Dopo sette anni di silenzio discografico, il duo emiliano Mora & Bronski riaccende i riflettori con Underdogs Vol. 1: dieci riletture dal canzoniere blues, country e folk d’America, sospese tra memoria analogica e ritmo contemporaneo. Un ritorno che vibra di rispetto per le radici e voglia di riscriverne il respiro.
Un ritorno che suona come una promessa
Il nuovo capitolo di Fabio Mora e Fabio “Bronski” Ferraboschi segna il quarto album della loro storia comune e arriva a distanza di sette anni dall’ultima pubblicazione: Underdogs Vol. 1 raccoglie dieci brani pescati dal patrimonio di autori celebri e meno celebrati della tradizione americana. Il progetto non si rifugia nella nostalgia, ma la attraversa con sguardo lucido, consegnando al presente la sostanza viva del blues, del country e del folk. È un ascolto che abbraccia la polvere delle origini e il passo deciso di oggi, con la naturalezza di chi conosce a fondo ciò che canta.
Questa volta la scelta è radicale: solo cover, da Hank Williams a Freddie King, ma trattate come materia pulsante. Le strutture restano fedeli all’impianto originale, mentre la pelle del suono cambia e respira in modo nuovo, guidata da un approccio ritmico e timbrico che osa senza tradire. Ne scaturisce un mosaico coerente e sorprendente, dove la rilettura diventa gesto creativo. Non un semplice tributo, ma un dialogo vibrante tra passato e presente, capace di rivelare sfumature rimaste in ombra.
Radici, dischi e un lungo sodalizio
Il duo nasce dall’incontro fra la voce di Fabio Mora e la chitarra di Fabio “Bronski” Ferraboschi, anime di un progetto che ha già lasciato tre tappe importanti: Naif (2014) e 2 (2016), pubblicati per Busker, e 50/50 (2018), uscito per Merlone / AZ Press. La loro intesa affonda però le radici in un cammino ancora più lungo: per ventidue anni sono stati colonna portante de I Rio, rispettivamente come voce e basso, affinando sul campo una complicità artistica che oggi si percepisce in ogni scelta sonora.
Dal 2014 Mora & Bronski hanno intrapreso una ricerca personale che intreccia classici americani e brani inediti, muovendosi con disinvoltura tra blues, folk e canzone d’autore. È una traiettoria artistica che predilige la sostanza alla posa, attenta alle storie che le canzoni custodiscono e alla loro forza evocativa. In questo percorso, la cura per l’arrangiamento e la scelta dei suoni non è mai mero esercizio di stile: è il modo in cui la memoria si fa presente, e il presente restituisce dignità alla memoria.
Un’evoluzione sonora che guarda avanti
All’inizio il loro impianto era essenziale: strumenti acustici al centro, battiti di mani e stomp a scandire il passo. Poi, già con 50/50, sono arrivati i primi innesti elettronici, tra break-beat e campionamenti, a dimostrazione di una curiosità mai sazia. Quell’economia di mezzi si è trasformata in scelta di carattere, capace di aprire spazi nuovi senza perdere la concretezza dell’origine. Ogni elemento appare misurato, ogni dettaglio timbrico si mette al servizio del racconto.
Con Underdogs Vol. 1 il passo si fa ancora più deciso: il fruscio dei vecchi vinili avvolge chitarre e voci immerse in una distorsione analogica che richiama i classici della Chess e della Vee-Jay Records, mentre la spinta ritmica guarda ai break-beat degli anni ’90 e persino all’afro-house contemporanea. L’equilibrio è sottile e riuscito: la tradizione resta riconoscibile, ma la materia sonora si rinnova, come se le canzoni trovassero una nuova pelle senza perdere la loro anima.
Underdogs Vol. 1: omaggio vivo e rigenerato
La scelta di attraversare repertori che vanno da Hank Williams a Freddie King rivela un’intenzione precisa: porsi in ascolto dei padri, per restituire al pubblico un’eredità capace di parlare oggi. Dieci tracce, dieci sguardi diversi su un’America musicale che è radice e linguaggio. La rilettura diventa atto d’amore e di libertà, un gesto capace di disegnare ponti tra la ruvidezza delle origini e il battito post-moderno, senza strappi, senza retorica, con l’umiltà di chi entra in una casa che conosce bene.
Il risultato è un melting pot sonoro che non snatura, ma rigenera. Le canzoni, rispettate nelle loro architetture, respirano un’aria nuova e trovano un ritmo diverso con cui camminare. In questa prospettiva, la tradizione americana e afroamericana non è teca da museo, ma corpo vivo. Mora & Bronski ne colgono la verità e la rimettono in circolo, spinti dall’idea che ogni brano porti con sé una luce unica, capace di accendersi di nuovo quando incontra le mani giuste.
Il senso del titolo e le prospettive
La parola Underdogs illumina il cuore del progetto: indica quei brani dimenticati o rimasti ai margini, ma colmi di potenziale, che in queste versioni possono riscattarsi e trovare una seconda vita. È un invito a riascoltare senza pregiudizi, a riconoscere valore dove lo sguardo, nel tempo, si è fatto distratto. Questo primo volume lascia intravedere la possibilità di ulteriori capitoli, come un diario che sceglie di aprirsi una pagina alla volta, con pazienza e coerenza.
Da qui riparte il cammino di Mora & Bronski: portare ovunque queste canzoni e dare voce ai loro “Underdogs”. L’orizzonte è ampio, la motivazione limpida. Dieci episodi riscritti con cura, un repertorio che abbraccia blues, country e folk, e la consapevolezza di un duo che ha imparato a tenere insieme istinto e rigore. È musica che chiede di essere vissuta, oltre che ascoltata, perché dentro quei solchi c’è la memoria di ieri e la possibilità di domani.
