Il conto alla rovescia verso i nuovi dazi statunitensi mette alle strette il pastificio artigianale Antiche Tradizioni di Gragnano, che teme ripercussioni tali da compromettere la continuità operativa e l’accesso al suo primo mercato estero. L’allarme arriva mentre l’industria italiana della pasta affronta l’ipotesi di un incremento tariffario senza precedenti.
Un cuneo tariffario senza precedenti
Secondo le decisioni preliminari del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, l’import di pasta dall’Italia potrebbe subire un dazio anti-dumping fino al 91,74%, da sommare al prelievo generale del 15% introdotto sull’insieme delle merci europee nell’estate 2025. Il totale sfiorerebbe così il 107% a partire da gennaio 2026, una pressione fiscale che rischia di azzerare la competitività dei produttori italiani sugli scaffali americani, come riportato da agenzie e quotidiani internazionali negli ultimi giorni.
In termini concreti, una simile maggiorazione inciderebbe in modo drastico sui prezzi al consumo, rendendo proibitivi molti formati premium e spingendo le catene della grande distribuzione a rivedere le liste fornitori. Quando il differenziale fiscale supera il margine commerciale, il prodotto smette di essere una scelta sostenibile per chi compra e per chi vende. È questo il timore che agita i conti dei pastifici, soprattutto di quelli che hanno consolidato una presenza capillare negli Stati Uniti.
Nel mirino dell’indagine statunitense: come si è arrivati fin qui
La stretta nasce da una revisione amministrativa sulle “Certain Pasta From Italy” relativa al periodo luglio 2023 – giugno 2024, nella quale il Dipartimento del Commercio ha individuato vendite a meno del valore normale per La Molisana e Pastificio Lucio Garofalo. Il procedimento, descritto negli atti pubblicati nel Federal Register, è ancora in fase preliminare e suscita osservazioni da parte delle aziende coinvolte e dell’intero comparto, che contesta criteri e perimetro di valutazione.
Da Gragnano, il titolare Vincenzo Parmendola evidenzia che il proprio stabilimento non sarebbe stato valutato individualmente: il campionamento su alcuni marchi verrebbe esteso all’intera platea dei produttori, equiparandoli nelle conclusioni. Una sovrapposizione che, a suo dire, penalizza realtà artigianali che operano con logiche diverse dai grandi player. Il nodo, per lui, non è solo metodologico: è la sopravvivenza commerciale in un mercato costruito con anni di investimenti.
L’impatto su un laboratorio artigiano
Per Antiche Tradizioni di Gragnano, gli Stati Uniti rappresentano il primo sbocco internazionale: circa il 35% del fatturato vola oltreoceano, un altro 25% si distribuisce nel resto del mondo, mentre tra il 35% e il 38% resta in Italia. Il marchio serve due grandi catene della Gdo presenti in tutti gli Stati americani. Con un dazio effettivo vicino al 107%, spiega l’imprenditore, quelle catene non avrebbero più convenienza a rifornirsi. Intanto le incertezze già frenano gli ordini: la domanda che arriva dai clienti è semplice e spiazzante, “e ora che succede?”
Il rischio economico si sovrappone a quello sociale. Nello stabilimento lavorano 14 dipendenti e l’ipotesi di un ridimensionamento, se non di una chiusura, non sarebbe una scelta tattica ma una conseguenza forzata. La decisione americana, sottolinea l’azienda, potrebbe trasformarsi in un caso-scuola per altre filiere come olio e vino, settori già esposti a volatilità e tensioni di mercato. L’allarme tocca anche il territorio e la sua identità produttiva protetta dall’IGP, oltre alla rete di fornitori e servizi che gravita intorno ai pastifici.
La reazione delle istituzioni e la strada del ricorso
La risposta politica si è attivata: il Ministero degli Esteri italiano ha chiesto un ripensamento, mentre la Commissione europea ha assicurato il proprio sostegno e sta valutando ogni opzione di tutela, incluso il contenzioso multilaterale. A livello mediatico e diplomatico, le posizioni sono state rese note nelle ultime ore da testate internazionali, che riferiscono dell’impegno congiunto di Roma e Bruxelles e di un coordinamento presso l’ambasciata italiana a Washington per assistere le imprese coinvolte.
Sul piano operativo, il pastificio di Gragnano conferma di aver depositato un ricorso insieme ad altre aziende indicate negli elenchi dell’amministrazione statunitense. Il calendario è stretto: se le determinazioni non cambieranno, il nuovo quadro tariffario scatterà da gennaio 2026, mentre resta in vigore il dazio orizzontale del 15% sulle merci europee introdotto nell’agosto 2025, come spiegato in recenti analisi economiche e di politica commerciale.
Una filiera simbolo a rischio
La pasta di Gragnano non è soltanto un prodotto: è un patrimonio produttivo che unisce saperi, acqua, aria e tempo di essiccazione, riconosciuto e tutelato dall’Indicazione Geografica Protetta. In quest’ecosistema, il possibile contraccolpo dei dazi avrebbe un effetto moltiplicatore: si rifletterebbe su logistica, confezionamento, manutenzioni, vendite e promozione. L’imprenditore teme per l’intero perimetro locale, composto da realtà grandi e piccole, e parla di una “lunga agonia” qualora lo scenario restasse invariato.
La fotografia che emerge è quella di una comunità operosa che vive di esportazioni qualificate e rapporti di lungo periodo con la distribuzione. Quando il ponte con il mercato chiave si incrina, si indebolisce una catena che parte dai mulini, passa per i laboratori e arriva sulle tavole. In questo contesto, l’azienda invita a leggere la controversia non come una contrapposizione ideologica, ma come un tema industriale e occupazionale che interroga il futuro di un intero distretto produttivo.
Domande per capire in pochi istanti
Che cosa cambierebbe con un dazio effettivo vicino al 107%? Il prezzo finale della pasta importata dall’Italia negli Stati Uniti esploderebbe, rendendo i prodotti meno accessibili e poco competitivi rispetto ad alternative locali o di altri Paesi. Le catene della grande distribuzione tenderebbero a ridurre o azzerare gli acquisti, perché il margine commerciale verrebbe eroso dalle tariffe. Per chi esporta, significherebbe rinegoziare contratti o sospendere forniture, con effetti immediati su volumi e pianificazione produttiva.
Quando potrebbero entrare in vigore i nuovi dazi e quanto sono certi? Le misure sono preliminari e, se confermate, scatterebbero da gennaio 2026. Fino ad allora, la controparte pubblica e le aziende possono presentare commenti, ricorsi e memorie difensive. La fase è delicata: le autorità italiane e quelle europee hanno già avviato un’interlocuzione formale, mentre le imprese stanno muovendo i propri strumenti legali per contestare metodo e conclusioni dell’indagine amministrativa statunitense.
Perché un piccolo pastificio artigianale si sente particolarmente penalizzato? Perché non è stato valutato singolarmente e teme di essere assimilato a campioni selezionati nell’inchiesta, con dinamiche produttive e commerciali differenti. La generalizzazione dei risultati, sostiene l’imprenditore, non coglie specificità come i volumi contenuti, la filiera corta, i costi unitari più alti e i contratti costruiti nel tempo con la distribuzione. In un contesto iper-tariffato, questi elementi diventano fragilità che possono accelerare la perdita del mercato.
Quali strade restano aperte a istituzioni e aziende? Da un lato, l’azione diplomatica per ottenere una revisione in sede amministrativa o una soluzione negoziale tra blocchi commerciali; dall’altro, i ricorsi formali delle imprese e la produzione di dati tecnico-contabili che confutino l’ipotesi di dumping. Nel frattempo, le aziende valutano piani di emergenza per redistribuire volumi su altri mercati, pur sapendo che sostituire il peso degli Stati Uniti non è né immediato né indolore.
Tra numeri e persone: un bivio che riguarda tutti
In queste settimane si gioca una partita che non è fatta soltanto di percentuali e codici doganali, ma di volti, mestieri e geografie produttive. La vicenda di Antiche Tradizioni di Gragnano racconta quanto sia sottile l’equilibrio tra eccellenza artigianale e mercati globali. Il nostro sguardo rimane puntato sulle evoluzioni del dossier, consapevoli che dietro ogni decisione commerciale c’è la tenuta di una comunità. È qui che si misura il senso di una politica economica capace di proteggere il valore, senza spegnere l’energia di chi produce.
