Oggi a Milano sono stati proclamati i 63 progetti vincitori dei bandi Gilead 2025, sostenuti con oltre 1,3 milioni di euro per portare nei prossimi dodici mesi nuove soluzioni di cura e assistenza nelle patologie infettive, epatiche, oncologiche ed ematologiche. Un annuncio che chiama alla responsabilità condivisa: ricerca, industria e comunità insieme per la salute di tutti.
Un investimento che unisce competenze
Il traguardo di quest’anno mette in campo 63 iniziative ad alto impatto: 32 nel Fellowship Program, dedicate alla ricerca medico-scientifica indipendente, e 31 nel Community Award Program, focalizzate sul sostegno socio-assistenziale. Le aree di intervento abbracciano Hiv e infezioni correlate, carcinoma mammario, leucemie e linfomi, fino alla colangite biliare primitiva (Cbp), rara e autoimmune. L’obiettivo che attraversa ogni proposta è semplice e potente: migliorare la salute individuale e collettiva del Paese, traducendo l’innovazione in percorsi reali per persone e famiglie.
L’annuncio di Milano segna l’avvio di progetti che vedranno la luce nei prossimi dodici mesi, valorizzando una collaborazione concreta tra atenei, ospedali, enti del terzo settore e impresa. In questa cornice, la regia condivisa non è un dettaglio organizzativo, ma la condizione per trasformare idee solide in interventi che cambiano la quotidianità dei pazienti e dei caregiver. È una scelta di campo: mettere le persone al centro e costruire risposte misurabili. A confermarlo sono i contenuti e la ripartizione dei finanziamenti definita oggi.
Dati che raccontano quattordici anni di cammino
Il bilancio complessivo parla di una infrastruttura di valore che si rafforza nel tempo. In quattordici edizioni i bandi hanno sostenuto oltre 700 progetti per più di 18 milioni di euro, con un beneficio diretto stimato in circa 5mila pazienti. Una crescita coerente con la visione One Health, che invita a considerare la salute come un ecosistema unico e interconnesso. “Innovazione, equità e prossimità” non restano slogan: diventano criteri di finanziamento e di implementazione, come ribadito dal general manager Frederico da Silva nell’incontro odierno.
Per comprendere la traiettoria, basta tornare alle comunicazioni di avvio 2025: i due bandi, Fellowship e Community, hanno definito ambiti chiari e un meccanismo di selezione orientato all’impatto, con la possibilità per i progetti Community di ottenere fino a 40mila euro ciascuno. Si tratta di cornici che hanno favorito candidature originali su prevenzione, educazione, sensibilizzazione e sostegno ai pazienti, consolidando un metodo di lavoro condiviso fra pubblico, privato e terzo settore.
Dove l’innovazione incontra la cura quotidiana
Nella rosa dei progetti emergono strumenti che fino a pochi anni fa sembravano lontani dalla pratica clinica. L’intelligenza artificiale e la medicina di precisione si candidano a raffinare diagnosi e percorsi terapeutici nel tumore al seno, accorciando tempi e incertezze. È una promessa concreta: intercettare prima, trattare meglio, riducendo differenze territoriali e sociali. L’innovazione tecnologica, qui, incontra la responsabilità di una comunità scientifica abituata a misurarsi con evidenze e risultati, non con slogan.
Accanto alla tecnologia, colpisce la spinta a ripensare l’assistenza “con” e non “sul” paziente. Percorsi personalizzati per chi vive con leucemie e linfomi, iniziative dedicate alle donne con carcinoma mammario, attenzione ai caregiver nelle fasi più complesse delle malattie, ottimizzazione della diagnosi e della presa in carico nella Cbp. E poi la prevenzione: programmi per facilitare test e informazione in ambito Hiv e infezioni sessualmente trasmesse, rivolti in modo mirato alle popolazioni più esposte. Vicini, per davvero.
Ricerca pubblica e terzo settore, un patto operativo
La qualità scientifica emersa dal Fellowship Program è stata sottolineata da Massimo Andreoni, infettivologo del Policlinico Tor Vergata: l’Italia dispone di un capitale diffuso di giovani ricercatori e strutture di eccellenza, spesso poco visibile ma capace di accelerare le conoscenze quando sostenuto da strumenti credibili. La sinergia tra industria e settore pubblico non è un compromesso, è una leva che libera risorse e talento a beneficio della collettività. È qui che la ricerca diventa bene comune.
Speculare, sul fronte Community, il riconoscimento del ruolo delle associazioni di pazienti, evidenziato da Guendalina Graffigna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Queste organizzazioni intercettano bisogni reali, colmano vuoti nell’informazione e nella prevenzione – in particolare nelle malattie infettive – e si confermano catalizzatori dell’innovazione quando si tratta di portarla dentro i servizi. È un ruolo strutturato, non accessorio, la cui autorevolezza è maturata in anni di lavoro sul campo.
Selezione, trasparenza e prossimità
La struttura dei bandi distingue nettamente ricerca e intervento sociale: nel Fellowship vengono valorizzati progetti di natura medico-scientifica proposti da ricercatori e ricercatrici, mentre nel Community Award Program la guida passa alle associazioni e agli enti del terzo settore, con un’attenzione esplicita a prevenzione, educazione e supporto. Le indicazioni ufficiali richiamano criteri chiari e un’impostazione indipendente della valutazione, che negli anni ha garantito continuità e coerenza.
I progetti annunciati oggi inizieranno il loro percorso di implementazione nell’arco dei prossimi dodici mesi, con obiettivi misurabili e una mappa di interventi che tocca contesti diversi del territorio nazionale. È una scelta che parla di prossimità: essere presenti dove le fragilità si manifestano, affinché i risultati della ricerca non restino confinati nei laboratori, ma diventano servizi, tutele e opportunità per le persone che ne hanno più bisogno.
Domande rapide, risposte chiare
Che cos’è il Fellowship Program? È il bando rivolto a ricercatrici e ricercatori che presentano progetti indipendenti di taglio medico-scientifico nelle aree indicate: dalle malattie infettive all’oncologia, dall’epatologia all’ematologia. La selezione privilegia originalità, rigore e impatto potenziale sulla pratica clinica, in un quadro di valutazione trasparente e definito. L’obiettivo è trasformare evidenze e ipotesi in risultati utili per la cura e la sanità pubblica.
Che cos’è il Community Award Program? È il bando che sostiene associazioni di pazienti ed enti non profit con progetti socio-assistenziali e di salute pubblica: prevenzione, educazione, sensibilizzazione e supporto alle persone e ai caregiver. Nelle linee 2025 era prevista la possibilità di finanziare fino a 40mila euro per singolo progetto, a conferma di una vocazione centrata sull’impatto tangibile e sulla prossimità ai bisogni reali delle comunità.
Quali patologie sono al centro di questa edizione? Le iniziative coprono Hiv e infezioni sessualmente trasmesse, carcinoma mammario, leucemie e linfomi, oltre alla colangite biliare primitiva, malattia rara e autoimmune. La scelta risponde a bisogni urgenti e a traiettorie di ricerca mature, con un’attenzione esplicita a diagnosi precoce, presa in carico e qualità di vita lungo tutto il percorso di cura.
Qual è l’impatto cumulativo dei bandi? Nell’arco di quattordici edizioni, il perimetro complessivo supera i 700 progetti finanziati e i 18 milioni di euro erogati, con un beneficio diretto stimato in circa 5mila persone. Numeri che restituiscono la consistenza di un ecosistema in cui pubblico, privato e terzo settore convergono per trasformare risorse economiche in risultati clinici e sociali verificabili.
Dalla promessa ai risultati: la rotta che pretendiamo di vedere
Questa edizione dei bandi non consegna soltanto un elenco di progetti, ma un metodo: collaborazione autentica, innovazione misurabile, prossimità alle persone. È qui che il Paese può giocarsi una parte decisiva del proprio futuro sanitario: nel tradurre le idee in cure accessibili, nel sostenere chi ricerca e chi assiste, nel rendere la qualità della vita un obiettivo non negoziabile. È un impegno che guardiamo, e continueremo a raccontare, con la massima attenzione.
