Un’idea che pareva fantascienza è diventata abitudine quotidiana: milioni di persone conversano con ChatGPT. Dietro c’è Sam Altman, il ragazzo del Midwest che ha trasformato l’aspirazione di una vita in una rivoluzione industriale, ora raccontata da Pier Luigi Pisa in “Valeva la pena tentare”.
Un ritratto necessario, tra urgenza giornalistica e documenti inediti
Il nuovo saggio di Pier Luigi Pisa, in libreria dal 7 ottobre 2025 per Apogeo, nasce da un’urgenza: fissare su carta il profilo dell’uomo che oggi incarna l’ascesa dell’intelligenza artificiale. La scheda editoriale e gli annunci delle principali librerie italiane non lasciano dubbi sulla cornice: un viaggio dentro successi, scosse di assestamento e interrogativi etici che circondano OpenAI e il suo leader. È una biografia corale che abbraccia tecnologia e fragilità umane, chiamando il lettore a interrogarsi sul prezzo del progresso.
Il libro intreccia la traiettoria di Altman con figure cardine dell’innovazione, ma soprattutto attinge a carte emerse lungo i recenti contenziosi legali che hanno coinvolto Elon Musk e OpenAI. Proprio quella produzione documentale, citata da Pisa in un’intervista, illumina retroscena su origini, ambizioni e paure del progetto. L’eco del Progetto Manhattan ricorre nelle narrazioni sullo spirito con cui nacque l’impresa, mentre sullo sfondo si consuma la causa poi ritirata da Musk nel giugno 2024.
Dalla stanza con un computer al primo fallimento utile
Nato nel 1985, cresciuto nel Midwest, Altman si appassiona presto all’informatica e a 19 anni co-fonda Loopt, una delle prime app di social geolocalizzato. Non sfonda come prodotto di massa, ma diventa una palestra di negoziazione con i giganti della tecnologia: nel 2012 Loopt viene ceduta a Green Dot, chiudendo un ciclo che lo proietta nella cerchia di Y Combinator. Quel passaggio avvia la metamorfosi da giovane fondatore a stratega di ecosistemi.
Nel 2014 Paul Graham lo vuole alla guida dell’acceleratore più influente negli Stati Uniti. Da lì nasce l’etichetta da “maestro” delle startup che Pisa riprende nel suo racconto: il talento non è solo tecnico, è soprattutto la capacità di leggere le persone, orchestrare capitali e costruire consenso. In seguito Altman lascerà la presidenza per concentrarsi sull’IA, senza mai perdere la postura composta e impenetrabile che tanti interlocutori gli attribuiscono.
OpenAI, l’idea che cambia le regole
Nel dicembre 2015 prende forma OpenAI, allora organizzazione senza scopo di lucro: tra i primi sostenitori compaiono Elon Musk, Reid Hoffman, Peter Thiel, oltre a soggetti corporate come Amazon Web Services e Infosys. L’impegno pubblicamente dichiarato ammonta a un miliardo di dollari, con l’obiettivo di far avanzare un’IA “a beneficio dell’umanità”. È il seme che, anni dopo, germoglierà in ChatGPT.
La sostenibilità economica, però, impone svolte: nel 2019 nasce la struttura “capped-profit” e arriva l’alleanza con Microsoft, che investe un miliardo e mette a disposizione Azure per l’addestramento dei modelli. È il compromesso che consente di finanziare calcolo e ricerca, preservando — almeno nelle intenzioni — scopi pubblici. Da qui in avanti, la traiettoria dell’azienda sarà sospinta da una spinta industriale senza precedenti.
Ambizioni, contrasti e una causa che finisce nel nulla
L’epopea OpenAI non procede in silenzio. Nel 2024 Elon Musk porta in tribunale l’organizzazione e i suoi vertici accusandoli di tradire lo spirito originario; OpenAI risponde definendo il contenzioso infondato. In aula e sui media affiorano email e ricostruzioni che raccontano visioni divergenti sul modello di governance e sul ruolo dei partner. Pochi mesi più tardi, a giugno, Musk ritira l’azione legale in California: un epilogo che non spegne il dibattito, ma ne cambia il tono.
Quelle carte giudiziarie, che Pisa richiama nel suo saggio, aiutano a mettere a fuoco la natura del compromesso: aspirazioni filantropiche, urgenze industriali, timore di perdere il passo rispetto ai competitor. Anche la suggestione del Progetto Manhattan — tra citazioni e parallelismi evocati sulla stampa internazionale — restituisce il senso di una sfida percepita come epocale dagli stessi protagonisti.
Cinque giorni che hanno scosso la Silicon Valley
Il novembre 2023 entra nella storia aziendale: il consiglio di amministrazione rimuove Altman, esplode la protesta dei dipendenti, gli investitori si allineano per il rientro, Microsoft osserva con attenzione. Nel giro di cinque giorni, il CEO torna al suo posto e la governance viene ridisegnata. È la prova generale di quanto fragili possano essere gli equilibri attorno a un’azienda che condensa potere tecnologico, capitali e aspettative sociali.
Nel 2024 la scossa prosegue con l’uscita del co-fondatore Ilya Sutskever; al suo posto, come chief scientist, arriva Jakub Pachocki, già alla guida del lavoro su GPT‑4. La staffetta certifica un cambio di stagione nella ricerca di OpenAI, ma anche la continuità di una roadmap che punta a modelli più capaci e più integrati nelle attività umane.
ChatGPT, modelli sempre più integrati e il rischio della disinformazione
L’ascesa di ChatGPT accende entusiasmi e paure. Nel 2024 OpenAI presenta GPT‑4o, modello nativamente multimodale che avvicina voce, testo e immagini e raggiunge anche gli utenti gratuiti. L’anno successivo le note ufficiali annunciano la sostituzione di GPT‑4 con GPT‑4o nell’esperienza ChatGPT: una scelta che racconta la direzione del prodotto e l’ambizione di un’interazione più naturale, con capacità in tempo reale.
La potenza generativa apre però varchi all’inganno visivo e sonoro, come avverte lo stesso Pisa: se tutto è replicabile, la fiducia pubblica vacilla. L’eco torna al 2016, quando AlphaGo di Google superò il campione Lee Sedol mostrando come il progresso non sia mai il frutto di una singola “macchina”, ma di comunità intere di ricercatori. Lo stesso principio regge oggi nell’uso dei chatbot: a rispondere è un secolo di scoperte stratificate.
Lo stratega dietro il prodotto: carisma, freddezza, metodo
Nel ritratto che emerge dal libro, Altman è un leader di posizionamento più che di codice: applica il metodo delle startup — iterazione rapida, ascolto dell’utente, storytelling coerente — a un laboratorio nato come no profit e diventato un’impresa capace di vendere prodotti con impatto di massa. Chi lo frequenta racconta calma, perseveranza, un intuito che anticipa l’onda e la incanala. È così che un progetto di ricerca si trasforma in infrastruttura culturale.
Il percorso prima di ChatGPT è la chiave interpretativa: la gavetta con Loopt, gli anni in Y Combinator, l’abilità nel mediare tra scienza e mercato. Da “jedi delle startup” a volto globale dell’IA, l’arco narrativo che Pisa costruisce non indulge al mito, ma indaga le pieghe in cui ambizione, etica e business si cercano un equilibrio praticabile, spesso provvisorio. È lì che l’uomo e il manager coincidono e si contraddicono.
Domande lampo, risposte ragionate
Altman ha davvero “tradito” la missione originaria? La disputa giudiziaria ha acceso i riflettori su divergenze profonde, ma il ritiro della causa da parte di Elon Musk nel giugno 2024 ha lasciato irrisolte questioni culturali più che giuridiche. La transizione al modello “capped‑profit” ha permesso a OpenAI di finanziare ricerca e calcolo, preservando formalmente un vincolo di interesse pubblico. Resta il nodo della fiducia: come si bilancia l’ideale con le necessità industriali senza scivolare nel cinismo?
Quanto contano i partner industriali nel destino di OpenAI? Contano moltissimo. Nel 2015 i primi sostenitori includevano personalità come Musk, Hoffman e Thiel, oltre a AWS e Infosys; nel 2019 l’ingresso di Microsoft con un investimento da un miliardo e l’uso di Azure hanno cambiato scala e velocità del progetto. Senza capitali e infrastrutture, l’IA resterebbe laboratorio: con essi diventa piattaforma, con tutte le responsabilità del caso.
Perché parlare ancora di AlphaGo in un libro su Altman? Per ricordare che ogni salto tecnologico è collettivo. La vittoria di AlphaGo su Lee Sedol nel 2016 fu la prova che l’ingegno umano moltiplicato da team e calcolo può superare soglie prima impensabili. Oggi, quando interagiamo con ChatGPT, dialoghiamo con l’esito di ricerche, dataset e intuizioni sedimentate nel tempo, non con un’entità isolata.
Che cosa cambia con GPT‑4o nella vita di tutti i giorni? L’integrazione nativa di voce, testo e immagini avvicina l’assistente digitale al linguaggio umano e ne amplia gli usi: assistenza, studio, creatività. Dal 2025, nelle note ufficiali, GPT‑4o ha sostituito GPT‑4 nell’esperienza ChatGPT, segnalando una maturità d’uso più ampia. La sfida è governare abuso e deepfake senza frenare l’innovazione.
Un ultimo sguardo: ciò che resta quando passa l’onda
La storia che abbiamo seguito non è una celebrazione. È il racconto di come un’idea, una rete di persone e una serie di decisioni controverse possano ridefinire il presente. Nel profilo di Sam Altman che emerge da “Valeva la pena tentare” si specchia una domanda più ampia: siamo pronti, come società, a gestire strumenti che amplificano ogni gesto, ogni parola, ogni dubbio? La risposta dipende dalla qualità del nostro sguardo critico.
Chiudiamo con una consapevolezza maturata sul campo: l’innovazione è una promessa che chiede manutenzione continua. Servono regole chiare, cronache oneste e scelte responsabili per trasformare la potenza dell’IA in valore condiviso. Solo così il tentativo — il rischio calcolato che dà titolo al libro — può dirsi davvero “valso la pena”.
