La prima assegnazione del MACSE del 30 settembre 2025 è stata salutata come una svolta: oltre 10 GWh aggiudicati, il 100% del fabbisogno stimato da Terna, con progetti concentrati nel Sud e nelle Isole. Un traguardo che promette stabilità al sistema e integrazione delle rinnovabili. Ma l’euforia racconta davvero tutta la storia?
Un risultato storico, ma con interrogativi
La gara del MACSE – e, per estensione, l’universo BESS – ha consegnato al Paese una capacità di accumulo superiore a 10 GWh, coprendo integralmente la richiesta di Terna e ancorando le nuove installazioni soprattutto nel Mezzogiorno e nelle Isole. L’operazione viene letta come tassello centrale di una strategia che mira a rendere più sicuro, flessibile e resiliente il sistema elettrico, bilanciando gli sbalzi della produzione rinnovabile. Il messaggio è chiaro: l’infrastruttura dell’energia cambia pelle, con l’accumulo che diventa attore protagonista, non semplice supporto.
Dietro l’entusiasmo, però, riaffiora una domanda scomoda: è una vittoria senza ombre? L’assegnazione centrata sul 100% del fabbisogno, con prezzi considerati competitivi, rappresenta un successo istituzionale e industriale. Ma la concentrazione geografica e la natura fortemente regolata del meccanismo mostrano un mercato pensato in primo luogo per le grandi utility industriali. Se l’obiettivo è una transizione che includa davvero tutti gli attori della filiera, la distanza tra ambizione e realtà merita di essere colmata con lucidità.
La doppia lente di Mario Palma: entusiasmo civico, dubbi imprenditoriali
La lettura offerta da Mario Palma, amministratore delegato di Star Energia, mette ordine tra esultanza e cautela. Da cittadino, il giudizio è positivo: l’esito dell’asta va oltre le aspettative per prezzi e volumi, e può riflettersi in una bolletta più leggera grazie al ribaltamento degli alti margini attesi dai futuri contratti di time shifting, la seconda gamba del MACSE. Una ricaduta diretta e tangibile, che premia efficienza e concorrenza, restituendo ai consumatori parte del valore generato dalla nuova capacità di stoccaggio.
Quando lo sguardo si sposta sull’impresa, il quadro cambia tono. Palma esprime perplessità sul futuro del mercato delle batterie: ben 80 progetti, per circa 30 GWh, sono rimasti esclusi e dovranno trovare una ricollocazione finanziaria e industriale in tempi utili. Un portafoglio così ampio sospeso tra capitale, autorizzazioni e cantierabilità interroga la sostenibilità dell’intero ecosistema. Senza una via d’uscita ordinata, il rischio è una dispersione di competenze e una frenata degli investimenti proprio quando la curva di crescita richiede continuità.
Un mercato che corre
L’Italia ha già superato i 14 GWh di capacità installata e fissa l’asticella a 70 GWh entro il 2030. Numeri che raccontano una filiera in forte accelerazione. Eppure la prima asta del MACSE suggerisce che le regole oggi privilegiano operatori industriali strutturati. Se “l’era dell’elettricità” è davvero iniziata, come sottolinea chi vive il settore dall’interno, sarà cruciale non disperdere il mosaico di progetti e competenze cresciuto attorno a questa gara, per evitare un mercato a due velocità tra grandi player e tutti gli altri.
Le società internazionali che non hanno centrato l’assegnazione non si tireranno indietro: hanno investito in team e in soluzioni capaci di sostenere le rinnovabili e di sostituire progressivamente turbogas e idroelettrico come sistemi di stoccaggio elettrico. Nei prossimi anni è atteso un ciclo intenso di M&A, con l’obiettivo di concentrare proprietà e know-how, insieme all’implementazione di contratti di tooling e profit sharing. Una fase di consolidamento che può ridisegnare gli equilibri competitivi, aprendo spazi ma anche nuove dipendenze.
Oltre l’asta: equilibrio, resilienza, partecipazione
La transizione energetica, ricorda Palma, si realizza solo con un coinvolgimento equilibrato di tutti gli stakeholder, distribuendo i benefici tra i partecipanti. L’asta MACSE del 30 settembre 2025 è insieme traguardo e cartina tornasole: dimostra che l’accumulo è pronto a sostenere la crescita delle rinnovabili e la stabilità del sistema, ma mette a nudo i nodi di governance del mercato. Il compito ora è trasformare il risultato in una catena di valore inclusiva, resistente agli shock e capace di durare.
La domanda di fondo resta aperta: come fare in modo che l’avanzata dell’accumulo – tra MACSE, BESS e nuove regole – non lasci indietro competenze e capitali, ma li ricomponga dentro un disegno condiviso? La risposta passa da un patto implicito tra istituzioni, investitori e territorio: sostenere l’innovazione, accompagnare i progetti non aggiudicati verso nuove strade e garantire che il progresso arrivi davvero a tutti.
