Mulino Bianco accende una luce nuova sul quotidiano: con Buongrano, il biscotto realizzato con farina di grano tenero da agricoltura rigenerativa, la sostenibilità entra nel gesto più semplice, la colazione. Un passo che traduce in concretezza la Carta del Mulino e apre un percorso che unisce gusto, tutela del suolo e responsabilità condivisa.
Un biscotto che racconta un cambiamento reale
Non è solo un nuovo prodotto: è un segnale. Con Buongrano, il marchio del Gruppo Barilla diventa il primo brand bakery in Italia certificato a proporre un biscotto interamente ottenuto da grano tenero coltivato con pratiche rigenerative, verificate secondo il Regenerative Agriculture Standard di FoodChain ID. L’annuncio, dato l’8 ottobre 2025, sancisce l’avvio di una fase evolutiva della Carta del Mulino, il disciplinare nato nel 2018 per orientare la filiera verso metodi agricoli che valorizzano biodiversità, qualità e lavoro agricolo. Il risultato è un prodotto che unisce bontà e una cura misurabile per la terra che lo rende possibile, come documentato da voci autorevoli dell’informazione ambientale e dell’economia italiana.
Per chi lo porta a tavola, la promessa è semplice: scegliere il piacere del gusto senza dimenticare il futuro del suolo. Buongrano arriva con un pack dedicato che esplicita l’impegno a estendere il modello a tutta la produzione: l’obiettivo dichiarato è che entro il 2030 l’intera gamma utilizzi solo farine da agricoltura rigenerativa. Non è un orizzonte comunicativo, ma un traguardo industriale da raggiungere coinvolgendo ogni attore della filiera, allineando controlli, formazione e investimenti. Un indirizzo che si inserisce nella rotta pluriennale della Carta del Mulino e che mantiene la qualità organolettica come primo patto con il consumatore.
Dalla regola al campo: come funziona lo standard
Il cuore tecnico di questo percorso sta nell’inserimento nel disciplinare di un riferimento chiaro: il Regenerative Farming Standard (RGN) di FoodChain ID. Si tratta di un quadro outcome-based che guida chi coltiva verso progressi concreti su fertilità del suolo, biodiversità e resilienza climatica, con un sistema di livelli che incoraggia il miglioramento continuo e con audit in campo per verificare risultati e tracciabilità. Significa passare dalla semplice adozione di pratiche raccomandate alla misurazione degli effetti nel tempo, costruendo credibilità lungo tutta la catena, dal conferimento alla trasformazione. In questo impianto trovano spazio strumenti digitali e monitoraggi che aiutano a rendere comparabili gli sforzi e a certificare il valore generato.
Nella quotidianità dei campi, l’agricoltura rigenerativa si traduce in gesti che proteggono e nutrono il suolo: rotazioni colturali che restituiscono nutrienti, coperture vegetali nei periodi di riposo per evitare erosione, fasce fiorite per ospitare impollinatori e insetti utili, uso più mirato di input chimici, oltre a tecnologie che consentono di misurare e correggere rotta stagione dopo stagione. È un approccio olistico che mette la salute dell’agroecosistema al centro, con benefici che non restano teorici ma si vedono in termini di fertilità, biodiversità e gestione dell’acqua. Lo stesso impianto accompagna il rilancio di Buongrano, rendendo tangibile l’evoluzione della Carta del Mulino.
Una filiera che cresce, numeri alla mano
Oggi la Carta del Mulino abbraccia oltre 48.000 ettari coltivati da 1.800 agricoltori, con 14 mulini esterni e 70 centri di stoccaggio a presidiare una filiera che comprende anche il mulino di proprietà Barilla. Con l’edizione 2025, l’agricoltura rigenerativa entra come parte costitutiva del modello produttivo del grano tenero: una scelta che richiede accompagnamento tecnico, aggiornamento delle competenze, investimenti digitali e una governance capace di valorizzare il contributo di ogni attore. È un disegno industriale che misura i progressi e li restituisce ai territori, con una ricaduta che supera il singolo prodotto e punta a consolidare un metodo.
I risultati iniziano a essere quantificabili: le pratiche introdotte hanno portato a una riduzione media del 7% annuo delle emissioni di CO₂ eq rispetto ai metodi convenzionali, pari a circa 9.500 tonnellate evitate – l’equivalente di 320 camion carichi di CO₂. In parallelo, 2.000 ettari sono stati destinati a fasce di biodiversità, con un +40% di insetti impollinatori osservato nelle aree monitorate dall’Università di Bologna. A garantire che il terreno stia davvero migliorando c’è SOCRATE, modello che usa satelliti e intelligenza artificiale per stimare in modo rapido e accurato la sostanza organica, indicatore chiave della fertilità.
Il valore delle alleanze: scienza, ONG e tecnologia
Un percorso così ambizioso si regge su collaborazioni solide. Al fianco del marchio lavorano WWF Italia, il CNR–Ibe, le Università di Torino, Bologna e Tuscia, con partner tecnologici come xFarm e Open Fields: un intreccio di competenze che verifica le pratiche, misura gli impatti e li traduce in indicazioni operative per gli agricoltori. L’impegno è stato raccontato e sostenuto da realtà che da anni osservano l’evoluzione della filiera, riconoscendo nel disciplinare della Carta del Mulino un motore di miglioramento continuo e uno strumento di trasparenza verso i consumatori.
Il coinvolgimento del WWF ha anche un risvolto sociale ed economico: fra gli elementi qualificanti c’è il premio agli agricoltori che aderiscono al disciplinare, a compensazione delle rese inferiori nelle superfici restituite alla Natura e dei costi legati alle buone pratiche. È un patto che rende sostenibile l’impegno nel tempo e che consente al progetto di diffondersi senza scaricare l’onere solo su chi coltiva. In questa cornice si inseriscono anche iniziative di sensibilizzazione sul territorio, che valorizzano le aree fiorite e l’impatto positivo sulla biodiversità, per mostrare che il cambiamento è concreto e condiviso.
Domande rapide, risposte essenziali
Che cosa rende diverso Buongrano rispetto a un biscotto tradizionale? La farina è ottenuta al 100% da grano tenero coltivato con pratiche di agricoltura rigenerativa certificate secondo lo standard di FoodChain ID. Questo significa passaggi verificati in campo, obiettivi ambientali misurabili e un impegno a mantenere la qualità sensoriale a cui i consumatori sono abituati, trasformando la scelta d’acquisto in un gesto quotidiano che sostiene suolo, biodiversità e filiere locali senza rinunciare al gusto.
Qual è l’impatto ambientale atteso da questo approccio? I primi dati parlano di una riduzione media del 7% annuo delle emissioni di CO₂ eq rispetto all’agricoltura convenzionale, pari a circa 9.500 tonnellate risparmiate ogni anno. Inoltre, dedicare 2.000 ettari a fasce di biodiversità ha favorito un +40% di impollinatori nelle aree osservate, con benefici che toccano anche la salute del suolo, monitorata con strumenti avanzati come il modello SOCRATE basato su satelliti e intelligenza artificiale.
Quando la transizione riguarderà tutta la gamma? L’impegno pubblico è fissato a entro il 2030: il traguardo è estendere la farina di grano tenero da agricoltura rigenerativa a tutti i prodotti del marchio. È un obiettivo che richiede coordinamento tra agricoltori, stoccatori e trasformatori, formazione e investimenti in monitoraggi e innovazione, così da rendere stabile nel tempo il miglioramento ambientale lungo la filiera italiana del grano tenero.
Chi verifica che le pratiche siano realmente adottate? La conformità è allineata al Regenerative Farming Standard di FoodChain ID, un programma con audit e indicatori di risultato; in parallelo, la salute del suolo è controllata con SOCRATE, che stima la sostanza organica grazie all’uso combinato di satelliti e intelligenza artificiale. Il percorso è supportato da WWF, CNR–Ibe e università italiane per garantire che i dati raccolti siano robusti, comparabili e utili a migliorare le pratiche di anno in anno.
Che cosa cambia per agricoltori e mulini della filiera? Entrano in gioco più formazione, assistenza tecnica e strumenti digitali, ma anche il riconoscimento del valore del lavoro: oggi la Carta del Mulino coinvolge 1.800 agricoltori, 14 mulini e 70 centri di stoccaggio su oltre 48.000 ettari. L’adozione di pratiche rigenerative diventa parte del modello produttivo, con effetti che si riflettono su qualità, stabilità delle rese e resilienza dei territori in cui il grano viene coltivato.
Una scelta quotidiana che lascia il segno
C’è un filo che lega un biscotto spezzato a colazione e la fertilità di un campo a fine stagione. In Buongrano quel filo diventa visibile: pratiche agronomiche verificate, biodiversità favorita, emissioni ridotte, suoli osservati con strumenti che traducono in numeri ciò che prima era intuizione. È un modo di fare industria che prova a riavvicinare prodotto e paesaggio, ricordandoci che ogni filiera è fatta di persone, competenze e scelte che meritano rispetto. La Carta del Mulino ne è la grammatica, il biscotto il racconto quotidiano.
Guardando avanti, la meta del 2030 appare ambiziosa e al tempo stesso necessaria. La sfida è mantenere fede a tre priorità: qualità del prodotto, trasparenza dei dati, equità per chi coltiva. Se questi pilastri restano saldi, l’intuizione di oggi potrà diventare nuova normalità. E quel gesto semplice – scegliere un biscotto – continuerà a parlare, ogni mattina, di una terra più viva e di una responsabilità condivisa che sa trasformarsi in gusto e fiducia.
