Marco Liorni si prepara a rientrare nella casa degli italiani con “L’Eredità”, portando in studio calma, metodo e un entusiasmo che contagia. Nessuna rincorsa affannosa, solo il piacere di fare televisione con cura e gioco pulito. È questo, ci racconta, il suo modo per misurarsi con un preserale che ogni sera parla a milioni di persone.
Un inizio senza ansie inutili
Il conduttore romano mette subito in chiaro il suo approccio: niente tremori da “traino”, perché l’unica bussola è il lavoro fatto bene, con attenzione e gioia. Gli ascolti contano, certo, sono il termometro che dice se stai remando nella direzione giusta, ma non possono dettare la rotta emotiva di chi guida un programma quotidiano. Nelle sue parole sentiamo esperienza e misura: si gioca, ma si gioca sul serio, con il rispetto di un appuntamento che vive dello sguardo del pubblico sera dopo sera.
Non c’è fretta di bruciare tappe: un programma giornaliero mostra il proprio respiro nel tempo, oltre l’onda lunga della curiosità iniziale. È lì che emergono la costruzione, il ritmo, la qualità delle domande e la capacità di ascoltare i concorrenti. Liorni sembra aver cucito su di sé questo equilibrio: meno adrenalina gratuita, più mestiere, più ascolto. È un invito a guardare il gioco senza sovrastrutture, con quella leggerezza che non è superficialità ma consapevolezza di chi sa dove vuole portare lo spettacolo.
La sfida del preserale e il contesto degli ascolti
Il passaggio di testimone dal ritmo estivo di “Reazione a Catena” firmata Pino Insegno a “L’Eredità” colloca il game di Rai1 nel suo alveo naturale: la fascia che prepara il pubblico al Tg1 delle 20. È il quadrante più delicato della giornata, quello in cui la compagnia si trasforma in abitudine e l’abitudine in fedeltà. In questa cornice, Liorni sceglie il profilo basso e la solidità, parole che diventano un metodo prima ancora che un messaggio al pubblico.
Il quadro esterno racconta un mercato forte e competitivo: l’ultima stagione di “L’Eredità” ha chiuso con una media attorno ai 4,3 milioni e circa il 26% di share, toccando punte oltre il 29% e mesi da record, segno di una relazione consolidata col pubblico del preserale. Numeri riportati dalle cronache televisive e letti come indizio di tenuta editoriale, prima ancora che di successo numerico. Una base solida da cui ripartire.
Intanto, nell’access di Canale 5, “La Ruota della Fortuna” ha riacceso la competizione con esordi sopra i 3,6 milioni e oltre il 21% di share, poi saliti in estate oltre il 25% fino a nuovi picchi nei mesi successivi, ridisegnando equilibri storicamente presidiati da Rai1. Un successo atteso, commenta con eleganza Liorni, che però non sposta il suo baricentro: il suo game, dice con un sorriso, “sta bene dove sta”.
La macchina del gioco e le novità in arrivo
Niente compiacimenti: alla terza stagione consecutiva, Liorni rifiuta l’idea di limitarsi a custodire un’eredità. Preferisce definirsi anche un “collaudatore”, uno che prova, ascolta, aggiusta. È così che nasce il nuovo segmento “Un, due, tre, quella!”, pensato per catturare quel momento in cui la parola è lì, a un passo, eppure non arriva. Tre indizi, nessuna opzione preconfezionata, solo la prontezza del concorrente: farina del suo sacco, come piace al conduttore.
Inserire un gioco dentro un format con un crescendo così calibrato è un’operazione di cesello. Ogni variazione altera ritmo e percezione, e anche la sorpresa ha bisogno di una drammaturgia preparata, non di colpi di scena gratuiti. Liorni lo rivendica con franchezza: prima di far entrare un elemento nuovo, si valutano mille equilibri. È un atto di rispetto verso il pubblico, ma anche verso i concorrenti e il lavoro della squadra che orchestra il preserale di Rai1.
Esperimenti, tecnologia e televisione che cambia
Chi conosce Liorni sa che la sua curiosità non si ferma al campo da gioco. A sessant’anni compiuti, confessa di voler sperimentare ancora, guardando alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale come a una soglia che la tv dovrà attraversare presto. In cantiere c’è un’idea di format che promette un tipo di fruizione più interattiva con chi resta a casa: tessere che devono incastrarsi con precisione, senza fretta, ma con l’ambizione di portare qualcosa di concretamente nuovo.
La sua traiettoria professionale — dagli inizi sul campo al racconto delle storie, fino alla conduzione dei game — spiega la serenità con cui abbraccia il cambiamento. Non c’è retorica tecnologica, solo la consapevolezza che la televisione, per restare viva, debba respirare ciò che accade fuori. E quando l’innovazione non resta parola d’ordine ma diventa esperienza di visione, allora il rapporto con il pubblico si rafforza e la ritualità quotidiana acquista un sapore inedito.
La vita fuori dallo studio e l’energia di casa
Nella conversazione emerge anche la dimensione privata, quel contrappunto che spesso dice più di tante dichiarazioni. Le figlie che lo osservano, lo imitano, smontano gesti e tic con affetto sono la misura più sincera di un mestiere che consuma energie e restituisce, però, allegria. È un gioco serio, il suo, che diventa ancora più vero quando a casa qualcuno ti ricorda che l’ironia è il miglior antidoto alla solennità. “Sano” è l’aggettivo che resta sospeso, e gli calza addosso.
Il conto alla rovescia è partito: l’appuntamento è per lunedì 20 ottobre nel preserale di Rai1, quando “L’Eredità” riaprirà i battenti con il suo pubblico di sempre e con chi vorrà scoprire le novità. La data segna il ritorno di un rituale che ha attraversato stagioni e palinsesti, capace di azzerare il rumore attorno e rimettere al centro il piacere di giocare, imparare e condividere.
Una stagione che parte da basi solide
La fotografia della scorsa annata racconta un format in grande salute: medie oltre i quattro milioni, share che ha oscillato fra il 26% e il 29%, con picchi ancora più alti. Sono dati che non si interpretano solo in termini di leadership, ma come prova della capacità del programma di rinnovarsi senza perdere identità. In parallelo, le speciali incursioni in prima serata hanno dimostrato elasticità e appeal trasversale, trasformando il gioco in una festa popolare condivisa.
Il confronto con la concorrenza è acceso, soprattutto guardando all’access dove Gerry Scotti ha riportato in auge “La Ruota della Fortuna” con risultati brillanti e costanti, capaci di spostare l’attenzione e di alzare l’asticella della sfida quotidiana. In questo scenario, la risposta di Liorni è disarmante per semplicità: concentrarsi sul proprio campo, dove la qualità della relazione col pubblico — più che il clamore — fa la differenza sera dopo sera.
Domande in tasca, risposte sul pezzo
Quando ricomincia “L’Eredità” e in quale fascia oraria la vedremo? Il debutto di stagione è fissato per lunedì 20 ottobre nel preserale di Rai1, la sua casa naturale: una collocazione che prepara all’edizione delle 20 del Tg1 e che negli anni ha cementato l’appuntamento con il pubblico, trasformando il quiz in un rito familiare a fine giornata.
Qual è la novità più attesa del gioco? Arriva “Un, due, tre, quella!”, un segmento costruito sull’intuizione pura: tre indizi, nessuna risposta precompilata, solo la parola che affiora quando serve. Un innesto pensato per esaltare prontezza e lessico dei concorrenti, inserito con cautela dentro la drammaturgia collaudata del format.
Liorni teme l’ansia da “traino” verso il telegiornale? No. Il suo mantra resta uno: lavorare bene, con gioia e misura, perché l’ansia non migliora la qualità. L’indicatore sono gli ascolti, ma l’obiettivo è fare televisione che regga alla prova del tempo, puntata dopo puntata, senza rincorrere l’immediatezza.
Ci sarà un passaggio in access per “L’Eredità”? La risposta è netta, anche se accompagnata dal sorriso: il programma “sta bene dove sta”. In access oggi si consuma un’altra partita, quella della Ruota della Fortuna, che ha registrato numeri importanti e ha ridisegnato equilibri serali.
Una rotta chiara, oltre il frastuono dei numeri
Di fronte a stagioni che cambiano e sfide sempre più serrate, colpisce la serenità di Marco Liorni. La sua è una tv che non teme la normalità: dialoga con le persone, chiede attenzione senza urlare, affida al gioco — e al suo ritmo — il compito di rimettere ordine nella giornata. In un panorama che spesso confonde velocità e qualità, scegliere la precisione diventa un atto quasi controcorrente, e per questo profondamente contemporaneo.
La nuova stagione riparte da qui: rispetto per il pubblico, curiosità verso il presente e la voglia di sperimentare senza snaturarsi. È la linea editoriale che sentiamo più nostra: raccontare una televisione che non perde il contatto con la realtà, che sa divertirsi e far pensare, che abbraccia l’innovazione quando serve e custodisce ciò che funziona. Perché la vera eredità è il tempo che il pubblico decide di affidarti, ogni sera.
