente. Nell’execution, invece, la direzione si inverte: la corteccia premotoria invia i comandi e influenza l’insula, offrendo un feedback sul “colore” affettivo del gesto in atto. L’azione, così, non è solo coordinazione muscolare, ma espressione che porta con sé un significato emotivo immediatamente percepibile.
Questa doppia regia è ciò che rende il comportamento umano capace di comunicare senza parole. Un passo deciso può dire determinazione; una mano che porge con delicatezza può significare cura. L’architettura descritta dalla ricerca rende comprensibile come tali sfumature vengano impostate prima di muoversi e poi monitorate durante il movimento, evitando scarti tra ciò che proviamo e ciò che mostriamo. È una trama fine che spiega perché alcuni gesti “suonano” autentici e altri dissonanti.
La direzione dell’informazione: quando l’insula guida e quando ascolta
Per stabilire la direzione dei segnali, gli autori hanno adottato il Dynamic Causal Modeling, una cornice che consente di confrontare modelli e scegliere quello che meglio spiega i dati. È emerso che durante il mantenimento dello stato affettivo l’insula e la corteccia prefrontale orchestrano la modulazione della premotoria, mentre nell’esecuzione l’iniziativa parte dalla premotoria e ricade su insula e prefrontale. Questo chiarisce un punto spesso rimasto implicito: non basta accendere i motori, serve regolare costantemente l’allineamento tra sentimento e gesto.
Il quadro non nasce nel vuoto. Studi precedenti avevano già segnalato il ruolo della porzione dorso-centrale dell’insula nella lettura ed esecuzione delle vitality forms, ma finora mancava la prova direzionale su come le informazioni scorressero tra i nodi coinvolti. La nuova pubblicazione su Pnas, messa online il 10 settembre 2025 e apparsa nel numero del 16 settembre, porta questa evidenza e aggiunge un tassello sulla funzione regolatoria della corteccia prefrontale nel mantenimento degli stati interni.
Dove nasce il “tono” dei gesti quotidiani
Capire l’architettura che connette insula e aree motorie aiuta a leggere molte situazioni della vita di ogni giorno. Un saluto energico, un tocco esitante, una stretta di mano decisa: tutto prende forma da un ciclo che parte dallo stato emotivo, informa la selezione della cinematica e si aggiorna istante per istante durante l’azione. È su questo circuito che si radica la comunicazione non verbale, quel patrimonio di segnali sottili che fa la differenza tra una presenza empatica e una presenza che resta opaca.
Per chi osserva dall’esterno, queste sfumature sono spesso più persuasive delle parole. La ricerca lo mostra con chiarezza: il “come” incide sul “cosa”. In termini neuroscientifici, l’informazione che dall’insula raggiunge la premotoria durante il sentire prepara il corpo a essere coerente, mentre il ritorno di segnale durante l’esecuzione consente un controllo di qualità emotivo del gesto. È la base neurale di quella intelligibilità immediata che rende riconoscibili le intenzioni di chi ci sta di fronte.
Un tassello in una storia più ampia: dalle prime evidenze alla prova direzionale
Già in passato, la letteratura aveva indicato l’insula come nodo cruciale nell’espressione delle vitality forms. Un lavoro apparso su Pnas aveva descritto un’attivazione specifica del settore dorso-centrale dell’insula in tre compiti diversi – osservazione, immaginazione ed esecuzione – suggerendo che questa regione modula i circuiti motori per permettere alle persone di esprimere e comprendere il “modo” delle azioni. La nuova indagine prosegue su questa strada, ma introduce la freccia dell’informazione tra i nodi, offrendo un livello di spiegazione più fine.
Negli ultimi anni non sono mancati contributi metodologici che hanno preparato il terreno, utilizzando approcci come il Dynamic Causal Modeling per tracciare il dialogo tra insula e rete fronto-parietale durante osservazione ed esecuzione di azioni. Questi lavori hanno supportato l’idea che insula e premotoria si modulino reciprocamente, con un passaggio di testimone che cambia a seconda della fase. La pubblicazione coordinata a Parma integra e rafforza queste evidenze, portandole su compiti che ricostruiscono con cura la catena dalle sensazioni interne al gesto espressivo.
Domande in un minuto
Che cosa aggiunge davvero questo studio rispetto al passato? La novità sta nell’aver definito la direzione del flusso informativo: durante il mantenimento dello stato affettivo l’insula, in concerto con la corteccia prefrontale, modula la premotoria; durante l’esecuzione accade il contrario, con la premotoria che guida e l’insula che monitora il “tono” dell’azione. Questa architettura, descritta con fMRI e Dynamic Causal Modeling, rende misurabile il passaggio dall’emozione al movimento e ritorno.
Perché l’insula è così importante quando sentiamo e agiamo? Perché integra stati interni e segnali corporei, fornendo al sistema motorio un contesto affettivo prima di muoversi e un riscontro mentre l’azione è in corso. Diversi lavori, compresi precedenti articoli su Pnas, hanno individuato nella porzione dorso-centrale dell’insula un nodo che “dà forma” al modo in cui eseguiamo i gesti, rendendoli riconoscibili agli altri.
Chi ha firmato la ricerca e come è stata sostenuta? Il team riunisce Giuseppe Di Cesare, Giacomo Rizzolatti, Karl Friston, Peter Zeidman, Yury Koush e Alessandra Sciutti, con il contributo di Università di Parma, UCL, Skoltech e IIT. Il progetto è finanziato da Fondazione Cariplo e Fondazione Cassa Depositi e Prestiti; nella pubblicazione compaiono anche riferimenti a un sostegno della Wellcome Trust, a conferma della solidità della piattaforma di ricerca internazionale.
Quando è stata resa pubblica la scoperta? L’articolo è stato messo online dalla rivista a inizio settembre 2025 ed è apparso nel volume del 16 settembre; l’ateneo ha diffuso la notizia il 7 ottobre 2025 e il giorno 9 la ripresa è stata ampia sulle testate italiane. Questa scansione temporale segnala un interesse immediato, anche oltre la comunità scientifica, per il tema del passaggio dall’emozione all’azione.
Il gesto che racconta chi siamo
Nel nostro mestiere di cronisti ci interessa ciò che rende decifrabile l’umano, soprattutto quando la scienza illumina i meccanismi che danno sostanza alla quotidianità. Questo studio mette ordine in un territorio spesso raccontato per intuizioni: spiega perché una stretta di mano convinca più di un discorso, perché un passo incerto tradisca un dubbio. Ogni gesto è un messaggio e, come mostrano i dati, nasce da un circuito che avvicina ciò che proviamo a ciò che facciamo, senza lasciare zone d’ombra tra le due dimensioni.
Abbiamo scelto di raccontarlo mettendo al centro i passaggi che contano: l’insula che prepara e verifica, la premotoria che sceglie e guida, la prefrontale che regola. Una catena che restituisce dignità al “come”, troppo spesso relegato a dettaglio. La qualità di un’azione dice molto della qualità di un’intenzione. E qui, nella precisione dei risultati e nella chiarezza del metodo, c’è il valore di una scoperta che riguarda ciascuno di noi, ogni volta che entriamo in relazione con qualcuno.
